Dal cinema alla realtà: il cannibalismo ieri e oggi

L’uscita nelle sale del controverso The Green Inferno di Eli Roth ha riportato in auge un genere che non veniva affrontato da tempo, ovvero quello del cannibal movie, in cui l’Italia in passato ha primeggiato grazie alle opere di grandi artigiani della settima arte come Ruggero Deodato (Cannibal Holocaust, Ultimo mondo cannibale), Umberto Lenzi (Mangiati vivi!Cannibal Ferox) e Sergio Martino (La montagna del dio cannibale), non a caso ringraziati espressamente dallo stesso Roth nei titoli di coda della sua ultima opera. Spinti dall’onda emotiva del film e dalla voglia di verificare se quanto portato su schermo sia credibile al giorno d’oggi, abbiamo quindi deciso di fare una piccola ricerca sul cannibalismo e sulla sua attualità, che ha portato a risultati abbastanza sorprendenti.

Si consiglia alle persone facilmente impressionabili di non proseguire oltre nella lettura di questo articolo. Per tutti gli altri, #BonApetit!

Le origini del cannibalismo
La definizione di cannibalismo

Non c’è un modo piacevole per descriverlo: il cannibalismo consiste nel cibarsi dei propri simili. Nonostante sia una pratica disgustosa e detestabile, viene eseguita da diverse specie animali: è noto il caso della mantide religiosa, solita divorare il proprio partner dopo l’accoppiamento, ma anche animali generalmente considerati addomesticabili come i criceti e alcune specie di pesci e uccelli possono arrivare a mangiare i loro simili, addirittura loro consanguinei, perchè ritenuti imperfetti o semplicemente per fare prevalere la cinica e crudele legge del più forte, rinforzandosi ai danni di creature più deboli. L’essere umano invece ha spesso praticato il cannibalismo fin dagli albori della specie per motivi più irrazionali e slegati alla mera necessità di sopravvivere, come il desiderio di una setta o di una tribù di assecondare uno specifico rituale religioso o la falsa credenza di acquisire specifiche abilità di un nemico cibandosi del suo corpo. È proprio su questa specifica tipologia, detta anche cannibalismo rituale, affrontata solitamente nei cannibal movie, che abbiamo deciso di concentrare il nostro articolo, ignorando volutamente i casi di cannibalismo praticato per necessità, come quello di uomini costretti a cibarsi dei loro simili per mancanza di altri viveri (come avviene per esempio in Alive – Sopravvissuti) o per un particolare disturbo mentale di specifiche persone, ad esempio nel caso di serial killer reali come Jeffrey Dahmer o, per restare in ambito fittizio e cinematografico, del protagonista de Il silenzio degli innocenti Hannibal Lecter.

Il cannibalismo nel passato

Giovanni da Modena, Inferno (1410), Basilica di San Petronio, Bologna

Il cannibalismo nel passato

Come spesso accade, il termine ‘cannibalismo’ nasce da un’incomprensione, ovvero lo scambio della parola ‘caribe’ (coraggioso), gridata con insistenza a Cristoforo Colombo dagli indiani Arawak al suo arrivo a San Salvador, con ‘canibe’, che l’esploratore genovese utilizzò nei suoi diari di viaggio. Tale termine influenzò anche la narrativa dell’epoca e i viaggiatori successivi a Cristoforo Colombo, che una volta a contatto con le bellicose popolazione primitive cominciarono a utilizzare il termine ‘cannibale’ con l’accezione di “uomo che mangia altri uomini”.
Ma quante e quali erano le popolazioni che praticavano tale atrocità?
Erano parecchie, e stranamente anche lontane e non comunicanti fra loro. Oltre ai già citati indiani d’America, dei quali le cronache del tempo descrivono comportamenti raccapriccianti nei confronti dei colonizzatori, probabilmente gonfiati da questi ultimi in modo da screditare queste popolazioni, si hanno prove certe di cannibalismo da parte delle popolazioni del Sud America (in particolare in Brasile), in Oceania (diverse popolazioni del continente come gli aborigeni australiani, i Maori neozelandesi e i popoli melanesiani), in Africa centrale (dove il popolo Zande si guadagnò il soprannome di Gnam Gnam proprio per le sue macabre usanze) e persino in Asia, ad opera soprattutto di Khmer Rossi e cinesi.

Perché tutto questo?
Il cannibalismo rituale affonda le proprie radici in miti e false credenze. Secondo alcune di queste, mangiare parti del corpo di un altro essere umano permette di guarire da alcune malattie o addirittura di acquisire abilità e doti del morto. Non di rado, il cannibalismo avviene per esorcizzare o punire oltre ogni misura un nemico, come il membro di una tribù rivale, o anche un proprio affiliato reo di tradimento. Difficile tracciare il profilo di rituali precisi, perché le prove a riguardo si basano su testimonianze verbali o scritte, ritrovamenti archeologici e disegni dell’epoca, che danno l’idea di un fenomeno ampiamente diffuso per un lungo periodo di tempo, ma non permettono di essere più specifici. Diverse scene contenute nei cannibal movie sono quindi fedeli a quanto avvenuto in diverse parti del mondo nel passato, mentre per quanto riguarda i nostri giorni il discorso si complica.

Una scena di The Green Inferno di Eli Roth

Esistono ancora i cannibali?

La colonizzazione, la globalizzazione e la crescita culturale dei popoli che praticavano il cannibalismo ha, fortunatamente, quasi cancellato la diffusione di tale pratica. Dico quasi, perchè qualche leggenda non confermata di popoli che praticano ancora il cannibalismo c’è. Secondo una di queste, la setta induista degli Aghori, un gruppo di circa 50 persone stanziate nella regione Varanasi in India, per dimostrare di essersi liberata da ogni preconcetto morale, è solita bere alcool, consumare droga, partecipare ai più bizzarri rapporti sessuali del gruppo; si rende anche protagonista di una serie di azioni aberranti, fra cui mangiare la carne delle persone morte e bere dai loro crani. Un’altra leggenda vuole che in Uganda, paese martoriato da guerre, malattie e povertà, si stia ultimamente diffondendo il cannibalismo, teoria sviscerata anche in questo video:

La storia più sinistra di tutte è però quella che vede protagonista il popolo dei Korowai, un gruppo di poco meno di 3000 persone che abitano in piccole case sugli alberi nella Nuova Guinea. Secondo alcune testimonianze, fra cui quella di un documentario dello show televisivo 60 Minutes del 2006, quando un individuo di questo popolo contrae una malattia fortemente debilitante, la colpa non viene data a qualcosa di scientificamente accurato (e curabile) come un virus o un batterio, ma a uno dei cosiddetti khakua, ovvero un uomo della stessa tribù che sta letteralmente divorando il malato dal suo interno. Se già questo non fosse abbastanza inquietante, quello che viene dopo lo è ancora di più: in punto di morte, il malato sussurra all’orecchio dei propri cari il nome del colpevole, che subito dopo viene ucciso e mangiato dalla famiglia del morto per penitenza. Le ossa del defunto vengono poi battute vigorosamente sugli alberi, per impaurire e allontanare altri eventuali khakua.

Storie create ad arte per spaventare le persone? Voci messe in giro per diffamare un popolo nemico? Invenzioni della carta stampata per vendere qualche copia in più? L’unico modo per conoscere la verità sarebbe recarsi sul posto e verificare di persona, ma, come ci insegnano i cannibal movie, forse a volte è meglio non sapere…

Le recensioni dei cannibal movie presenti su Cinematographe:

Ultimo mondo cannibale (1977) di Ruggero Deodato
Cannibal Holocaust (1979) di Ruggero Deodato
Mangiati vivi! (1980) di Umberto Lenzi
The Green Inferno (2013) di Eli Roth

 

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