The Manor: recensione dell’horror su Amazon Prime Video

Fa più paura un'ombra sconosciuta nella notte, o un corpo che invecchia? The Manor, horror disponibile su Prime Video dall'8 ottobre 2021 con Barbara Hershey protagonista, ha le idee giuste ma fatica a fare centro.

Ci sono demoni e demoni. E almeno questo va riconosciuto a The Manor, horror diretto da Axelle Carolyn e disponibile su Amazon Prime Video dall’8 ottobre 2021, cioè di aver colto il nocciolo del problema con limpidezza. Esistono infatti verità umane, esistenziali a essere precisi, ineludibili e parecchio democratiche. Che risultano in fin dei conti molto più incisive e inquietanti di qualsiasi svolazzo soprannaturale, vero o presunto che sia. Insomma, invecchiare è una vera schifezza.

Peccato, che al di là di una buona premessa e di una protagonista convincente il film non riesca ad andare. Placido e ingolfato il ritmo, trattenuta l’emozione, per la verità un po’ prevedibile lo schema narrativo. Lo scheletro di un bello spavento, manca la carne viva del genere (horror), al meglio delle sue possibilità.

Una gotica casa di cura, ombre demoniache e poca ambiguità

The Manor cinematographe.it

Barbara Hershey interpreta Judith, una donna sulla settantina colpita da un ictus. A dispetto di un carattere frizzantino e di un’indisponibilità a chinare il capo di fronte all’autorità, la donna affronta la cosa recludendosi in una casa di cura, gotica nell’arredo e ancor più nello spirito. Judith teme più di tutto il decadimento del corpo e della mente e, nonostante lo slancio di una vitalità notevole, sceglie di nascondersi per risparmiare l’impietoso finale a chi gli sta a cuore. In primis al nipote Nicholas Alexander, il legame fra i due è fortissimo. Poi anche alla figlia Katie A. Keane, che alla madre non perdona la vicinanza col nipote, cresciuta esponenzialemente dopo la morte del padre del ragazzo.

Insomma, un po’ di confusione. La struttura ha regole ferree e un’atmosfera cupa e deprimente, e a nulla serve l’amicizia con alcuni “ospiti” inusualmente su di giri tra cui spicca il suadente e onnipresente Bruce Davison. Judith è infelice, e sospettosa. Un presentimento che matura e si irrobustisce di ora in ora colora il soggiorno della donna di tinte paurose e imprevedibili. Un’oscura presenza, maligna e demoniaca, si aggira per la residenza per ghermire le fragili e anziane anime che la popolano? Qui sta il primo problema. The Manor gioca le sue carte in maniera tutto sommato prevedibile, costruendo una pretesa di suspense sul dubbio amletico che smuove la coscienza dello spettatore in qualsiasi lavoro di genere che si rispetti. Riassumibile nell’eterno interrogativo, leggermente adattato al caso in esame: ma Judith, c’è o ci fa?

Il film si limita a raschiare la superficie; un conto è l’illusione partorita da una mente alla deriva, un conto è un’orribile e demoniaca verità. Quale sponda il film scelga non va rivelato in questa sede. Il conflitto tra realtà e apparenza è fiacco, manca del tutto quell’ironica ambiguità che tanto ha giovato a classici del genere come, esempio forse insostenibile ma azzeccato, Rosemary’s Baby. La diabolica (!) astuzia di Roman Polanski fu di disegnare la storia di una donna che partorisce l’Anticristo mostrando solo e soltanto il punto di vista di lei, rifiutandosi di chiarire una volta per tutte se quello che capitava alla protagonista fosse reale, o il frutto di un’emotività scossa dalle pressioni della maternità e della vita coniugale. Ecco, The Manor lavora sul crinale dello stesso equivoco, ma allo stesso tempo non ha la forza insinuante necessaria a tenerlo in vita.

The Manor: horror della terza età, ma senza slancio

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C’è un fantasma che si muove funesto alle spalle dei personaggi e, disgraziatamente, di ciascuno di noi. Lo spettro della vecchiaia e della morte, della decadenza, lo spirito dell’effimero. Ribellarsi è una certezza, restano da chiarire le modalità. The Manor è un horror dal cuore umano e dal volto dolente. L’ottavo capitolo della serie antologica Welcome To The Blumhouse, offerta dall’omonima casa di produzione americana. C’è la novità, anagrafica, del matrimonio tra orrore e terza età. Una popolazione che il genere di solito trascura, limitandosi a servirsene come carne da macello e poco più. Barbara Hershey è una più che degna protagonista. Ha carisma, tiene il film in mano senza sparire mai dall’inquadratura, non annoia e si muove leggera e strafottente.

Peccato che il film non riesca a starle dietro. Il ritmo è zoppicante; alla regia di Axelle Carolyn manca in questo frangente l’istinto necessario per organizzare al meglio la dialettica tra realtà e illusione, e la sagacia necessaria a caricare di contenuto gli spunti e le idee sparpagliate lungo il corpo del racconto. Nel complesso, The Manor è un’occasione mancata. Poteva accostare all’orrore di un’ombra sconosciuta alla finestra l’inquietudine di un volto che invecchia, ma il colpo si avverte solo superficialmente.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.3