Charlize Theron e l’addio al Metodo Stanislavskij dopo L’avvocato del diavolo: “era estenuante, non ero più felice”

L'attrice ha raccontato recentemente la pessima esperienza che ha avuto con questo famoso metodo recitativo.

Charlize Theron è un’attrice, produttrice e modella sudafricana nativa di Benoni, naturalizzata americana, una delle interpreti più affascinanti e talentuose del mondo hollywoodiano. L’artista, vincitrice di un Oscar come Miglior attrice protagonista nel 2004 grazie alla sua interpretazione della serial killer Aileen Wuornos in Monster di Patty Jenkins, ha debuttato nel mondo della recitazione nel 1996, sul grande schermo, in Due giorni senza respiro di John Herzfeld per poi avere parallelamente una piccola carriera televisiva iniziata con la sua partecipazione, nel 1997, nel film televisivo Hollywood Confidential. Nel corso della sua vita artistica, la star ha preso parte a progetti del calibro de L’avvocato del diavolo (1997), Sweet November – Dolce novembre (2001), Hancock (2008), Biancaneve e il cacciatore (2012), Mad Max: Fury Road (2015) e molti altri ancora.

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Charlize Theron ha vinto un Oscar nel 2004 grazie a Monster di Patty Jenkins

Ebbene, Chalize Theron ha recentemente partecipato al podcast SmartLess Podcast, condotto da Jason Bateman, Sean Hayes e Will Arnett. A proposito della recitazione, la diva ha raccontato di aver provato ad applicare il Metodo Stanislavskij durante L’avvocato del diavolo, ma si è trovata molto male, a tal punto di non usarlo più nella sua carriera. Il cosiddetto “Metodo” prevede di vestire i panni del personaggio che si interpreta anche fuori dal set, così da arrivare ad un’immedesimazione completa.

Mi sono resa conto in quel film che quello non era sicuramente un processo che avrebbe funzionato per me. C’era qualcosa di così estenuante in questo. La mia vita era miserabile. Non ero felice. E poi ovviamente ti preoccupi perché poi dici, ‘beh, se non lo faccio, allora forse non sarò brava come Marlon Brando e Monty Clift’ e leggi tutte queste biografie… E poi ho fatto del lavoro, non metodico, e in realtà ero davvero contenta del lavoro. Penso che per me avere l’energia per poter andare molto oltre nel materiale più oscuro sia molto più utile che essere esausta. Quando sono esausta, sono solo stanca. Quasi non voglio entrare nella stanza buia. Quindi ne ho fatto una vera e propria disciplina. Penso che la danza mi abbia davvero aiutato in questo. Tutto questo me lo lascio alle spalle.

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