Qual è il potere dell’arte contro la guerra? Le risposte dal talk del Sole Luna Doc 2025

"L'arte non ferma la guerra ma è resistenza". Il report dell'interessante talk tenutosi durante il Sole Luna Doc Film Festival 2025.

Durante la serata del 20 settembre al Sole Luna Doc Film Festival 2025, all’interno dell’appuntamento Creare legami, presso Palazzo Branciforte, si è tenuto un interessante talk dal titolo Il potere dell’arte nei contesti di guerra, condotto dalla giornalista e addetta stampa del festival Gioia Sgarlata, alla quale hanno preso parte Roberto Albergoni (presidente di Fondazione MeNO), la pittrice Daniela Balsamo del collettivo Exist Resist e, in differita, Sana Yazigi, graphic designer e attivista.
L’appuntamento si è svolto in occasione della vigilia della Giornata Internazionale della Pace 2025, con l’obiettivo di riflettere sull’ambivalenza dell’arte: da un lato vittima di distruzione, dall’altro strumento di resilienza e resistenza

“L’arte sembra residuale in un momento del genere e invece non lo è. Con l’arte si può custodire la memoria dalla quale ripartire”, ha detto Gioia Sgarlata, che ha aperto il dibattito su un argomento tanto centrale quanto delicato mostrando ai presenti un servizio di Lidia Tilotta (riprese di Ernesto Scevoli, montaggio di Rosario Quagliana), andato in onda il 23 febbraio 2021 sul TGR Sicilia (potete visionarlo qui).

Sole Luna Doc 2025 cinematographe.it

“Il nostro è un vissuto politico, i siriani vivono la miseria ogni giorno, è umiliante dire che c’è la pace”, dice Sana nel servizio che ci viene mostrato e in cui l’arte contemporanea diviene manifesto del pensiero di un popolo, portando all’attenzione come siano cambiate repentinamente le cose, i ragionamenti, i desideri dei civili, pur immersi in una realtà che sembra restare sempre uguale a se stessa.

L’arte non ferma la guerra, è triste dircelo ma è la verità

Roberto Albergoni, presidente della fondazione MeNO, che da anni si occupa di progetti per la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale nell’Europa e nei Paesi del Sud del Mediterraneo, ha sottolineato: “Bisogna riuscire a superare l’imbarazzo di parlare di certe cose. È tutto così ovvio e incredibile che non c’è più pudore e lo si accetta senza indignazione”.
Albergoni ha cercato poi di rispondere alla fatidica domanda, cioè se l’arte può effettivamente fare qualcosa per fermare il conflitto. “Sai che non puoi risolvere il problema ma è l’unica cosa che puoi fare […] Noi (inteso come Europa) continuiamo a fornire armi a Israele. L’arte non ferma la guerra, è triste dircelo ma è la verità e dobbiamo farci i conti, però è una forma di resistenza.”

Parlando di un documentario purtroppo non presentabile al festival, per mancanza di autorizzazione formale, dovuta alle difficili condizioni di salute del protagonista (cittadino palestinese attualmente ricoverato a causa dei bombardamenti), Albergoni commenta: “I bambini che guardano l’opera dei pupi a Gaza e sorridono… quanto vale il sorriso di un bimbo che non ride da mesi?”

Tutelare la memoria della Palestina

Durante il talk Il potere dell’arte nei contesti di guerra la questione palestinese è stata chiaramente affrontata in lungo e in largo, sottolineando in particolare la gravità di un’azione volta a cancellare completamente una cultura (e da molto tempo prima degli eventi del 7 ottobre), dal cambio del nome delle strade alla distruzione del patrimonio culturale. Alla luce di tutto ciò urge fare un lavoro di salvaguardia della memoria culturale della Palestina.

A intervenire poi è stata l’artista Daniela Balsamo, promotrice di un collettivo che conta quasi cinquanta artisti palermitani, i quali si sono messi a disposizione per vendere le loro opere e devolvere poi il ricavato a sostegno di Gaza. L’artista ha detto di aver sentito il bisogno di agire dopo la notizia dei drammatici eventi (purtroppo ancora in corso) e di essersi chiesta cosa fare, “Sentivo franare tutte le mie certezze di donna occidentale”, ha detto. La sua prima mossa, così, è stata quella di contattare l’artista e attivista Igor Scalisi Palminteri, lavorando insieme a lui per la realizzazione di una mostra. Da lì il progetto Exist Resist, ancora aperto.

Il messaggio di Lucia Gotti durante il talk Il potere dell’arte nei contesti di guerra, al Sole Luna Doc Film Festival 2025

Infine a prendere la parola, oltre ai partecipanti, la presidente dell’associazione Sole Luna Lucia Gotti, la quale ha fatto una panoramica della situazione culturale e politica orientale, ricordando le origini del Sole Luna Doc Film Festival, nato immediatamente dopo gli eventi dell’11 settembre con l’intento di creare un ponte tra le culture. Gotti ha ricordato quegli anni in cui il mondo orientale sembrava stesse iniziando a uscire dalla costrizione totale del velo e del burka e dal dominio assoluto dell’uomo. “Erano stati persino nominati una ministra della Cultura e un altro ministro (non ricordo di quale dicastero)”, precisa – “ma, dopo pochi anni, la situazione è tornata a essere drammatica, con i talebani di nuovo al potere, più forti di prima.”
Gotti ha poi ricordato il 2002, quando si iniziava a parlare della guerra in Iraq. Le risoluzioni ONU non riuscivano a dimostrare l’esistenza di armi di distruzione di massa, ma l’amministrazione Bush insisteva con la retorica dell’“Axis of Evil”. “Alla Commissione Esteri della Camera – racconta – scrivemmo un articolo pubblicato sul Foglio e sull’Herald Tribune dal titolo Five Good Reasons Not to Attack Iraq. Per noi era chiarissimo che non si dovesse attaccare l’Iraq. E Berlusconi, che allora era al governo, era contrarissimo a quell’intervento”.
Eppure, ammette tristemente Lucia Gotti, esiste “un mondo che agisce al di sopra di noi e dei nostri governi, un sistema che muove i fili e di cui non conosciamo davvero le logiche né le conseguenze”.

Un intervento che ha riportato l’attenzione sull’urgenza di difendere la memoria culturale e di continuare a usare l’arte come strumento di resistenza e di speranza, anche nei momenti più bui. Inoltre, Gotti ha menzionato l’esistenza di un archivio del Sole Luna Doc Film Festival, che sono disposti a mettere gratuitamente a disposizione di tutte le scuole, ultimando il suo intervento dicendo di pregare per Gaza (“l’unica cosa che riesco a fare”).