Trieste Film Festival 2019: ecco tutti i vincitori del festival

Il Trieste Film Festival, il festival che collega L'europa Occidentale a quella Orientale, annuncia i vincitori

Sono stati annunciati tutti i vincitori del trentesimo Trieste Film Festival 2019

Il Trieste Film Festival è nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. Oggi viene riconosciuto come il primo e più importante appuntamento italiano dedicato al cinema dell’Europa centro-orientale. Questo evento costituisce un vero e proprio ponte che mette in contatto le diverse dell’Europa Occidentale con quello dell’Europa Orientale, scoprendo e spesso anticipando nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale.

Il Trieste Film Festival durerà fino a venerdì 25 gennaio e porterà in città alcuni dei titoli e degli autori che hanno fatto la storia del festival. Per esempio, ieri sera al Politeama Rossetti è stata ospitata la cerimonia di premiazione dei tre concorsi, ovvero lungometraggi, documentari e corti, giudicati dal pubblico.

Accanto al giudizio del pubblico al Trieste Film Festival sono stati annunciati i vincitori dei vari concorsi. Il Premio Trieste al miglior lungometraggio in concorso è andato al film Delegacioni di Bujar Alimani. Il film narra dell’estremo tentativo del regime comunista, verso la fine del 1990, di divulgare all’opinione pubblica internazionale i progressi di Tirana in tema di diritti umani. L’ungherese Last Call di Hajni Kis, si è aggiudicato il Premio Fondazione Osiride Brovedanial Miglior cortometraggio in concorso. Il premio miglior documentario (Premio Alpe Adria Cinema) l’ha vinto Chris The Swiss, di Anja Kofmel. Il film ha inoltre vinto il Premio Osservatorio Balcani e Caucaso come miglior documentario in concorso con la seguente motivazione:

A Chris the Swiss di Anja Kofmel per l’equilibrio virtuoso tra il racconto biografico e la grande storia, per lo stile originale e diretto con cui ci racconta la vicenda di un giovane reporter vittima della violenza che vorrebbe capire. Perché ci presenta l’esito di un’inchiesta ancora attuale e perseguita con tenacia sui combattenti stranieri nella guerra di Croazia e ci offre una profonda riflessione sul male e sulla facilità con cui si cade nella spirale della violenza. Infine, perché ripercorrendo la guerra del 1991 ci ricorda quanto siano siano fragili le nostre società.

La giuria, composta da Caterina Mazzucato, Judit Pinter e Rino Sciarretta ha assegnato il Premio Corso Salani supported by Parovel 2019 al film di Martina Melilli, My Home In Libia. La motivazione che è stata data è la seguente:

L’opera affronta in maniera originale una storia vissuta nella realtà e nella memoria di chi è stato privato della sua libertà. Dal punto di vista formale sono molto interessanti i diversi piani del linguaggio.

Il Trieste Film Festival ha inoltre collaborato con Sky Arte HD. Il Premio SkyArte è stato assegnato al lavoro di Milorad Krstić: Ruben Brandt, A GYÜJTÖ (Ruben Brandt, Il collezionista). L’Eastern Star Awrad 2019 è stato assegnato a una personalità del mondo del cinema che ha gettato un ponte tra il cinema dell’Europa dell’est e quello dell’Europa dell’ovest: Milco Mancevski, già vincitore del Leone d’oro nel 1994 con Prima della pioggia. Il Trieste Film Festival premia anche coloro che lavorano dietro le quinte. Quest’anno il premio Cinema Warrior – Cultura Resistance Award è andato a Misard Purivatra, direttore del Festival di Sarajevo. Mentre il premio Cineuropa assegnato al miglior lungometraggio dal primo portale europeo che promuove il cinema e l’audiovisivo, va a TERET (Il Carico) di Ognjen Glavonić. Il Premio Pag, assegnato da una giuria di giovani tra i 18 e i 35 anni, rappresentanti di associazioni giovanili, va a Delegacioni (La Delegazione) di Bujar Alimani.

Infine il Trieste Film Festival ha assegnato il Premio InCE (Iniziativa centro europea) a Zelmir Zilnik per la coerenza estetica e intellettuale di un autore di punta del cinema jugoslavo che, fin dagli anni Sessanta, ha sperimentato linguaggi nuovi. Nel suo ultimo film è tornato a mettere in primo piano gli emarginati di oggi, da un lato, mentre dall’altro le nuove paure delle società occidentali.