The New Pope: spiegazione della serie TV di Paolo Sorrentino

La nostra spiegazione del finale di stagione di The New Pope

In The New Pope di Paolo Sorrentino, che ha dato seguito agli eventi narranti in The Young Pope, la perfezione registica, la bellezza della sceneggiatura e la bravura degli attori si materializzano in una fascinazione che si annida in un vortice di erotismo, sacralità, fragilità e ironia.
Negli ambienti divini del Vaticano l’autore trova terreno fertile per mostrare tutta l’imperfezione del genere umano, scavando a fondo tra allegorie e difetti, forgiando un attento parallelismo con la realtà, nonché un collegamento tra sacro e profano, giusto e sbagliato, sano e malsano. Le estremizzazioni dominano i caratteri dei personaggi principali: santi come il Pio XIII di Jude Law o peccatori come il cardinale Spalletta interpretato da Massimo Ghini. E nel marasma di personaggi, che si avvicendano dentro e fuori le mura del Vaticano come le statuette di un presepe, non manca “il nuovo papa” Giovanni Paolo III (John Malkovich), un mix di intellettualità, spirito rock e fragilità.

Paolo Sorrentino, sostenuto in fase di sceneggiatura da Umberto Contarello e Stefano Bises, usa lo sfarzo di stucchi e opere d’arte sacra come un teatro nel quale srotolare desideri, paure e pretese dei protagonisti. Ciò che accade nel piccolo mondo creato nella serie TV targata Sky Atlantic, HBO e Canal+ è il riflesso adornato di orpelli del nostro mondo, in cui il denaro soverchia l’anima, l’odio e la paura il diritto di libertà. Un mondo in cui niente è come vorremmo, in cui i valori sembrano sfaldarsi e i punti di riferimento svanire.
Se nella prima stagione la maschera indossata dal papa di Jude Law è andata a combaciare col rigore e la santità, in questa seconda stagione a dominare è la via mediana di John Brannox.

The New Pope: scopri il drink ispirato alla nuova serie di Paolo Sorrentino

The New Pope Cinematographe.it

Foto di Gianni Fiorito

The New Pope non lesina sesso, scandali, omosessualità e se sotto la lente d’ingrandimento i pseudo cattivi come Voiello (un magnifico Silvio Orlando) diventano buoni, anche le sante diventano puttane, ma che differenza c’è in fondo? Lo capisce bene Esther (Ludivine Sagnier), che dopo essere stata miracolata vende il suo corpo per bisogno, passando infine dalla parte del cieco fanatismo. Un’involuzione che abbraccia la rivoluzione e l’evoluzione, sconfinando nel dibattito sul ruolo della donna nella società odierna, portato avanti dalle suore di clausura capeggiate da Suor Lisette (Nora Waldstätten), che domina gran parte della stagione.

La bravura di Sorrentino sta nell’aver trovato e attraversato quella famosa via di mezzo che, se da una parte fomenta le masse contro il cattolicesimo, la ricchezza della Chiesa, la corruzione, dall’altra le ammonisce mostrandone la misericordia e la grazia e inducendo lo spettatore a configurarsi col punto di vista dell’uno o dell’altro personaggio. A tal proposito sia Lenny Belardo che John Brannox convengono nel far capire che la Chiesa non si aggiorna come l’ultimo modello dell’iPhone e ciò ne decreta la grandezza e l’importanza.

A impreziosire The New Pope provvedono altresì la fotografia di Luca Bigazzi, le musiche di Lele Marchitelli e quell’occhio così sapiente del regista che sa comunicare con un semplice movimento di macchina, con una singola inquadratura, tutto ciò che una miriade di parole non sarebbero in grado di spiegare. E poi ci sono quegli incastri, quelle allegorie e quelle metafore che si rincorrono lungo tutti e nove gli episodi, dando una risposta ai perché disseminati lungo il cammino. A questi interrogativi tenteremo di dare una spiegazione.

ATTENZIONE! Seguono SPOILER su The new Pope

La Pietà: l’importanza dell’opera di Michelangelo in The New Pope

Michelangelo opere Cinematographe.it

Unica opera firmata dallo scultore, La Pietà è un simbolo dell’arte occidentale. Un’opera che trasuda santità ma anche umanità per via del modus operandi dell’autore che ha saputo scavare profondamente nella psicologia di una madre che, afflitta, sorregge il corpo senza vita del figlio. Quei due esseri fuoriusciti dal marmo sono Maria e Gesù, fermi in un tempo antichissimo e in una tradizione talvolta inconcepibile. Sorrentino estrapola l’anima dell’opera, lasciandola trasmigrare nei corpi chi vive una condizione di disagio e sofferenza. Così il paragone con La Pietà arriva nel settimo episodio, in cui una madre (parliamo di Ewa, a cui presta il volto Yuliya Snigir) prende in braccio il figlio gravemente malato e lo porta a fare il bagno. Nuda anche lei, come una giovane genitrice intenta a immergersi con un neonato, regge il peso morto del ragazzo avvolta da una luce soffusa.

La stessa Pietà che viene brutalizzata durante un attentato alla Basilica di San Pietro, coraggiosamente mostrata con la testa del Cristo mozzata. Curioso che questa sequenza, che vediamo nella prima parte del settimo episodio, richiami un evento reale avvenuto nel 1972, quando un uomo riuscì ad aggirare la sorveglianza causando danni alla scultura e deturpando il volto e il corpo della Vergine. Ponendo questa immagine prima della scena descritta sopra Paolo Sorrentino lascia intersecare significati e significanti in uno degli episodi più belli dell’intera serie TV, facendo in modo che il classicismo si sovrapponga alla sovversione e che quest’ultima venga a sua volta occultata dall’umanità disperata, dall’amore materno e laico, l’unico che avvicina gli esseri mortali alla santità.

The New Pope come finisce?

The New Pope - Jude Law - cinematographe.it

L’allegoria con la Pietà michelangiolesca ricorre anche nel nono e ultimo episodio in cui la figura di Papa Pio XIII si pone come anello di congiunzione col finale di The Young Pope. Dopo essersi risvegliato alla fine del settimo episodio, Jude Law torna ufficialmente in scena nelle ultime due puntate, prima manifestando il suo delirio di santità, poi palesandosi al mondo intero attraverso la visita a Ventotene (dove un gruppo di presunti terroristi tiene in ostaggio dei bambini) e infine ricongiungendosi con la folla, finalmente e nuovamente nelle vesti papali. Affacciato alla terrazza dell’Angelus Pio XIII si mette a nudo, ricongiunge la sua politica a quella di Giovanni Paolo III e infine decide di scendere in piazza San Pietro per abbracciare i fedeli uno ad uno. A un certo punto la sua personalità divina prende in prestito il fare da rockstar col quale abbiamo identificato Brannox e, proprio come in un concerto, il Papa viene sollevato dalla folla, che se lo passa di mano in mano dirottando il suo corpo verso l’ingresso della Basilica e la nostra mente verso un mondo muto, irreale, forse persino ultraterreno. Con le braccia spalancate e i piedi uniti, come su una croce, Pio XIII finisce per raggiungere l’ingresso del Vaticano, dove il suo corpo viene ereditato da alcune suore, le quali non fanno altro che deporlo sull’altare in una posa plastica, una posa da Pietà, in un quadro che fa eco all’opera del Buonarroti.

Chi è Lenny Belardo? Santo, impostore, anticristo: tutte le anime del Pio XIII di Jude Law

Un quadro che fa pensare e insinua il dubbio. Ciò che vedremo di seguito ci farà capire che Pio XIII è morto e forse, stavolta, davvero. La sua anima ha trovato la pace proprio come il Cristo che la sua posa emula. Ma una sola immagine potrebbe non bastare a schiarire le idee di chi, durate la sua degenza in ospedale, si è posto mille domande, e non ha smesso nonostante il suo risveglio dal coma. Chi è dunque il Papa giovane che tutti hanno amato e che continuano a venerare e idolatrare?
C’è un momento in cui neanche lo stesso Lenny sa chi è e per questo se lo domanda pubblicamente durante l’Angelus, in cui ammette con tenerezza il suo limite di conoscenza. Se davanti al suo cardiologo – il dottor Lindegard (Ulrich Thomsen) – e alla moglie Ewa aveva detto di non essere un santo e di non essere risorto come Cristo, davanti alla folla ammette il suo limite di non conoscenza:

Da quando sono tornato, vi siete posti mille domande. È il Padre o il figlio? È Dio o lo Spirito Santo? È un uomo o è Gesù? Si è svegliato o è risorto? È un santo o un impostore? È Cristo o l’Anticristo? È vivo o morto?

Mille domande a cui nessuno è in grado di rispondere. Interrogativi la cui bellezza risiede nel mistero che custodiscono e che rimanda unicamente a Dio. Che il Papa si sia risvegliato da uno stato comatoso giudicato dal punto di vista medico irreversibile è un dato di fatto, anche se egli si ostina a ricollocare tutto sotto la cupola delle coincidenze. Certamente il personaggio interpretato da Jude Law ha un grandissimo carisma, un savoir faire in grado di affascinare e avvicinare e, non per ultimo, di risolvere i dilemmi che intercorrono nella classe ecclesiastica, dalla pedofilia alla sessualità fino ai diritti e ai doveri differenti tra uomini e donne di fede. Chi sia davvero quindi non ci è dato sapere, ma nella realtà parallela creata da Sorrentino resta certamente uno dei papi più amati di sempre: un mix tra tutti i vescovi di Roma più stimati.

John Malkovich e il suo John Brannox fatto di fragile porcellana

The New Pope - John Malkovich 4 - cinematographe.it

Ma facciamo un passo indietro, poiché in The New Pope anche altre personalità vengono messe in risalto, prendono forma o mutano rispetto a come le avevamo conosciute. È bene partire dall’identità del nuovo papa John Brannox (John Malkovich), che già dal primo incontro riserva un’aria di mistero e stimola curiosità. Innanzitutto per il suo modo esteriore di essere, ma anche e soprattutto per quest’aura di fragilità che invade ogni angolo del suo carattere; tutti quei sensi di colpa, le bugie, i rancori e i complessi d’inferiorità si bilanciano con la sua spiccata intelligenza, con la dolcezza e la sete di potere, nonché con un passato trasgressivo che lo alleggerisce dei fronzoli papali per restituirlo in tutta la sua leggiadra e artificiosa umanità.

Giovanni Paolo III, lo stesso che dipende dalla cocaina, quello che si innamora di Sofia Dubois (Cécile de France), quello che piange la morte del fratello ma ne deruba al contempo il pensiero, è un elogio della fragilità. Per lui il risveglio di Pio XIII equivale a una liberazione, un pretesto per essere ciò che realmente è ed è sempre stato, per scrollarsi di dosso il peso di una croce fatta di regole, giochi d’astuzia e potere, andate in scena. Il suo ritorno a casa, nell’immensa villa in cui lo abbiamo conosciuto per la prima volta, rappresenta un ritorno nel grembo materno, una rinascita spirituale che lo avvicina ai suoi bisogni umani, compreso quello di essere semplicemente e finalmente amato.

In queste due personalità papali Sorrentino pone allora i limiti estremi tra divinità, rappresentata da Pio XIII, e umanità, personificata da Giovanni Paolo III. La conclusione non poteva che risiedere in un Papa “normale”, uno di quelli che potremmo realmente trovare la domenica mattina a predicare ai fedeli, in TV, sui giornali e, certo, anche stampato sui gadget che si vendono nella Città Eterna. E questo volto così banale (nel senso buono del termine!) lo si trova in Silvio Orlando alias Cardinale Angelo Voiello, l’uomo dietro le quinte che in queste due stagioni ha dimostrato di avere una compassione inaspettata, una furbizia acuta, un’abilità da giocatore di scacchi e una conoscenza capillare del mondo, fuori e dentro le mura del Vaticano.

The New Pope 2 ci sarà? La parabola di Angelo Voiello (Silvio Orlando)

The New Pope - Silvio Orlando - cinematographe.it

Giunti a questo punto, e prima di parlare della femminilità che ha avvolto la serie TV Sky, è d’obbligo fare qualche supposizione sul futuro di The New Pope. Ad oggi non si sa se Paolo Sorrentino abbia voglia di tornare in Vaticano. Di certo non potrà contare sulla figura di Jude Law, che ha attratto fin da subito gli spettatori, ma dopotutto nel corso di queste due stagioni è indubbio che il pubblico abbia imparato a fare a meno della presenza di Pio XIII. Eppure c’è un personaggio di cui avremmo sentito la mancanza più di chiunque altro ed è proprio il cardinale Angelo Voiello. Senza l’ironia dell’alter ego di Silvio Orlando nulla avrebbe avuto senso e tanti eventi all’interno di entrambe le stagioni non si sarebbero mai concretizzati. Voiello è arrivato punta di piedi, ha esposto adagio la sua profonda umanità, ha giustificato i suoi errori spiegandone la natura e il bisogno e nei suoi dialoghi con Girolamo ha messo in luce tutta la sua santità e devozione, tutta la sua normalità. Con i suoi discorsi architettati alla perfezione è entrato nella nostra psiche e, passando di fatto per l’antieroe della serie, si è posto inevitabilmente dalla parte di chi ha potere. Già, perché in fondo al pubblico non interessa chi è buono o cattivo, ma chi sa prendere una decisione e portarla fino in fondo, chi è se stesso dall’inizio alla fine, chi ha la forza di affermarsi nel caos di mille personaggi, e così facendo finisce per rintanarsi nella nostra mente.

La domanda che ci faremo a lungo è, dunque: il nuovo papa avrà il definitivo volto di Silvio Orlando? Ma avrà il carisma giusto ed è dotato del necessario margine di evoluzione per caricarsi sulle spalle il peso di un’intera stagione in cui non sarebbe più “l’uomo dietro le quinte” bensì l’uomo al centro dell’attenzione? Staremo a vedere!

Paolo Sorrentino: The New Pope è fragile, attuale, erotica e John Malkovich ha un’ambiguità affascinante

Tuttavia, in merito alla totale assenza di Lenny Belardo, c’è da sottolineare la scena finale di The New Pope, che fa fare un salto nell’hotel di kubrickiana memoria. Il bambino col triciclo che si agita tra le sale del Vaticano (si tratta di Pio, figlio di Esther) non può che ricordare il piccolo Danny in Shining. Se a ciò associamo la capacità del piccolo nota ai più come “luccicanza” potremmo azzardare ipotesi in cui Pio XIII riappare, seppur non in carne e ossa. Ma, come detto, si tratta solo di divagazioni senza fondamento! Certo, sarebbe stato bello se al posto di Voiello avesse trovato i due papi, ma questa è una vecchia storia…

Ultimando la nostra analisi, vale la pena esplorare la dilagante femminilità della serie, in cui persino l’intro dei primi episodi sostituisce la bellezza di Jude Law con la poeticità danzante dei corpi femminili. Corpi di suore, è chiaro. Donne di fede che però rivendicato il diritto ad amare, a farsi sentire e rispettare: una battaglia che la Chiesa dovrebbe intraprendere anche nella realtà. Maggior peso ha anche la figura di Sofia, che esce dall’ombra per acquisire un fascino di gran lunga maggiore.