Regression: recensione del film di Alejandro Amenábar

Regression di Alejandro Amenábar è un fiume in piena di generi e un dipinto controverso di immagini gotiche e surreali; un compòṡite di informazioni prelevate alla realtà del ventunesimo secolo e trasfuse nell’organismo di una macchina impeccabile e al contempo magicamente fragile: la mente.

Dopo un silenzio di sei anni il regista spagnolo (leggi qui l’intervista) si rimette all’opera con una pellicola che regge il peso della suspense con scatti da poliziesco e atmosfere horror, il tutto imperniato sui tranelli che la psicologia spesso può tenderci, fino a confonderci circa l’esistenza o meno di determinati ricordi.
La ‘i’ di Regression inaugura il nostro ingresso nel quadro della pellicola, tramutandosi  immediatamente in una croce, cosicché ci risulta facile intuire che d’ora in avanti tutto sarà passato al setaccio dalla cruna distopica della religione. La croce pendola sulla testa di John Gray (David Dencik) mentre guida verso il commissariato in cui Brune Kenner (Ethan Hawke) l’ha convocato. Arrestato per aver abusato della figlia minorenne Angela (Emma Watson), l’uomo si dichiara colpevole dei fatti, pur senza ricordarli.
Affinché la verità venga a galla Bruce chiede l’aiuto di uno psicologo, il Prof. Kenneth Raines (David Thewils) il quale, con le sue teorie psicoterapeute legate alla memoria, è convinto di poter districare il caso. L’intento è quello di condurre gli individui a ricordare ciò che si pensa abbiano rimosso. È l’inizio di un’indagine che si dipana tra il braccio della scienza e quello della religione fino ad appesantirsi ulteriormente con le opinioni degli abitanti che vivono nella piccola cittadina del Minnesota in cui la pellicola è ambientata.

Regression

Regression: un compòṡite di informazioni prelevate alla realtà del ventunesimo secolo e trasfuse nell’organismo di una macchina impeccabile e al contempo magicamente fragile: la mente

Pian piano si appigliano alla ragnatela della ragione tutte le ipotesi che conducono dritti al satanismo, alle orge, ai riti d’uccisione di animali e innocenti. La fotografia cupa e bluastra dipinge magistralmente lo scenario desolato e promiscuo dei riti di venerazione del demonio, tornando ossessivamente ad annebbiare la visione con i volti incappucciati della setta, atti di fornicazione violenta, torture medievali e gatti in ogni dove.

Guarda il trailer e leggi l’intervista ad Alejandro Amenábar

È interessante notare come tutto vada nella direzione più ingarbugliata fin da subito, pur con la pretesa di agire al di sopra delle parti, di chiarire tutto con la ragione e non con la religione, eccezionalmente rappresentata dalla figura del reverendo Murray (Lothaire Bluteau), che si prende la briga di alimentare l’esistenza del diavolo semplicemente affermando quella di Dio e suddividendo coroncine del Rosario e Bibbie come se fossero armi imbattibili. Il suo atteggiamento è senz’altro condizionato dalla volontà di proteggere Angela: una ragazzina dal passato tempestoso, lo sguardo innocente ma il cuore malvagio.
Tra le beghe della sua mente, erroneamente considerata fragile, cadranno adagio tutti coloro che incrociano la sua esistenza e ogni volta senza obiettare, compreso il furbo e affascinante Bruce Kenner, le cui paure si solidificano in corpi e situazioni, sforando la realtà e lasciandoci travolgere nella smorfia di qualche sorriso di schernimento, pur sempre teso dai nervi della suspense.

Regression

Prendendo spunto da una serie di eventi realmente accaduti negli Stati Uniti durante gli anni ’80, il regista aggiunge la nostra fantasia tra gli ingredienti di una zuppa fatta di politica, religione, superstizione e sudditanza psicologica. Così come Bruce nel film non sa se ha bevuto o no quella bevanda (zuppa o sangue?) anche noi spettatori non sappiamo cosa abbiamo visto. Il registratore si attacca e stacca continuamente costringendoci a risentire sempre le stesse parti delle interviste rilasciate dagli indagati e ogni volta la soluzione sembra essere dietro l’angolo eppure sfugge, devia continuamente la verità fino a renderci complici della finzione, alleati delle paure che noi stessi creiamo.

Non ci resta allora che rivedere tutto e riflettere, perché questo in fondo fa Amenábar attraverso la sua ultima opera: regredisce, torna alle origini della sua carriera ripercorrendo i medesimi temi di Tesis e gli inganni della mente protagonisti in The Others; risale con eleganza e cortesia le impunture di film cult del genere come L’esorcista e Rosemary’s baby e in sequenze stile anni ’70 , come quella in cui la nonna della protagonista, Rose Gray (Dale Dickey) rantola tra le mura domestiche, terrorizzata da allucinazione e voci misteriose.
Forse Regression non è la migliore opera del regista spagnolo, ma nasconde pur sempre i tratti della sorpresa e dell’isteria, stratificazioni decise e al contempo perplesse di paura, colpa ed errore che coinvolgeranno anche la mente più lucida.  

Il film sarà al cinema dal 3 dicembre, distribuito da Lucky Red Film

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Giudizio Horror House

Regia - 4.2
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.2
Sonoro - 3.7
Emozione - 3.7

3.9

Voto Finale