Benvenuti a Eden: recensione della serie TV Netflix

Un inganno d'evasione, un'isola sconosciuta e una comunità ambientalista quanto losca e misteriosa. Le premesse di Benvenuti a Eden incuriosiscono e fanno sorgere numerose teorie e interpretazioni, Dal 6 maggio su Netflix.

È disponibile dal 6 maggio 2022 Benvenuti a Eden, la nuova serie tv Netflix creata da Joaquín Górriz e Guillermo López Sánchez e basata su un’idea originale di Raimon Masllorens, prolifico autore e produttore televisivo di numerose opere seriali per il piccolo schermo spagnolo. Teen-drama dai contorni fantascientifici interamente girato sull’isola di Lanzarote, la serie prende le mosse dalla stessa spensieratezza e voglia d’evasione che accomuna coloro che da lì a breve saranno i cinque protagonisti principali, legati fra loro da un messaggio anonimo inviatogli a turno sui cellulari il quale recita semplicemente così: Sei felice?

Allucinazioni collettive e gabbie dorate

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Quella domanda, esistenziale e straniante, li convincerà a partecipare ad un esclusivo festival estivo in una meta che deve rimanere segreta, promosso tramite un allettante video pubblicitario collegato al marchio di una bibita energetica ancora da lanciare sul mercato, la Blue Eden appunto. Sbarcati su un’isola sconosciuta e convinti di vivere un’ esperienza immersiva al ritmo di tecno e fiumi di alcool nella quale però non sono ammessi i telefoni, dei cento prescelti per la promozione del drink (a quanto pare allucinogeno) il giorno dopo su quella spiaggia ne rimangono solamente cinque e Zoa (Amaia Aberasturi), Charly (Tomás Aguilera), Aldo (Albert Baró), Africa (Belinda Peregrín) e Ibòn (Diego Garisa) vengono guidati tramite un drone verso un misterioso complesso residenziale diviso in moduli e completamente adagiato sul verde della natura. Sarà per tutti l’inizio di un incubo ad occhi aperti dal quale fin da subito sarà impossibile scappare via.

Benvenuti a Eden: l’esordio ambiguo ma incoraggiante della nuova serie spagnola

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Che si tratti di un esperimento da reality sociologico, di una setta religiosa oppure di un culto paranormale la prima stagione di Benvenuti a Eden poco chiarisce sulla reale identità del gruppo piramidale sotto il quale i protagonisti della storia vengono accalappiati e poi persuasi a rimanere anche contro la propria volontà. L’ambigua accoglienza che regola le dinamiche della micro-società ambientalista con a capo la coppia Astrid (Amaia Salamanca) e Erik (Guillermo Pfening), sorta di famiglia/comunità autosufficiente dedita al vegetarianismo, alla terapia di gruppo e al pieno rispetto delle emissioni di CO2, ha in sé l’ascendente narrativo di una serie che sembra mescolare lo stampo teen ma meno osé di Élite e le sospensioni inquietanti di The Wilds, per un risultato che incuriosisce lungo il corso dei suoi otto episodi facendo sorgere nello spettatore numerose domande, sospetti e teorie sugli eventi.

Allacciandosi alla metafora dell’Eden quale Paradiso terreste portatore di Salvezza, salvezza in questo caso dal mondo al di fuori del gruppo perché mondanità fallibile e fallita, l’intento della narrazione è quello (probabilmente) di muoversi nei territori del drama e del mystery/fantastico per mettere in scena alcune solitudini e malesseri vissuti sulla pelle delle nuove generazioni, e da essi immaginare distopicamente le risposte alternative a quella stessa sofferenza che spesso si traduce in trappole psicologiche di sedicenti associazioni di ascolto e auto-aiuto che ingabbiano i nuovi arrivati separandoli con ogni mezzo dalle famiglie d’origine.

Tante domande e altrettante teorie

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Ma questa, è giusto sottolineare ai fini della comprensione ultima del progetto, è solo una delle possibili interpretazioni di una serie che prolunga, forse proprio volontariamente, la sua risposta. Non tanto sulla nostra personale o collettiva felicità, ma su dove l’operazione voglia francamente andare a parare; quale aspetto dell’isolamento e della circuizione mentale abbia in definitiva prediletto per dare all’operazione un proprio specifico significato narratologico.

Senza tuttavia spiccare per la sua maturità nel manovrare la commistione di generi e senza abbandonarsi a passaggi futili o parentesi sentimentali che strizzano l’occhio al plateau medio di Netflix, Benvenuti a Eden di certo saprà chiarirsi meglio e in profondità nei capitoli successivi, o almeno lo si augura ‒ per ora rilascia questa prima stagione con un’ allettante premessa d’esordio.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8

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