Cosa c’è di sbagliato in Monster? La pornografia del dolore nel genere true crime

La nuova stagione di Monster dedicata a Ed Gein miscela orrore ed empatia, ma ricade nell'errore tipico della produzione di Murphy che gioca con la nostra sensibilità e con la pornografia del dolore.

Negli ultimi anni, l’interesse per il true crime si è intensificato sempre di più diventando una vera e propria fetta nell’industria cinematografica estremamente redditizia. Non stupisce quindi che i programmi che trattano di true crime si siano spostati dalla tv via cavo e dai libri alle piattaforme streaming che hanno colto la palla al balzo, proponendo serie tv e documentari sempre più estremi. Si è sempre alla ricerca del caso più macabro, del serial killer più crudele, della vittima che ha avuto il destino peggiore, spesso puntando ad una narrazione sensazionalistica. Non stupisce, ma non dovrebbe nemmeno andarci bene.
La (per ora) trilogia di Ryan Murphy Monster ne è l’esempio più attuale e lampante e lo è soprattutto l’ultima stagione dedicata a Ed Gein. Murphy, sceneggiatore e produttore tra i più famosi degli ultimi anni, è tra i primi che ha saputo trasformare storie horror in vere antologie partendo da storie di finzione con degli accenni e citazioni a fatti reali fino ad arrivare alla prima fortunata stagione di Monster dedicata a Jeffrey Dahmer che ha fatto parlar di sé sia per l’ottima messa in scena, ma anche per il modo atipico con cui il killer è stato presentato. Nel cinema non esiste un punto di vista neutro ed essendo un ottimo storyteller, Murphy lo sa molto bene.

Ed Gein nella cultura pop

La romanticizzazione del male. Cinematographe.it

Ed Gein è stato uno dei serial killer più efferati della storia, ricordato non solo per il numero di vittime o per il modus operandi, ma anche per le sue visite notturne al cimitero in cui ha profanato molteplici tombe e i corpi, per atti di necrofilia e per creare oggetti d’arredo con pelle e ossa umane. Ed Gein è entrato nella cultura popolare soprattutto per i personaggi che ha ispirato, primi tra tutti Norman Bates di Psyco e Faccia di cuoio di Non aprite quella porta. La serie tv di Murphy è un omaggio a questi film di cui ha incluso interi retroscena – la vita personale dell’attore di Norman, Anthony Perkins, l’importanza di Psyco per Hitchcock, la creazione di Non aprite quella porta -, una manifestazione di stima da parte di un cinefilo, ma che cozza e rompe il ritmo di una storia che dovrebbe raccontare altro.

Mammina cara

La romanticizzazione del male. Cinematographe.it

La storia di Ed Gein rimane comunque il centro focale, ma vengono costantemente bloccate e l’attenzione si sposta su altro. E, quando tornano ad essere protagoniste, sono raccontate in modo tale da far provare empatia nei confronti di Gein e biasimare chi ha contribuito a creare il “mostro”. Ci sono numerosi studi, ormai comprovati, che portano avanti la tesi secondo cui l’infanzia, la famiglia e l’ambiente circostante giochino ruoli fondamentali per la vita di una persona, determinandone il cammino. Succede anche per i serial killer i quali, quasi tutti, hanno un passato difficile e complesso. E l’infanzia di Gein è a dir poco peculiare: nato agli inizi del Novecento in una famiglia cattolica, cresce con sua madre e suo fratello in una fattoria in una cittadina sperduta. Di suo padre la serie non ci dice nulla, è un fantasma la cui presenza non ha mai toccato Gein sebbene la sua influenza nella realtà sia stata molto forte.

Di George P. Gein si sa che era un uomo violento, che aveva il vizio di bere e non sapeva tenersi un lavoro fino a quando non ha comprato assieme a sua moglie la fattoria in cui Edward e suo fratello Henry hanno vissuto per tutta la loro vita. A causa dell’alcolismo ha perso la drogheria, fonte principale di sostentamento della famiglia, e ha fatto diversi lavori tra cui il conciatore. Tutti questi elementi fondamentali nella vita di Ed Gein e che ritorneranno in maniera ossessiva nel suo modus operandi, ma che Murphy ignora. L’autore si concentra sulla madre di Gein, Augusta, la cui influenza è stata anch’essa determinante. Fanatica religiosa, ha abusato psicologicamente e fisicamente dei suoi figli insegnando ad entrambi che l’alcol, il sesso e la masturbazione siano atti impuri e che le donne (esclusa lei) sono delle prostitute tentatrici.

Adeline Watkins e il suo ruolo, rivisitato, nella serie

Entrambi i genitori hanno avuto un ruolo fondamentale nella crescita di Edward Gein, ma solamente la madre viene ricordata dai media e la serie di Murphy non fa eccezione, anzi amplifica il rapporto malsano che Gein aveva con le donne rivisitando un personaggio femminile che, pian piano, assume sempre più i contorni di una figura tentatrice, facendo diventare le parole di Augusta una profezia piuttosto che i deliri religiosi di una donna anch’essa abusata. Adeline Watkins è realmente esistita, ma è esteticamente molto diversa rispetto all’attrice scelta per interpretare il suo ruolo e non ha avuto un impatto nelle gesta di Gein. Secondo un’intervista rilasciata da Watkins dopo l’arresto di Gein, la donna ha affermato di essere uscita solamente qualche volta con lui, prediligendo il cinema, i musei e parlando occasionalmente di cronaca nera e delle vicende della contea di Waushara. Nella serie, Adeline è una giovane donna molto bella, con lunghi capelli biondi e facciamo la sua conoscenza in modo atipico, mentre Gein la sta spiando. La donna, in intimo, si rende conto di essere osservata, ma quando non trova nessuno si lascia scappare un sorrisetto compiaciuto. Inoltre è lei ad alimentare l’ossessione di Gein per le torture naziste e per Ilse Koch, criminale di guerra conosciuta per le torture che ha inflitto sui prigionieri.

La narrazione di Murphy tende a biasimare più l’ambiente che Ed Gein stesso

La romanticizzazione del male. Cinematographe.it

Murphy ha plasmato la realtà per adattarla alla sensibilità degli spettatori dandoci un racconto che miscela orrore ed empatia, ma nel modo sbagliato. Ed Gein non ci appare più come un uomo disturbato e spietato, ma il prodotto di quello che gli è stato fatto. Le responsabilità e le colpe vengono suddivise e non attribuite solo al carnefice, finendo per biasimare più sua madre e Adeline che lui.
L’aspetto estetico di Gein è un altro aspetto fondamentale: descritto come timido, impacciato e dai tratti femminei, la scelta del ruolo è ricaduta su Charlie Hunnam. Murphy ha sempre scelto attori attraenti per interpretare ruoli di killer, è iniziato con American Horror Story ed è uno schema che si sta ripetendo anche in Monster. Hunnam, infatti, non ha assolutamente un aspetto androgino, sebbene l’attore abbia perso molto peso per la parte il suo fisico non corrisponde a quello di Gein e il trucco non gli nasconde uno sguardo limpido e buono.
Infine, sebbene Hunnam sia un bravissimo attore e la sua performance lo conferma, il suo Ed Gein non è timido o impacciato, al contrario – soprattutto nelle prime puntate – è molto sicuro di sé.

Gli stessi stilemi li ritroviamo anche in Monster: la storia di Lyle ed Erik Menendez

Murphy ripete gli stessi stilemi da lui utilizzati in altre messe in scena, poco importa se il protagonista è la vittima o il carnefice. Aveva fatto lo stesso tipo di errore con Monster: la storia di Jeffrey Dahmer, in cui tutta l’attenzione era spostata sul killer e la narrazione spingeva ad empatizzare con lui piuttosto che a creare un legame con le vittime che sfrutta per puro spettacolo. Come dicevamo, Murphy è un ottimo sceneggiatore e storyteller e questi non sono errori da principiante, sa perfettamente come creare empatia nei confronti delle vittime e l’esempio è proprio la seconda stagione di Monster che si focalizza sui fratelli Menendez. In quella stagione le tecniche e il linguaggio utilizzato sono sempre gli stessi che ritroviamo in Monster: la storia di Ed Gein, ma in quel caso i killer sono anche delle vittime che uccidono i propri aguzzini.

Il paragone con Adolescence

Quel che Murphy vuole fare è evidenziare come l’infanzia, la famiglia e fattori esterni (la religione, l’ambito storico, il contesto economico e sociale) siano determinanti, ma cade troppo facilmente nella romanticizzazione e nel voler suddividere le colpe. Un’altra serie che nasce dagli stessi presupposti, ma fa un ottimo lavoro è Adolescence. La serie di Jack Thorne e Stephen Graham esplora i fattori principali che hanno formato Jamie quali le istituzioni, la famiglia, la scuola, i social e l’importanza spesso sottovalutata della salute mentale, degli ostacoli che incontra un ragazzo nel chiedere aiuto. Adolescence riesce a ricostruire il quadro generale, a dare una motivazione che non cade mai nella giustificazione, senza incolpare la vittima di quel che le è successo o romanticizzare l’assassino al quale, al contrario, non si offrono attenuanti.