Messiah: analisi e spiegazione della serie TV Netflix

Chi è il Messiah? L’analisi del finale della stagione della serie Netflix, che offre delle risposte parziali alle domande poste inizialmente

Messiah è la serie televisiva originale Netflix che racconta la comparsa di un sedicente nuovo profeta di Dio in Terra e delle conseguenze che questo avvenimento ha sulla società globale, sul mondo politico e sui gruppi religiosi sia occidentali sia orientali. Sulla figura, comparsa in Siria e giunta negli Stati Uniti, indaga la Cia, temendo si tratti di un pericoloso terrorista internazionale di una nuova fazione integralista simile ad Al Qaeda.

Lo show creato da Michael Petroni e diretto da James McTeigue porta avanti contemporaneamente diversi fili narrativi, con una propria autonomia ma che sono accomunati dal coinvolgimento diretto o indiretto della figura di Al-Masih. Queste linee narrative giungono tutte a un compimento, anche se solo in parte completo, nell’episodio conclusivo che fornisce alcune risposte lasciando però alcune domande.

Messiah: recensione della serie TV Netflix

Come finisce Messiah? 

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La serie TV Netflix si conclude con un atto miracoloso che ribalta le rivelazioni mostrateci fino a quel momento ma che non chiarisce l’identità del protagonista in maniera definitiva.
Il decimo e ultimo episodio della prima stagione di Messiah, intitolato La ricompensa del peccato, non risolve completamente la domanda che la serie pone in premessa, ovvero: Al-Masih è davvero il profeta di Dio? ma giunge a delle conclusioni parziali e fornisce vari spunti.

Nella parte finale della serie Al-Masih, che in arabo sta per “il Messia”, viaggia su di un aereo assieme all’ex agente del Mossad Aviram Daham, che è intenzionato a riportarlo in Israele facendolo arrestare, pur sapendo che anche egli stesso verrebbe condannato per aver occultato la registrazione dell’interrogatorio con il presunto profeta. Durante il viaggio l’aereo viene abbattuto da un missile inviato dal governo statunitense che lo fa precipitare in un campo di papaveri rossi nel mezzo del deserto. Qui Aviram si risveglia incontrando il pastore Malik, il quale gli rivela che era morto e un uomo ha resuscitato lui e un’altra persona dallo schianto. Ovviamente ci viene mostrato a seguire che l’uomo dei miracoli è Al-Masih, perfettamente illeso dopo che il velivolo è precipitato. Malik era già comparso nel corso della serie, come un bambino fantasioso che aggiunge alla realtà dei fatti elementi da lui inventati, ma – nel frattempo cresciuto – lo troviamo come testimone di un apparente miracolo al quale stentiamo a non credere, date le evidenze che ci vengono messe davanti agli occhi.

La presenza di mosche ronzanti attorno ad Aviram e il suo colorito estremamente pallido suggeriscono che il miracolo della sua resurrezione sia effettivamente avvenuto e la figura perfettamente in salute e priva di lesioni di Al-Masih dà di quest’ultimo un’immagine ultraterrena. L’episodio chiude la stagione con questa dinamica, con Aviram che si inchina a baciare la mano di Al-Masih che scruta l’orizzonte con uno sguardo cupo che potrebbe suggerire futuri sviluppi inquietanti, senza un ulteriore dialogo tra i due personaggi, e quindi lasciandoci con un dubbio finale e una situazione che capovolge le precedenti rivelazioni fatta dall’agente della Cia Eva Geller.

Nella fase anticipatoria del finale di Messiah vengono svelate le origini terrene di Payam Golshiri

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Negli sviluppi precedenti alla conclusione, l’indagine su Al-Masih aveva portato l’opinione pubblica a conoscenza del fatto che si trattasse di un uomo nato sulla Terra di nome Payam Golshiri, allevato assieme al fratello Adar dal nonno prestigiatore che avrebbe insegnato loro a realizzare trucchi e truffe per sopravvivere in un villaggio iraniano, fatti confermati da Adar e non smentiti dallo stesso Al-Masih. In seguito Payam aveva frequentato il Williams College di Boston dove ha conosciuto e stretto un rapporto confidenziale col cyber-terrorista anarchico Oscar Wallace che, contattato dalla Gellar, conclude la telefonata con un misterioso “tra i due quello pericoloso non sono io” e “è stato un piacere servire la sua causa”, come a lasciar intendere che Payam sia mosso da intenti eversivi, congeniali all’idea di un nuovo ordine mondiale profetizzato da Wallace. Inoltre nel progredire della storia emergono diversi elementi che fanno riferimenti ad una malattia mentale del protagonista, il quale sarebbe stato anche in cura presso una struttura per la sanità mentale, avendo sviluppato il cosiddetto “complesso del messia”, ovvero un disturbo narcisistico della personalità, caratterizzato da forte egocentrismo, empatia verso altri individui e bisogno d’attenzione e ammirazione costante.

Il finale, col presunto miracolo della resurrezione, crea però una divergenza con l’ipotesi terrena e la natura truffaldina fin a quel momento emersa, ricostituendo la dimensione divina di Al-Masih. La chiusura di stagione gioca su questa antitesi, lasciando un dubbio conclusivo che potrà trovare una risposta netta solo in un’ipotetica seconda stagione.

Al-Masih potrebbe rappresentare in realtà l’Anticristo che si dovrà confrontare con il vero Messia incarnato da Jibril Hassan

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Lo sviluppo e il nome con cui i seguaci chiamano Payam, fanno emergere una possibile ulteriore lettura della sua figura. Nell’escatologia islamica Al-Masih Al Dajjal è una figura assimilabile all’Anticristo, destinata a governare il mondo prima del giorno del Giudizio e la traduzione di Dajjal sarebbe “mentitore”. Nella serie non si fa mai riferimento al protagonista con questo nome per esteso, ma l’assonanza è forte e rilevante, dando così al profeta un profilo oscuro che ne farebbe non più l’incarnazione della seconda Venuta di Cristo sulla Terra, ma un antagonista di Cristo stesso. Al-Masih nel corso degli episodi ha sicuramente un atteggiamento persuasivo nei confronti delle masse, si potrebbe pensare quasi tentatore nel far credere a qualcosa di nuovo e ignoto, e pare poter predire o causare eventi atmosferici come la tempesta di sabbia a Damasco, il tornado in Texas e l’alluvione in Florida.

Tuttavia questi episodi contribuiscono ad accrescerne l’aura di mistero senza confermarne o smentirne la reale natura. Un ulteriore indizio a favore di questa lettura viene dato dalla vicenda di Rebecca, la figlia del pastore americano la cui Chiesa viene salvata da Al-Masih, ma che sarà bruciata nel finale dallo stesso pastore sconfortato dalla notizia diffusa dalla CNN in merito all’identità del profeta. Quest’ultimo sembra vedere in lei una pedina importante del suo disegno futuro, affidandole il compito di parlare per suo conto ad una trasmissione televisiva religiosa condotta da suo nonno, dove afferma – in preda ad un attacco epilettico -che “Al-Masih è l’occhio… l’occhio della tempesta“, inducendo così a far riferimento alla figura del Dajjal che secondo la dottrina islamica ha un occhio solo.

Qualora egli sia l’Anticristo diviene però spontaneo domandarsi dove sia la figura del Cristo all’interno della narrazione di Messiah. Questa potrebbe trovare la sua incarnazione nel giovane profugo palestinese Jibril Hassan, inizialmente seguace di Al-Masih quando questo conduce duemila palestinesi dalla Siria al confine con Israele per riportarli alla loro terra natia. In seguito la vicenda del giovane evolve in un vero e proprio calvario, ribellandosi pacificamente ai soldati israeliani, nudo e disidratato, riuscendo ad entrare in Terra Santa e a guadagnare un seguito notevole, fino al suo quasi martirio nella moschea di Ramallah – mentre sta parlando per la prima volta a una moltitudine di fedeli – dove il suo amico d’infanzia Samir, sedotto dal fondamentalismo, si fa esplodere causando innumerevoli morti e feriti. Jibril però sopravvive miracolosamente nonostante si trovasse a pochi passi dalla bomba e mentre viene portato in salvo dai soccorsi prende la mano di un cadavere in un gesto che potrebbe essere assimilato a quello di una divinità, con la regia che però mantiene il mistero non mostrando se la persona viene resuscitata o meno.

Il montaggio alternato e la maniera in cui viene sviluppata la narrazione sembrano mettere in contrapposizione la figura di Al-Masih e Jibril, lasciandoci però una mera intuizione più che una vera e propria rivelazione. Inoltre nelle battute iniziali della serie durante una conversazione con la madre Jibril chiede quale sia il piano di Dio per lui e questa gli risponde che “lo rivelerà quando sarai pronto”, facendo presupporre che al giovane palestinese possa essere affidata una missione davvero importante.

Messiah risolve alcune questioni iniziali ma necessita di una seconda stagione

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Oltre al dilemma sulla natura del protagonista restano aperte le sorti di Jabril, di Aviram con i suoi guai con l’intelligence israeliano, la vicenda personale di Eva Geller che abbiamo scoperto essere soggetta ad aborti spontanei e forse malata gravemente, le conseguenze personali e familiari della delusione sull’identità presunta del Messia da parte del pastore Felix e il futuro di Rebecca nei piani di Al-Masih; sembra invece definitivamente conclusa con la morte della figlia Nicole Rose – contestuale all’uscita dagli States di Al-Masih – la vicenda della madre Staci che credeva nelle possibili cure del profeta. Molti sono dunque gli stimoli offerti dalla serie di Michael Petroni e molte sono le questioni che vengono poste, ma perché tutti i fili vengano tirati definitivamente non si può far a meno di attendere un’auspicabile seconda stagione, che completi quanto avviato nella prima parte, sciogliendo il dubbio finale sull’identità di Al-Masih e Jibril e ci mostri i destini conclusivi di tutti i personaggi che compongono le diverse linee narrative dello show.

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