Emilia Pérez: recensione del film di Jacques Audiard visto a Cannes 2024

Il film con Zoe Saldana, Selena Gomez e Karla Sofía Gascón è il musical presentato in concorso da Jacques Audiard, alla 77ª edizione del Festival di Cannes

Un conglomerato di suggestioni emozionali, uno sconfinamento del genere, l’attuazione di un rinnovamento; con Emilia Pérez di Jacques Audiard la 77ª edizione del Festival di Cannes si dimostra ancora una volta fresca, riformatrice, d’avanguardia, il centro nevralgico dell’evolversi artistico di una disciplina, teatro del manifestarsi eccentrico di una cinematografica autoriale. Dopo la Palma d’oro per Dheepan – Una nuova vita, il Grand Prix speciale della Giuria per Il profeta e il Prix du scénario per Un héros très discret, il regista francese torna sulla Croisette per dimostrare ancora una volta l’estrosità artistica che lo muove, rinnovando il proprio sguardo e mostrando un volto nuovo del suo far cinema. Da lui scritta assieme a Thomas Bidegain, Léa Mysius e Nicolas Livecchi e musicata con Clément Ducol e la cantante Camille, l’opera nasce come poliziesco sul narcotraffico messicano per evolvere, nelle primissime sequenze, in un musical che indaga e racconta l’autodefinizione identitaria e sessuale della protagonista, interpretata da Karla Sofía Gascón e accompagna da Édgar Ramírez, Selena Gomez e una sorprendente Zoe Saldana.

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Emilia Pérez: redenzione identitaria

Emilia Pérez cinematographe.it

A Città del Messico, sullo sfondo della lotta alla criminalità organizzata, le ambizioni professionali dell’avvocatessa Rita Moro Castro (Zoe Saldana), continuamente frustrate da uno scarso riconoscimento del proprio valore, trovano soddisfacimento nell’incontro voluto dal temuto signore della droga, Manitas Del Monte (Karla Sofía Gascón), a lei rivoltosi per l’attuazione di un piano di fuga che passi da una sua ridefinizione identitaria, prima tramite l’inscenamento della propria morte e poi per mezzo di un’operazione chirurgica per il cambio di sesso, responsiva dell’intima volontà di sfogare la propria celata ed opprimente femminilità.

Allontanatosi dalla moglie Jessi (Selenza Gomez) e dai due figli, anch’essi convinti della morte di Manitas, il narcotrafficante si rende presto conto di non potersi privare dell’affetto dei propri cari e – ancora grazie al fondamentale aiuto di Rita – fa in modo che la famiglia lo raggiunga, convinta di recarsi a casa di una vecchia e benestante zia. L’inconsapevole vicinanza dei propri affetti, unitasi alla spinta redentrice che porta la protagonista a promuovere un sostegno verso le famiglie vittime dei cartelli, sembra indorare la propria nuova condizione e definirla su di un confortante equilibrio, ma l’irruzione in scena del nuovo compagno della moglie, Gustavo (Édgar Ramírez), sconvolge nuovamente la situazione, riportandola alla sua originaria instabilità.

Cambio di genere

Emilia Pérez Zoe Saldana cinematographe.it

Emilia Pérez accomoda lo spettatore per sconvolgerne le aspettative fin dalle primissime inquadrature, con una prematura identificazione dell’opera che stravolge sé stessa e travalica il genere. L’iniziale contestualizzazione drammaturgica volge improvvisamente, senza alcuna anticipazione, senza alcuna avvertenza, rimodulando la struttura narrativa della pellicola in musical e sorprendendo lo spettatore fin dalle prime note intonate e danzate da Zoe Saldana, scoperta in tutta la sua versatilità artistica. Il confluire strutturale del film nella tematica che ne definisce principalmente gli intenti, dimostra l’audacia che ha spinto l’autore alla realizzazione di un progetto che ravvede nella propria modernità la causa del suo definirsi nuova, diversa.

Le incombenze tematiche affrontate sorgono nella trasformazione, nella definizione di genere, per poi diramarsi in una pluralità suggestiva di difficile contenimento: l’espiazione della colpa passa da una rinascita redentiva che si manifesta nel tentativo di trasformare la corruzione in solidale opportunità di cambiamento; la centralità dei rapporti e il forte sentimento di familiarità attribuiscono un valore affettivo che ridisegna le scelte del singolo sulla collettività che egli partecipa. Emilia per scoprire sé stessa deve confrontarsi con tutti i rischi e le controindicazione di una metamorfosi, comprendendo, lungo l’evolversi del racconto, di non poter ridisegnare la propria identità fuggendo da sé stessa.

Emilia Pérez: valutazione e conclusione

Karla Sofia Gascon cinematographe.it

Emilia Pérez è mutamento, Emilia Pérez è coraggio, Emilia Pérez è musical, è thriller, è dramma, è la dimostrazione potenziale di un cinema in evoluzione perenne. Il film consacra Jacques Audiard come autore emblema di un’artisticità che non conosce immobilismo, sempre pronta a rinnovarsi e a frasi lente osservante di una contemporaneità bisognosa di un proprio racconto, di essere immortalata. Se per alcuni la pellicola pecca di un’eccessiva abbondanza contenutistica e strutturale e per altri sia invece la dimostrazione attuativa di una ricchezza intellettuale, non ci sono dubbi su quanto il regista abbia chiaro l’intento di disorientare le certezze del pubblico per attrarne l’interesse ed impressionarne il pensiero attraverso il suono e le immagini.

L’orecchio è solleticato a fasi alterne, l’occhio sollecitato da una fotografia che dal coreografico sconfina ripetutamente nel noir, mentre canzoni afferenti a generi musicali dissimili smorzano il racconto, portandolo sempre avanti, irrompendo in sceneggiatura per la prosecuzione del narrato. Il tutto condisce, si mescola, per poi trasmettersi trascinato dalle eccelse prove dei protagonisti: Zoe Saldana è protagonista poliedrica, Selena Gomez si dimostra artista meritevole d’attenzione, mentre l’attrice transgender Karla Sofía Gascón attribuisce con forza e talento una sfumatura biografica al lungometraggio, che si fa portavoce di scomode verità, fin troppo sottaciute dall’industria e genericamente dall’arte.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 4
Recitazione - 4
Emozione - 3.5

3.7