L’avete riconosciuto? Suo fratello è un grande showman, lui lo ha preso come modello e ha conquistato cinema e TV

Fin da piccolo ha guardato con ammirazione il "fratellone", ma si è costruito una strada tutta sua!

Chissà cosa si mangiava in quella casa! La loro storia ha davvero dell’incredibile: la sorella, Catena, è diventata scrittrice e conduttrice tv, il fratello maggiore Rosario è ritenuto dai più il miglior showman italiano in circolazione, mentre lui, Beppe Fiorello, ha trovato fortuna sul set.

Beppe Fiorello: la collaborazione con Rosario e l’indipendenza

Inizialmente Giuseppe lavora a fianco del fratello, al villaggio turistico della Valtur a Brucoli. Da lì nel 1994 intraprende il percorso in radio con lo pseudonimo Fiorellino. Nello stesso anno esordisce sul piccolo schermo in Karaoke, trasmissione precedentemente presentata da Rosario.

I bassissimi ascolti spingono, tuttavia, i dirigenti Mediaset a chiudere anzitempo la produzione dello show e nel tempo lo stesso Giuseppe si dichiarerà pentito della scelta compiuta. Tentata, invano, la strada nella musica, debutta al cinema nel 1998 con il film L’ultimo Capodanno.

Poi ottiene il ruolo dell’appuntato Nocelli Domenico, detto Parsifal, in Ultimo, fiction con Raoul Bova in onda su Canale 5. Segue Il talento di Mr. Ripley, esperienza mediante la quale recita, oltre che a Rosario, accanto a star internazionali del calibro di Jude Law, Matt Damon, Cate Blanchett e Gwyneth Paltrow. Nel 2000 è co-protagonista assieme a Carlo Verdone in C’era un cinese in coma.

Beppe Fiorello che sorride

Dopodiché Beppe Fiorello si consacra come il volto delle miniserie Rai, da La guerra è finita (sulla Seconda Guerra Mondiale) a Joe Petrosino (poliziotto ucciso mafia a Palermo dalla mafia), passando per il Grande Torino (nella parte del campione Valentino Mazzola). Tra i titoli più recenti, spicca la fiction Volare, dedicata alla vita di Domenico Modugno.

Beppe Fiorello ha raccontato pubblicamente qual è la sua spinta principale per aderire a un progetto: sulla tv di Stato cerca solitamente di raccontare storie vere, eroi del quotidiano, nel Nord e nel Sud dell’Italia. È lo spirito con cui, ad esempio, affronta Io non mi arrendo (2016), storia ispirata a Roberto Mancini, il poliziotto-eroe della Terra dei Fuochi morto di cancro, e Gli orologi del diavolo (2020), dove si cala nei panni del meccanico navale Gianfranco Franciosi, infiltrato nei narcos.

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