Roberto Saviano, l’autore di Gomorra sulla tragedia di vivere sotto scorta: “morire sarebbe stato più accettabile”

Una riflessione di Roberto Saviano sulla vita sotto scorta.

Se non ci fosse stato Roberto Saviano non ci sarebbe stato il libro Gomorra e, probabilmente, nemmeno tutto il filone di film, serie tv e in genere opere che trattano un tema spinoso come quello della criminalità organizzata. I libri scritti dal prolifico autore (tra cui anche ZeroZeroZero, La paranza dei bambini e Bacio feroce) gli sono valsi la fama, a un prezzo, però, davvero elevato.

Roberto Saviano: perché vivere sotto scorta?

Roberto Saviano che sorride

Correva il 2006 quando Roberto Saviano ricevette le prime minacce di morte dei cartelli camorristici del clan dei casalesi, del quale denunciò nel corso di una manifestazione pro legalità. Con la sua incolumità messa in pericolo è dovuto prendere piede un ligio protocollo di protezione che, dal 13 ottobre 2006, lo vede continuamente sotto scorta.

In un’interessante intervista rilasciata al Corriere della Sera, Roberto Saviano ha parlato di cosa significhi nella vita di ogni giorno essere un simbolo e i numerosi sacrifici da sopportare. Senza troppi giri di parole, ha ammesso di aver pagato in misura superiore rispetto a qualsiasi prezzo avesse messo in conto. Quanto subito lo pone tuttora a dura prova.

 

A tal proposito, talvolta pensa che persino morire sarebbe stato accettabile rispetto al continuo senso di svuotamento e di ansia da sopportare per chiunque stia a lungo sotto pressione costante. Vive come un criminale.
Tra le pagine della graphic novel Sono ancora vivo (edita da Bao Publishing) racconta di essersi dovuto sottoporre una volta a un’operazione chirurgica e di essere stato ricoverato nello stesso posto dove vengono curati i detenuti pericolosi. Il suo stomaco vive come un colpevole, ha concluso.

Il prezzo che ho pagato è superiore rispetto a qualsiasi prezzo avessi messo in conto. So di dirla grossa, ma a volte penso che persino morire sarebbe stato più accettabile rispetto al continuo senso di ansia e di svuotamento in cui vive chi è sotto pressione costante per tanto tempo. Io vivo come un colpevole.

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