Premio Mattia Torre 2025: cronaca della seconda serata
Il diario di bordo con tutti gli highlights della serata conclusiva della prima edizione in quel di Viterbo del Premio dedicato allo scrittore, sceneggiatore e regista.
Nonostante il sipario sia calato sulla prima edizione del Premio Mattia Torre, con la seconda delle due serate andata in scena il 4 ottobre 2025 nella splendida cornice del teatro dell’Unione di Viterbo, registrando nuovamente un tutto esaurito, l’energia, la passione, il calore e le emozioni vibranti provate da coloro che si sono succeduti sul palco e da chi come noi ha preso parte alla manifestazione seduto in platea, sono ancora vive e palpabili. E non poteva essere altrimenti per un evento fortemente voluto dalla famiglia e da un nutrito gruppo promotore formato dal Tuscia Film Festival, enti, colleghi e amici, di un artista tanto amato come lo scrittore, sceneggiatore e regista romano.
Premio Mattia Torre 2025: un’emozionante chiusura all’insegna della musica, dei monologhi e dei ricordi
Ad aprire e chiudere la seconda delle due serate è stato Giorgio Tirabassi che si è esibito con l’Hot Club Roma-Gipsy Jazz Band per rendere omaggio a Django Reinhardt con una serie di brani del suo repertorio. Nel mezzo la lettura di alcuni testi firmati da Mattia Torre prima della sua prematura scomparsa interpretati da attori e attrici che hanno collaborato con lui a vario titolo. A inaugurare questo ciclo di letture è stato Luca Amorosino con Fammi avere ragione, monologo pubblicato postumo nella raccolta A questo poi ci pensiamo, nel quale lo scrittore, drammaturgo e regista romano fa del ring, dell’arte nobile della boxe e dei duri allenamenti di un giovane pugile amatoriale delle autentiche metafore e lezioni di vita. Del resto Torre ci ha abituati al sale e all’intelligenza della sua scrittura, raccontando con uno stile personale e inimitabile di donne, uomini, coppie, figli, ma anche delle miserie e del mistero della vita sociale, di miracoli e degli abissi della sanità pubblica. Ci ha detto parlato pure dei sentimenti che frusciano dietro il cinismo del mondo dello spettacolo, ci ha dato sempre una grande occasione di pensare, e persino di riconoscerci vivi nel catalogo degli uomini. È quello che accade in questi scritti che ha lasciato: veri e propri formidabili scatti narrativi, dialoghi, monologhi, il folgorante senso del mondo messo al servizio di amici attori, di ipotetici sviluppi nel cinema, nella narrativa.
Sette interpreti per altrettanti monologhi firmati da Mattia Torre nella seconda serata del premio a lui dedicato
Alla medesima raccolta appartiene anche I nonni, che Geppi Cucciari ha letto dopo avere abbandonato momentaneamente le vesti di conduttrice della serata per ritagliare e ritagliarsi questo momento in cui ha dato nuovamente voce a un monologo scritto da Torre dopo il fortunato spettacolo dal titolo Perfetta. In quest’opera, realizzata per una trasmissione Rai, si parla del rapporto tra nonni e nipoti di ieri e di oggi. La famiglia è protagonista anche del toccante e intenso Figli, letto anche in questa occasione da cui per il quale Torre lo ha concepito, ossia Valerio Mastandrea. Diventato subito virale e un vero cult sui social grazie al suo concentrato di ironia, sentimento, gioie e dolori, questo monologo, fonte d’ispirazione per la pellicola omonima diretta da Giuseppe Bonito nel 2020 con protagonisti lo stesso attore romano e Paola Cortellesi, ha commosso e al contempo strappato sorrisi al pubblico. Quest’ultimo nel corso dell’evento ha potuto ascoltare altre straordinari pezzi di bravura dell’autore capitolino grazie alle voci e alle interpretazioni che si sono avvicendate al leggio nei minuti precedenti: da Cristina Pellegrino con Dietro il sole ad Alessandro Tiberi con Lo scherzo, passando per Carlo De Ruggieri con L’analista e Valerio Aprea con Il piccione salviniano. Ciascuno, riflesso dello stile inconfondibile del suo creatore, ha dispensato risate e non pochi spunti di riflessione, dei quali testi come quelli di Torre sono e continueranno ad essere portatori sani.
Il palmares della prima edizione del Premio Mattia Torre
Ma quella del 4 ottobre è stata anche la serata nella quale sono stati assegnati i riconoscimenti di questa prima edizione del Premio Mattia Torre, dedicato agli autori under 35 di racconti e monologhi. A contendersi i posti nel palmares sette giovani finalisti, le cui opere sono state lette nel corso della giornata inaugurale della manifestazione. Ad aggiudicarsi il Premio della Giuria composta da Valerio Aprea, Giacomo Ciarrapico, Geppi Cucciari, Valerio Mastandrea e Luca Vendruscolo è stato il racconto La mazza di Francesco Miluzzi con la seguente motivazione: «In un’epoca in cui l’individuo si è incattivito – in mezzo alla strada, nell’ambiente di lavoro, ma anche sui social – questo pezzo rappresenta una provocazione, comica e feroce, dello stato della nostra società. Provocare raccontando il presente è una delle caratteristiche della scrittura di Mattia, e pensiamo che a lui questo testo sarebbe piaciuto tantissimo». Al vincitore è andato un premio in denaro di euro 2.000, la rappresentazione dell’opera nel corso della trasmissione televisiva Propaganda Live su La7 e un’opera rappresentante un faro, realizzata e donata dal Maestro Ferdinando Codognotto e consegnata da Emma Torre. Il premio del pubblico, consistente invece in una targa sempre opera di Ferdinando Codognotto e un riconoscimento in denaro di euro 1.000, è stato invece consegnato da Nico Torre a Chiara Miolano, autrice del testo L’invasione degli attori. La menzione speciale della giuria se l’è aggiudicata il quattordicenne Francesco Garofalo che con Il grande spettacolo ha ricevuto sul palco da Nico Torre una targa gentilmente concessa sempre da Codognotto, con la motivazione: «Quasi la totalità della giuria in fondo di mestiere “vende risate”. E tutti sappiamo che far ridere è molto complicato. In questo breve testo c’è la capacità di creare comicità in modo continuo e raffinato, come si vede raramente. Oltre a una surreale delicatezza nonsense che nel finale trova la sua chiusura del cerchio. Non è un premio all’anagrafe di chi l’ha scritto, che anzi quando noi della giuria ripensiamo alla giovane età dell’autore, ci viene molto cattivo umore».