Viggo Mortensen su Green Book: “Un film in italiano? Perché no, tutto è possibile!”

Viggo Mortensen ci parla del perchè ha scelto di girare il nuovo film di Peter Farrelly Green Book, vincitore al Toronto International Film Festival.

Viggo Mortensen dà una grandissima prova nel suo ultimo lavoro Green Book, uscito vincitore come miglior film al Toronto International Film Festival. Pellicola che il sorprendente attore americano è venuto a presentare anche alla 13esima edizione della Festa di Roma, dove non solo ha sfoggiato un ottimo italiano, ma ha invitato tutti a considerare il film di Peter Farrelly come una lezione da cui prendere spunto. Un film che potrebbe portare Mortensen agli Oscar e che uscirà nelle nostre sale il 7 febbario 2019.

Quale è stata la motivazione che ti ha spinto ad accettare il ruolo in Green Book?

“Ho letto la sceneggiatura e ha saputo farmi ridere, farmi piangere, e quando mi sono soffermato a pensarci sopra ho capito che si trattava di una grande storia, con una forte densità drammatica e non è facile che nello stesso racconto ci siano tutti questi elementi. Io non sono italiano, ci sarebbero stati molti altri attori italoamericani bravi a poter interpretare la mia parte, ma Peter Farrelly sapeva che avrei potuto farcela perché non avrei reso il personaggio una caricatura, ma me ne sarei preso cura facendo in modo di portare alla luce il suo punto di vista. Ero molto nervoso al riguardo, ma la famiglia Vallelonga – a cui apparteneva Tony Lip – mi ha saputo dare un enorme mano, in più Nick (Vallelonga) è stato tutto il tempo con noi sul set. Quando finivamo la scena e la guardavamo in video mi voltavo verso di lui e se vedevo che stava piangendo allora capivo che era andata bene. Green Book è un film speciale, che ti dice che c’è bisogno di ascoltare e ragionare. È un viaggio in cui se vuoi puoi ridere, se vuoi puoi piangere, ma da cui puoi anche imparare che non bisogna fermarsi alle prime impressioni. Non è una lezione forzata, ma qualcosa che si può condividere.”

Come è stata la direzione di Peter Farrelly, per la prima volta alla regia di un film più impegnato rispetto ai suoi lavori precedenti?

“Una cosa a cui bado come attore e che, per quanto i gusti e le persone possono essere diverse, l’importante è che si riesca a creare un clima di squadra sul set. Al primo giorno delle riprese di Green Book Peter ci ha fatto mettere tutti in cerchio, non solo gli appartenenti al cast, ma anche tutta la troupe. Ci ha detto: “Non fingerò di sapere tutte le cose che ci saranno da fare. Se avete delle idee non abbiate paura di propormele ed io ci rifletterò su.”.  Il suo è stato un approccio all’ascolto che è lo stesso che ricalca quello della recitazione, che comprende il dover ascoltare e poi reagire. Anche Mahershala Ali aveva lo stesso spirito, è un attore tanto bravo quanto generoso e nonostante il lavoro durante le riprese, che poteva risultare noioso se si pensa che sono soltanto due persone che viaggiano in macchina, ha sempre trovato il modo per far funzionare tutto. Questi sono gli attori e i registi con cui si sogna di lavorare.”

Viggo Mortensen: “Green Book è una lezione da cui poter prendere spunto.”

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Ph. Lucia Tedesco

Come ti sei rapportato in relazione al personaggio di Tony Lip, realmente esistito e che tu interpreti?

“Ho dovuto prendere molti chili, ma non è stato spiacevole! Piuttosto è stato difficile perderli durante il corso di quest’anno. In ogni caso, è stato un piacere farlo. Non ho avuto un coach vocale per l’italiano, in fondo un po’ lo parlo e quando sulla sceneggiatura leggevo “Dice qualcosa in italiano” Peter mi diceva “Tranquillo, ci inventeremo qualcosa.”. Poi bisogna capire che gli italiani in America hanno portato diversi dialetti delle loro zone d’origine e la famiglia di Tony veniva dalla Calabria. Poi, dall’incontro di queste due lingue, spesso si è presentato qualcosa del tutto nuovo e inventato. In ogni caso non avevo intenzione di rimarcare come una macchietta il personaggio di Tony, volevo soltanto che la sua natura risultasse fedele a come era stato in vita. Non sono uno di quegli attori psicotici che credono di dover diventare necessariamente “quel” personaggio. Mi sono confrontato molto con la famiglia di Tony, sono stato per la prima volta da loro ad un pranzo organizzato nel loro ristorante e quando ho voluto parlare di Tony mi hanno risposto: “Va bene, ma prima mangiamo.” Mi hanno portato fino a quattro piatti di pasta e quando ho detto che ero pieno hanno pensato che non mi piacesse quello che mi offrivano, così, per non offendere nessuno ho continuato a mangiare.”

Guardando ai tempi che stiamo vivendo, pensi che Green Book sia un film che parla all’oggi?

“Green Book non è un film dei nostri tempi, storie di questo genere sono importanti e lo saranno sempre, dall’inizio alla fine dell’umanità, che probabilmente sarà causata proprio dall’uomo. C’è bisogno di storie utili come questa perché riescano a farci strada sul percorso del progresso. I problemi sono ovunque, non solo in America, ma anche in Italia e in Europa, ci sono potenti da per tutto che non fanno nulla per i temi intorno al razzismo, alla misoginia, alle incomprensioni. E questo perché sono solo interessati al potere e a rimanere i leader. C’è tantissima ignoranza in giro, esisterà sempre e quello che fa più paura è che le autorità fingono di interessarsene o non se ne interessano minimamente. Alla fine l’umanità sono i gesti piccoli e gentili degli sconosciuti, non solo quelli raccontati in Green Book, che è comunque una buona storia, che ti permette di pensare. Ci sono esempi di questo tutti i giorni: se per sbaglio fai cadere la busta della spesa ad una persona o ti scusi subito e aiuti o tiri avanti, sapendo che quel momento non tornerà più. Tante piccole azioni che rendono un paese quello che è. E questo è anche il motivo per cui è importante votare e sapere perché. È come la morte, sai che dovrai morire, ma mica per questo rifiuti di lavarti i denti. Spero solo che questi esempi negativi non influenzino i giovani.”

Ora che parli un perfetto italiano, pensi che potresti mai girare un film qui, magari diretto da un regista nostrano?

“Sarebbe una bella sfida, perché no. Mi è già capitato di recitare in un film con una lingua che non mi appartiene, come il francese. Parlo anche arabo, a questo punto addio film inglesi! Non ho un regista da citare, ce ne sono tanti, ma posso dire che l’altra sera ho incontrato per caso Giuseppe Tornatore ed è un cineasta che amo molto. Chissà, magari potrei far parte di un suo film. Il cinema italiano ha comunque molti ottimi registi, vedremo, tutto è possibile!”