Dickinson: recensione della serie Apple Tv dedicata ad Emily Dickinson

La nostra recensione di Dickinson, la serie di Apple TV che racconta - in una chiave moderna - la vita e le origini dell'omonima poetessa americana.

Se tutte le biografie fossero scritte alla maniera di Dickinson, la nuova serie targata Apple tv – che senz’altro offre un buon motivo per non surclassare il canale -, probabilmente avremmo amato poeti, scrittori e chi dell’arte ne ha fatto opera, molto di più quando eravamo a scuola. La serie creata da Alena Smith, che mescola storia, costume, biografia e black comedy, convince decisamente e i suoi dieci episodi da 30 minuti ciascuno conquistano e si trangugiano davvero piacevolmente. L’annuncio quindi di una seconda stagione non stupisce affatto, anzi crea una certa suspense per scoprire cosa ancora ci riservi il mondo dei Dickinson.

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Dickinson, storia di una ragazza che sognava di fare la poetessa: la trama della serie TV

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Emily (Hailee Steinfeld) vive felicemente nella campagna di Amherst, la cittadina in cui è nata e dalla quale per la sua pace e tranquillità non si allontanerebbe per nulla al mondo. Ad agitare il suo animo è piuttosto la difficile convivenza con i suoi genitori: un padre (Toby Huss) apprensivo, tenero e burbero allo stesso tempo, una madre (Jane Krakowski) che vuole darle una buona educazione domestica e trasformarla in una buona moglie.

A renderle però questi momenti sopportabili sono l’ingenuità della sorella Lavinia (Anna Baryshnikov), la complicità del fratello Austin (Adrian Enscoe) e il legame profondo, un amore nascosto alla luce del sole con la migliore amica Susan (Ella Hunt). Le sue giornate infatti trascorrono tra un sorriso, svaghi letterari e talvolta mondani, ma soprattutto sognando di vedere ben presto pubblicato un suo libro di poesie, a costo di affrontare un’eterna diatriba con il padre che accetta poco volentieri le sue ambizioni letterarie. Il peso di essere figlia di un avvocato affermato che porta alto il cognome e l’immagine dei Dickinson si rivela un ostacolo non indifferente alla sua crescita personale e letteraria.

Sotto il segno della modernità: Dickinson è una biografia rivista alla luce di una diversa prospettiva

La serie firmata da Apple Tv, una mossa intelligente e astuta per lanciare e consolidare la nascita e la credibilità della piattaforma, ripercorre la storia della poetessa statunitense più amata e famosa al mondo, ma lo fa non concentrandosi unicamente sulla sua figura e personalità, ma anche sulla sua famiglia, gli amici e tutte quelle persone incontrare lungo il suo percorso di vita, che hanno senz’altro inciso sulla sua esistenza come donna e poetessa. Rifacendoci alla biografia della poetessa di Amherst, la serie inizia a raccontarci di Emily nel suo passaggio dall’adolescenza all’età adulta, da poco prima che il padre si impegnasse politicamente.

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Non c’è in ogni caso la ricerca di un’assoluta fedeltà alle vicende realmente accadute, ma piuttosto una libera ispirazione da eventi cardini della sua vita, che elaborati in maniera moderna, permettono di far emergere quegli aspetti personali e vivaci che accostano la Dickinson a una ragazza moderna, pur se con alcune preoccupazioni del tempo che oggi sono lontane da una normale sedicenne.

Dalla serie emerge infatti un sodalizio imprescindibile: letteratura e vita, come nel caso di tanti poeti e letterati, sono due elementi che ci permettono di accostarci a Emily e poterne comprendere maggiormente anche la sua opera poetica. Poesie dove il linguaggio della natura attraverso metafore, ossimori e similitudini parla di amore, verso l’altro e conseguentemente verso la vita. La natura infatti è per la poetessa linfa vitale, l’unica compagna fedele a cui potersi abbandonare e concedere, attraverso cui poter amare e ammirare pienamente la bellezza della vita. Non a caso il padre scriverà di lei, regalandole una riserva in cui poter coltivare fiori e piante: “Ad Emily, per la quale i fiori sono più meritevoli d’amore che le persone”.

La brevità inoltre delle poesie della Dickinson, spesso scritte in maniera così fugace da ricordare aforismi, sono immagini, visioni, e questo aspetto è molto presente nella serie, che lo incrocia con sagacia nell’alternarsi delle vicende narrate. Parafrasando quindi il titolo dell’ottavo episodio della serie, che omaggia anche i versi della Dickinson, creandone un perfetto dialogo con le vicende, la crescita e gli stati d’animo della protagonista, la serie ci presenta una certa inclinazione della luce della storia, rendendola fortemente vicina allo spettatore.

Il tocco black in Dickinson: anacronismo, comedy e tocchi di steam punk

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La caratteristica principale che rende il personaggio di Emily Dickison accattivante è sicuramente quel pizzico di follia che rende il personaggio strambo, così infatti è etichettata Emily dalla sua compagnia di amici, l’ironia e un finto cinismo di una donna che si sentiva controcorrente. Emily infatti conserva nel proprio animo un dilemma interiore con cui l’essere umano convive da sempre: il desiderio di stabilità – quindi una vita che prevede tutti i passaggi classici, crescita, matrimonio, figli, devozione alla famiglia – che si scontra con la paura della perdita della libertà, e quindi il tempo per sé e per la propria crescita personale.

Grazie a questa opposizione, la serie Dickinson fa dell’elemento black, espresso attraverso la leggerezza della commedia, costumi e fotografia di richiamo allo steampunk, il suo fiore all’occhiello. Emily infatti attraverso l’amore per gli altri dichiara costantemente la sua irrefrenabile voglia di vivere, ma quando la vita accelera troppo e diventa ingovernabile si lascia sedurre dalla visione estatica della Morte, un lord steampunk che gira in carrozza, interpretato da un’adorabile Wiz Khalifa, e che diventa una sorta di autocoscienza.

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Facendo propria la lezione anacronistica data magistralmente da Sofia Coppola, vera maestra nel trasformare i personaggi storici in compagni di viaggio anacronistici attuali, sicuramente questo effetto è reso fortemente dalla scelta della colonna sonora. A riguardo infatti, non potevano mancare due pezzi attualissimi come Bury a Friend e All Good Girls go to Hell di Billie Eilish, in perfetta sintonia con questa Emily Dickinson alla luce della modernità. La poetessa avrebbe senz’altro apprezzato i testi sfuggenti e interrogativi di una delle popstar più irriverenti del momento.

Regia - 3
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.6

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