Risvegli: recensione del film con Robert De Niro

Tratto dagli scritti di Oliver Sacks, Risvegli racconta la malattia e lancia un messaggio di umanità che arriva allo spettatore grazie a un esemplare Robert De Niro.

L’anamnesi è il racconto della malattia senza il malato. Una drammaturgia medica priva di volti. La più diffusa in ambito clinico. A questa Oliver Sacks contrapponeva una “neurologia dell’identità”, invitando a ritrovare nel degente un essere umano. Quando in Risvegli Robert De Niro, nel ruolo di Leonard, un paziente riportato alla normalità dopo anni di catatonia, ricorda ai Dottori di essere “una persona” e non “una cosa”, capiamo di ritrovarci in questo solco. E infatti il film di Penny Marshall è tratto dall’omonimo racconto di Sacks. Un film che anche quando parla di un insuccesso medico, lo fa sottolineando  l’aspetto del traguardo umano. La riscoperta del paziente. Il messaggio è chiaro, didascalico solo su un finale forse poco fiducioso nei suoi spettatori. Anche se una visita in centri di cura affini a quello di Risvegli ci rivela il perché di questa diffidenza.

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Robin Williams è il Dottor Sayer. Arrivato nel 1969 al Bainbridge Hospital per un lavoro da ricercatore nel laboratorio di neurologia, si riscoprirà neurologo clinico. Per la prima volta deve occuparsi di persone, “come un dottore-dottore”. La differenza è significativa. Nei cinque anni precedenti ha compiuto lavori di ricerca del tutto diversi. “Dovevo estrarre un decigrammo di mielina da quattro tonnellate di lombrichi” racconta nei primi minuti di Risvegli. Quest’esperienza, che dovrebbe comunicarci l’inadeguatezza di Sayer al ruolo, è la perfetta parabola del film. Riferisce di “un lavoro immenso”, condotto in totale solitudine. Era “l’unico che ci credesse“, perché “gli altri  dicevano che non si poteva fare“. In effetti, “non si poteva fare” lo smorza il primario del Bainbridge. Ma “io l’ho dimostrato“, risponde lui fiero.

Per quel poco che Risvegli riguarda la scienza, se ne interessa per l’importanza dei suoi insuccessi. Il farmaco L-Dopa che Sayer somministra ai pazienti sembra dare risultati miracolosi. Il primo atto del film, tratto da una storia vera, ha dello sconcertante. Nell’estate del ’69 una decina di pazienti in uno stato di “morte apparente” vengono “riportati indietro”. La sala comune, solitamente abitata da “statue”, si anima di uomini e donne tornate alla normalità. In una delle scene più toccanti il gruppo viene persino portato a ballare. La malattia torna però a fare capolino, concedendo alla storia solo una parentesi (quasi) felice entro cui leggere moniti significativi.

Risvegli: un film costruito su Robert De Niro

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Robert De Niro guida con ineccepibile rispetto un percorso sinusoidale. All’ebrezza del primo risveglio seguono momenti toccanti. Penny Marshall li rimarca con eccessiva foga, accompagnando la scrittura di Sacks con slanci umani che poco aggiungo alla comprensione della vicenda. In particolar modo le note di Randy Newman, delicate e dimesse, sono cosparse lungo il film alla ricerca di un’ulteriore sensibilità. Eppure, nel rapporto De Niro-Williams c’è già tutto quello che serve a commuovere. Si instaura tra i due, in un passaggio di confine tra l’emozione del primo momento e la commozione dell’ultimo, una sorta di imitazione. Addormentatosi accanto al letto del paziente, il corpo del Dottor Sayer sembra ripiegare in un ghigno muscolare simile a quello della malattia. La sedia a rotelle su cui siede lo avvicina ai sintomi. Per questo Leonard, primo paziente apparentemente guarito dal nuovo medicinale, prega i Dottori di lasciarlo andare via da quel luogo di malattia.

La difficoltà dei Risvegli

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Nei suoi momenti migliori, Risvegli cerca di capire cosa resti della vita quando si è rigettati nel mondo. Dopo essersi guardata allo specchio una donna chiede del trucco. La speranza di riparare i danni di un tempo trascorso a propria insaputa. Robin Williams fa da sponda a questi piccoli universi umani indipendenti tra loro. Ciò che infatti il rapporto tra Leonard e il Dottore vuole trasmetterci è l’unicità delle relazioni. Mentre la coppia è indiscutibilmente il centro privilegiato della vicenda, lo sfondo si popola di reazioni differenti. L’etichetta unificante della malattia viene sfogliata nella sue diverse applicazioni. Il vissuto di ogni singolo paziente cambia la reazione al risveglio, oltre che essere proposto come punto d’origine per la cura. Quando infatti cercano di stimolare con la musica un gruppo di catatonici si scopre che ognuno reagisce a seconda del legame con il genere suonato.

Nel prolisso elenco di film dedicati alla malattia, Risvegli chiama a sé lo spettatore grazie a un cast all’altezza della sfida. Tra De Niro-Williams trova spazio persino un cammeo di Max von Sydow. La scrittura di Oliver Sacks acquista così dei volti, e rivela, una volta in più, che nell’anonimato della malattia si celano universi da raccontare.

Regia - 2
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 4.5
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.3