Cecilia Mangini: morta la documentarista pioniera che lavorò con Pasolini

La documentarista del cinema aprì gli occhi al mondo sulla realtà del dopoguerra in italia.

Cecilia Mangini si è spenta all’età di 93 anni. È stata una grandissima documentarista del cinema

Cecilia Mangini ha collaborato, tra gli altri, con Pier Paolo Pasolini. Unanime il cordoglio di tutta l’industria dell’intrattenimento che le ha porto omaggio. Regista di documentari, le sue opere politiche esplorano temi scottanti come i giovani in lotta con la povertà nell’Italia del dopoguerra, la condizione delle donne e le radici del fascismo. Questo suo essere donna, pioniera e persona all’avanguardia nella comprensione delle dinamiche sociali, l’hanno resa una figura leggendaria nel circuito dei festival cinematografici internazionali. SI è spenta il 21 gennaio 2021. Aveva 93 anni.

La regista ha lasciato il segno sin dal suo primissimo lavoro, il lungometraggio del 1958 Ignoti alla città, sui bambini dei bassifondi di Roma, scritto dal poeta e regista Pier Paolo Pasolini, con il quale lei ha poi collaborato ad altri documentari. Unknown to the City, tratto dal primo romanzo di Pasolini, Ragazzi di Vita, è stato inizialmente bloccato dalla censura italiana che si opponeva ad una scena in cui giovani ragazzi rubavano a un giornalaio; avevano paura dell’eventuale emulazione che poteva derivare dalla visione del film da parte dei giovani. Cecilia Mangini si oppose alla censura e vinse.

Tutto questo trambusto, Pasolini, l’accusa di delinquenza, ha ricordato la Mangini in un’intervista del 2020 al New York Times, è stato soprattutto un trampolino di lancio per una donna che fa cinema.

Nata nel 1927 a Mola di Bari, Cecilia Mangini e la sua famiglia si trasferiscono a Firenze. Lei aveva sei anni. Più avanti la donna si trasferisce a Roma nel 1952 e inizia a lavorare come organizzatrice in una federazione di circoli cinematografici dove conosce il futuro marito, Lino Del Fra, con il quale stringe anche un forte legame creativo. Hanno co-scritto e diretto diversi lavori tra cui All’armi, siam fascisti, del 1962, che racconta l’ascesa del fascismo e la sua collusione con i capitani d’industria italiani e la Chiesa cattolica. La comunità cinematografica italiana e internazionale rende un caloroso omaggio alla Mangini.

È stata la prima donna italiana a diventare importante e stimata a livello internazionale lavorando in un genere [i documentari] fino ad allora eminentemente maschile.

Corriere della Sera, Paolo Mereghetti.

A Cecilia Mangini si deve il lavoro iniziale di riscoperta del territorio italiano [del dopoguerra], con il suo miscuglio di credenze, tradizioni e superstizioni, ma anche la scoperta di una sottoclasse strappata alle campagne ma non ammessa nelle città durante il cosiddetto boom economico. Erano sconosciuti alla città, proprio come spiega il titolo del documentario.

Giona Nazzaro, Locarno Film Festival director.

Fonte: Variety