Snow Woman: recensione del film di Sugino Kiki

Snow Woman è un film malinconico e mistico che prende in prestito e aggiorna una delle figure più famose del folclore giapponese, la yuki onna.

Da Kawase Naomi a Ogigami Naoko, molti sono i nomi femminili che hanno finalmente iniziato a popolare il mondo del cinema giapponese negli ultimi venti anni. Sugino Kiki è uno di questi. Già attrice di fama riconosciuta in Asia, tanto da essere soprannominata “la musa del cinema indipendente asiatico”, con Snow Woman (Yuki Onna, 2016) Sugino è al suo terzo film, dopo il successo di Kyoto Elegy – presentato al Festival Internazionale di Toronto nel 2014 – e Taksu (2014).

Donna bellissima, dai capelli neri e la pelle pallida, solitamente vestita con un bianco kimono, la yuki onna – o donna delle nevi – è uno degli yokai (spiriti) più noti delle leggende popolari giapponesi a cui in molti si sono ispirati sia in letteratura che al cinema. La versione più famosa che la vede protagonista si deve a Lafcadio Hearn (1850-1904), scrittore greco-irlandese autore di Kwaidan: Stories and Studies of Strange Things (Principesse e mononoke: storie di fantasmi giapponesi, ed. Kappalab, Bologna), dai cui Sugino ha attinto per la sceneggiatura del suo film, da lei co-prodotta.

Snow Woman è un film che prende le mosse da un’antica leggenda popolare giapponese ma si aggiorna sia per i contenuti che per l’estetica

Snow Woman: recensione del film di Sugino Kiki

Come nel racconto di Hearn, Minokichi (Aoki Munetaka) e l’anziano padre Mosaku, due boscaioli, vengono sopraffatti da una tormenta di neve e cercano riparo in un capanno che scorgono nel bosco. Mentre dormono, la yuki onna visita Mosaku e gli soffia via la vita mentre Minokichi assiste alla scena ammutolito dall’orrore. Prima di scomparire, la donna gli intima di non fare parola a nessuno dell’accaduto altrimenti tornerà a prendersi anche la sua vita. Tempo dopo, Minokichi incontra per caso una giovane di nome Yuki (Sugino Kiki) – neve, in giapponese – che presto diventerà sua moglie. I due hanno una figlia, Ume (Yamaguchi Mayu), e vivono immersi in un idillio famigliare finché quattordici anni dopo una serie di strane morti non cominciano a destare sospetti nella popolazione del villaggio.

Un paesaggio invernale, alberi carichi di neve, due uomini che lottano per non essere sopraffatti dal freddo ma, soprattutto, la scelta stilistica di usare il bianco e nero per allontanare nel tempo i personaggi e regalare un’ulteriore patina spettrale alle scene. I primi fotogrammi del film colpiscono nel segno e spiazzano lo spettatore trasportandolo in quello che potrebbe sembrare uno scenario perfetto per un film di Kurosawa. Non appena la yuki onna abbandona la scena, con lei perdiamo anche il bianco e nero per ritrovare il colore, dai toni caldi ma spenti, che ci accompagnerà fino alla fine del film.

Snow Woman è un film malinconico e contemplativo, in cui la donna è sì figura centrale ma anche entità di cui diffidare e, talvolta, avere paura perché inconoscibile

Se tipica del genere kaidan – ovvero, delle storie di fantasmi – è un’ambientazione di epoca feudale ma già con The Ring (Ringu, 1998) il fantasma era stato trasportato in un contesto contemporaneo, Sugino compie un ulteriore passo in avanti. Snow Woman infatti si presenta come un miscuglio altamente disorientante tra ere e realtà diverse, tra un Giappone che potremmo collocare nel primo periodo post-bellico e un presente concentrato sullo sviluppo tecnologico ma eco-friendly. Quella che potrebbe sembrare una mossa azzardata è invece uno dei pregi del film che in questo modo vuole suggerirci l’universalità della superstizione e del pregiudizio.

Fondamentali nel film sono le figure femminili. Come Yuki è indubbiamente la yuki onna dell’inizio, così la figlia avuta con Minokichi non potrà che essere della stessa natura. Principali sospettate per gli omicidi che si sono susseguiti, le due donne non sono solo un tramite tra il nostro mondo e quello degli spiriti. Yuki, in particolare, è infatti fin da subito trattata con diffidenza per il suo essere straniera, un’immigrata giunta in una comunità chiusa nelle sue abitudini.

Snow Woman è un film mistico e contemplativo, che affonda le radici in una leggenda antichissima rendendola attuale con un’ambientazione in bilico tra due epoche, così come Yuki rimane sempre in bilico tra due mondi, mai completamente umana ma non più spirito ancestrale.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.8