Incanto Film Festival, il racconto degli organizzatori: “Comunità è la parola chiave”

Al termine della terza edizione, le parole di due degli organizzatori del festival pesarese: la fondatrice Rebecca Cervato e Walter de Majo, rappresentate di Anemone Film, da quest'anno parte attiva del progetto

Dal desiderio di creare uno spazio autentico di incontro e di scambio, dove le storie possano respirare e i nuovi sguardi trovare ascolto, nasce Incanto Film Festival, il frutto di un progetto collettivo che unisce passione, competenza e una visione condivisa del cinema come esperienza viva, partecipata, accessibile. Tra i fondatori c’è Rebecca Cervato, che insieme a Matteo Damiani e Stefano Malchiodi ha dato forma, tre anni fa, a un’idea sentita quanto necessaria: restituire dignità e centralità al cortometraggio, spesso relegato ai margini della distribuzione ma ricco di libertà, creatività ed intraprendenza. Accanto a loro, in questa terza edizione, sono scesi in campo anche Alessandro Elia e Walter de Majo di Anemone Film, la casa di produzione che, con entusiasmo e competenza, ha contribuito ad ampliare la portata del festival, rafforzandone la struttura e arricchendone la proposta con nuove sezioni e nuovi autori. Rebecca e Walter, si sono resi disponibili per un lunga ed entusiasmante chiacchierata, animata dal loro spirito d’iniziativa e dalla voglia di condividere. I due organizzatori hanno raccontato un percorso fatto di fiducia, coraggio e costruzione paziente, che vede ogni edizione avanzare nella creazione di una vera e propria comunità del cinema. Assieme a loro abbiamo ripercorso la nascita e la crescita di Incanto, perscrutando l’essenza di un progetto che guarda al futuro partendo dal dialogo, dalla curiosità e da un fervore che continua a rinnovarsi.

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Incanto Film Festival: la sfida, l’entusiasmo, la crescita

Incanto intervista cinematographe.it

Come nasce Incanto Film Festival? Da quali esigenze prende forma?
Rebecca: “Incanto nasce tre anni fa da un’idea mia, di Matteo Damiani e di Stefano Malchiodi. Tutti e tre lavoriamo all’interno dell’industria cinematografica e frequentiamo da anni i festival, che sono luoghi fondamentali di incontro, di dialogo e di scambio. Da lì è nata la voglia di crearne uno nostro, un festival che potesse valorizzare soprattutto i cortometraggi, spesso penalizzati in termini di visibilità rispetto ai lungometraggi.
L’obiettivo era proprio questo: costruire uno spazio dove i corti potessero essere visti, discussi e apprezzati per quello che sono, cioè opere complete a tutti gli effetti. Volevamo che Incanto fosse un punto di incontro tra autori emergenti, pubblico e professionisti del settore, un’occasione di confronto e di crescita per tutti”
.

E come si inserisce in questo percorso Anemone Film? Quando nasce la collaborazione tra voi?
Walter:Anemone Film è arrivata in un secondo momento. Io e Alessandro, i due fondatori, siamo stati invitati lo scorso anno alla seconda edizione di Incanto, come giurati. È stata un’esperienza molto bella, che ci ha permesso di conoscere da vicino il festival e di apprezzarne la qualità e la passione con cui viene organizzato.
Noi avevamo già un rapporto stretto con Stefano Malchiodi, di cui abbiamo prodotto tutti i cortometraggi; quindi, è stato naturale avvicinarci anche a Incanto. Dopo quell’esperienza, abbiamo deciso di collaborare in modo più concreto, soprattutto sul fronte organizzativo e produttivo.
Quest’anno, ad esempio, abbiamo curato la rassegna non competitiva “Next Generation”, realizzata grazie al contributo del MIC e della SIAE con il programma “Per Chi Crea”. È stato un modo per portare all’interno del festival una selezione di nuovi autori e nuovi linguaggi, sostenendone la visibilità
“.

Walter de Majo Incanto Film Festival cinematographe.it

Com’è stato organizzare questa terza edizione insieme? Avete introdotto novità o cambiamenti rispetto agli anni precedenti?
Rebecca:Ogni edizione è un piccolo passo avanti. Quest’anno ci siamo concentrati su due aspetti: da una parte la qualità delle opere selezionate, dall’altra la creazione di un’atmosfera accogliente e partecipata.
Con il supporto di Anemone Film abbiamo potuto rafforzare la parte organizzativa e ampliare la rete di collaborazioni. Abbiamo inserito nuove sezioni, come appunto “Next Generation”, e curato maggiormente l’incontro tra gli autori e il pubblico.
Per noi è importante che Incanto non sia solo un luogo di proiezione, ma anche un’esperienza: chi partecipa deve sentire di entrare in una piccola comunità di persone che amano il cinema
“.
Walter:Sì, direi che la parola chiave è proprio ‘comunità’. Ci teniamo a creare un contesto umano e professionale che permetta agli autori di conoscersi, scambiarsi idee, e magari far nascere nuovi progetti. Quest’anno, ad esempio, abbiamo organizzato una tavola rotonda con i giurati e gli autori, ed è stato bellissimo vedere quanto fosse viva la discussione“.

Qual è la parte più difficile nell’organizzare un festival come Incanto?
Rebecca: “La sfida principale è sempre quella delle risorse. I festival indipendenti si reggono sulla passione e su una rete di persone che credono nel progetto. Ogni anno cerchiamo di migliorare, di trovare nuovi sostegni e di dare continuità al lavoro fatto, ma non è semplice.
C’è poi un aspetto logistico: Incanto nasce e si sviluppa in una regione che non è centrale rispetto all’industria cinematografica, e proprio per questo è importante. Portare il cinema in luoghi che ne sono meno attraversati è una forma di resistenza culturale e una sfida bellissima”
.
Walter:Aggiungo che spesso si sottovaluta quanto sia impegnativo fare rete. Un festival non è solo programmazione, ma relazioni: con gli autori, con le istituzioni, con il pubblico. È un lavoro di costruzione continua, che però ripaga tantissimo quando vedi le persone uscire dalle proiezioni entusiaste o quando un giovane regista ti ringrazia perché il suo corto è stato visto“.

Rebecca Cervato Barbara Ronchi Incanto Film Festival cinematographe.it

Parliamo del rapporto con i cortometraggi. Avete citato più volte la loro importanza: secondo voi, qual è oggi il valore del corto nel panorama cinematografico italiano?
Rebecca:Il cortometraggio è una forma di espressione completa, non minore. È come il racconto rispetto al romanzo: breve, ma non per questo meno denso o meno importante.
Oggi più che mai credo che i corti siano fondamentali perché permettono agli autori di sperimentare, di rischiare, di trovare un linguaggio personale senza dover sottostare a logiche di mercato. Incanto nasce proprio per difendere questa libertà creativa
“.
Walter:Concordo. Il corto è il terreno più fertile del cinema, quello in cui si formano le nuove generazioni di autori, registi, direttori della fotografia, montatori. Spesso è anche il luogo in cui si mantengono vive le idee più pure, perché non c’è l’obbligo di “funzionare” commercialmente.
Per questo crediamo che un festival di cortometraggi debba essere un laboratorio, più che una vetrina
“.

In effetti è un approccio molto diverso da quello competitivo. A tal proposito: quanto conta, secondo voi, la competizione in un festival come Incanto?
Rebecca:La competizione è inevitabile, ma non deve essere l’unico motore. Il premio serve come riconoscimento, ma ciò che conta davvero è la possibilità di mostrare il proprio lavoro, di confrontarsi con il pubblico e con altri autori.
Cerchiamo sempre di mantenere lo spirito del dialogo e di evitare che il concorso diventi una gara fine a sé stessa
“.
Walter:Esatto. L’idea è che il premio sia un punto di partenza, non di arrivo. Quello che ci interessa è creare uno spazio dove i film vengano visti e discussi. La qualità nasce dallo scambio, non dalla competizione“.

Ospiti Incanto Film Festival cinematographe.it

E dal punto di vista organizzativo, com’è andata questa edizione? Avete avuto una buona risposta di pubblico?
Rebecca:Sì, siamo molto soddisfatti. Il pubblico è cresciuto tanto rispetto agli anni precedenti. C’è stato un interesse reale, non solo da parte degli addetti ai lavori ma anche di persone comuni, curiose di scoprire nuovi film e nuovi linguaggi.
Anche gli ospiti sono stati molto partecipi: abbiamo avuto incontri bellissimi, e la serata finale è stata davvero emozionante
“.
Walter:È stato bello anche vedere come molti autori siano rimasti per tutta la durata del festival, non solo per la proiezione del proprio corto. Questo significa che si è creato un senso di appartenenza, e per noi è la cosa più importante“.

Dicevate prima che Incanto è nato, in parte, dal desiderio di creare una comunità e di fare rete. Emanuela Bruschi di Allegoricae ci ha parlato di un rapporto di collaborazione tra voi e loro; cosa puoi dirci a riguardo?
Rebecca:Sì, esatto. Siamo parte della stessa associazione. Emanuela è la presidente. È nato tutto in modo molto naturale: ci siamo conosciuti quando li ho invitati a Incanto l’anno scorso per moderare alcuni incontri. Parlando, ci siamo resi conto che entrambi avevamo bisogno di costituire un’associazione – noi per poter partecipare ai bandi locali, loro per le loro attività – così abbiamo deciso di unirci.
Insieme organizziamo anche un altro festival, che si chiama GOGA.

E per quanto riguarda gli ospiti e i giurati di quest’anno – di altissima caratura – come li avete trovati? E’ stato fondamentale il supporto di Anemone Film o li avete trovati tramite vostri contatti personali?
Rebecca:Un po’ e un po’. Alcuni, come Daria e Antonio, o Barbara Ronchi, sono arrivati tramite le nostre conoscenze dirette. Ma il grande contributo di Anemone Film è stato proprio quello di facilitare il dialogo con tanti altri professionisti. Di festival ce ne sono molti, ma alla fine vince sempre chi persevera, chi continua a crederci e a cercare, chi osa. Molti dicevano: «Ma figurati se risponde» E invece, spesso basta scrivere, provarci, sentirsi legittimati a chiedere. A volte serve anche un pizzico di coraggio.
Abbiamo gusti simili a quelli di Anemone, anche se loro sono più autoriali e noi forse un po’ più narrativi. L’idea del nome Incanto, per esempio, nasce anche da un film di Pupi Avati, ‘Una gita scolastica’, dove c’è una scena meravigliosa che rappresenta proprio quello spirito di stupore che cerchiamo nel festival. Curiosamente, quest’anno a Venezia c’era un documentario su Avati che si chiamava proprio Incanto.

Incanto Film Festival cinematographe.it

Parlando di selezione: vi occupate voi in prima persona della scelta dei corti?
Rebecca:Sì, sì. In realtà la selezione principale la fa Matteo Damiani, che quest’anno ne ha guardati più di trecento. Le iscrizioni restano aperte per un periodo relativamente breve, ma riceviamo moltissimi lavori. E ovviamente, come sempre, si discute sulle quote d’iscrizione: troppo alte, troppo basse… non si trova mai l’accordo perfetto.
Comunque cerchiamo di organizzarci in modo da non arrivare all’ultimo: guardiamo i film man mano, così quando chiudiamo le iscrizioni – di solito un mese o un mese e mezzo prima – abbiamo già una classifica di massima. Quest’anno abbiamo chiuso tra fine luglio e inizio agosto, ma già da giugno avevamo le idee abbastanza chiare.
Anemone ci ha aiutato molto anche in questo, dando uno sguardo più ampio, più consapevole del panorama, anche in relazione a festival come Venezia.

E il periodo del festival lo avete scelto in base a un criterio preciso?
Rebecca: “Sì, diciamo che cerchiamo di posizionarci tra Venezia e Roma. Ma il primo fattore che guida la scelta è sempre la location: abbiamo a disposizione il Teatro Sperimentale che ha una stagione di prosa molto attiva, quindi dobbiamo incastrarci con il loro calendario. Poi ci piace l’idea di mantenere un’atmosfera conviviale e d’inverno le persone escono meno volentieri.
Detto questo, io sono l’unica che vorrebbe farlo d’inverno, magari sotto Natale! Sarebbe un’occasione speciale, con un’atmosfera diversa, quasi di bilancio di fine anno.
Bisogna sempre conciliare tante cose: la disponibilità della location, gli impegni degli ospiti, la stagione.
E poi Pesaro non è proprio dietro l’angolo: molti vengono apposta in giornata, anche se in macchina è più comodo che in treno. Però quando scoprono che siamo sul mare, si lasciano convincere facilmente!

Voi siete tutti di Pesaro?
Rebecca: “Non proprio. In realtà, tre o quattro anni fa, avevamo organizzato una piccola rassegna a Urbino. Era un periodo in cui avevamo un po’ più di tempo libero e volevamo iniziare da qualcosa di piccolo. Abbiamo proiettato i nostri corti e quelli di altri amici, in un cinema locale, e l’iniziativa era andata benissimo: sala piena, grande entusiasmo.
Da lì ci è venuta voglia di proseguire, ma Urbino è complicata da raggiungere – non ha la stazione – quindi abbiamo spostato tutto su Pesaro, che è più accessibile.
In realtà mi piacerebbe tornare un giorno nell’entroterra, perché ha un fascino tutto suo, ma logisticamente è molto complesso. E poi noi, durante il giorno, facciamo altri lavori: sarebbe difficile gestire un festival itinerante
“.

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