L’avete riconosciuto? I suoi silenzi e il suo viso malinconico hanno fatto la storia del cinema e solo la moglie ebbe il privilegio di vederlo sorridere
L'impassibilità rientrava nel suo stile di comicità
La sua “freddezza” alimentò diverse voci
Noto negli anni Venti e Trenta in Italia come Saltarello, è considerato tra i maestri del muto classico. Al secolo Joseph Frank Keaton, il pubblico lo conosce soprattutto con lo pseudonimo di Buster Keaton.
L’attore salì alla popolarità soprattutto per l’espressione malinconica e stralunata dei personaggi portati in scena. Ma ancor più entrò nelle grazie del pubblico grazie al suo talento “acrobatico” nelle gag offerte sullo schermo tivù e cinematografico. Nato a Piqua il 4 ottobre 1895, nella contea di Woodson, in Kansas (e scomparso il 1° febbraio 1966 a Woodstock), l’American Film Institute lo inserì al 21esimo posto tra le principali stelle della storia del grande schermo.
Dicevamo dell’espressione malinconica e stralunata. L’aspetto serioso di Buster Keaton diede vita a una leggenda, secondo cui non sorridesse mai. In realtà, la moglie, Eleanor, confutò le voci. Ogni volte che glielo chiedevano, rispondeva che non solo sorrideva, ma rideva pure, una splendida risata.
Avvalendosi dell’opinione di un esperto sul campo, Marion Meade imputa la sua freddezza, la sua “maschera” inespressiva, a un trauma, a un disagio intimo provocato dallo sfruttamento da parte del padre durante il periodo di vaudeville.
Tesi rigettata da Imogen Sara Smith e altri: essi spiegano che consisteva in una semplice decisione artistica, in linea con le affermazioni concesse dal diretto interessato in molteplici occasioni. Keaton considerava poco credibile un comico che ride di sé stesso.
Nel 1965 il cinegiornale della Rai riporta una breve intervista effettuata a Buster Keaton, risalente all’epoca in cui si trovava a Roma per girare Due marines e un generale.
In tale circostanza, Keaton spiega che aveva sempre calcato il palco fin da tenerissima età, accanto al padre, e già da allora aveva compreso che per strappare risate al pubblico occorreva tenere un’espressione glaciale e triste: man mano si era scordato di portare quella maschera, capacitandosene solo durante i primi lungometraggi.