Barbara Sirotti: dalla violenza subita alla forza. Aria e Libera per salvare tutte le donne
Barbara Sirotti, attrice, doppiatrice e sceneggiatrice classe 1971, ha costruito una carriera poliedrica tra cinema, teatro, televisione e doppiaggio, partecipando a diversi film e webserie e dimostrando una versatilità che spazia dalla recitazione all’interpretazione vocale. Tra i suoi ultimi lavori si annoverano i corti Aria e Libera, in cui l’interprete prende spunto dalla sua dolorosa esperienza personale per dare voce e speranza a tutte le donne e affrontare con delicatezza la violenza di genere e il percorso di rinascita.
Barbara Sirotti: intervista all’attrice e sceneggiatrice di Aria e Libera

Durante la scorsa edizione della Mostra del cinema di Venezia, Barbara Sirotti non ha esitato a mostrarsi sul red carpet, non solo come autrice e interprete, ma anche come testimone diretta. Quando le chiediamo perché ha deciso di esporsi in un contesto così importante, risponde che è stata guidata “dall’urgenza di poter riportare l’attenzione su una tematica purtroppo sempre molto attuale. Sullo storico tappeto rosso, non volevo presentarmi solo come autrice e interprete di due corti contro la violenza sulle donne, ma rappresentare una vittoria. Indossavo un abito prezioso di Haute Couture di Eleonora Lastrucci e ho voluto fare tesoro di questa opportunità per testimoniare a tutti che, come ex vittima di violenza, si può e si deve uscire da questo inferno. Quell’abito bellissimo e candido è diventato per me un simbolo di speranza per tutte le donne che hanno affrontato situazioni di violenza e pericolo. Avrei voluto che fossero tutte lì con me, belle, eleganti, e soprattutto a testa alta“.
La violenza personale subita come monito per liberare tutte le donne
I corti Aria e Libera nascono da un vissuto personale molto doloroso. Ci racconti come è nato il bisogno di trasformare la tua esperienza in un racconto cinematografico?
“I due corti sono nati da una dolorosa esperienza personale, che mi ha vista rischiare la vita. Come artista ho sentito la necessità di mettermi all’opera, per dare forma a un vissuto traumatico. Poi, quando le notizie e i dati Istat hanno riportato un aumento considerevole delle chiamate di soccorso delle donne vittime di abusi, ho capito che il mio non era un caso isolato. Ciò che è successo a me stava accadendo a tante, troppe donne. Un momento emozionante è stato durante le riprese, quando abbiamo utilizzato The Man I Love di Ella Fitzgerald: c’era magia ovunque, e io sono crollata in un pianto liberatorio.”
Quanto di autobiografico c’è in questi due lavori e quanto invece hai voluto aprirti all’universale, al vissuto di tante altre donne?
“Si parte quasi sempre da noi stessi. Fellini diceva ‘sono autobiografico anche quando parlo di una sogliola’. L’origine è stata l’episodio di violenza e di vendetta spietata di un mio ex compagno. Poi però è stato necessario staccarmi dal personale per abbracciare l’universale: non ho mai voluto che Aria o Libera fossero la mia storia, ma il racconto di un tormento che tante donne hanno vissuto e nel quale hanno potuto sentirsi coinvolte.”
Secondo te, quale ruolo può avere il cinema – e l’arte più in generale – nella sensibilizzazione contro la violenza di genere?
“Io credo che il cinema abbia un ruolo molto forte, come l’arte in genere. Nessuno ha la soluzione in tasca, ma il cinema riesce a scolpire un mondo e a costringere lo spettatore a interrogarsi lì, subito. È un’arma potentissima. L’attore e l’artista hanno il compito di sollevare questioni, di farsi strumenti al servizio dei più deboli. Pensiamo al termine gaslighting: deriva dal capolavoro di George Cukor Gaslight del 1944. Questo dimostra che i deragliamenti psicologici e le manipolazioni affettive non sono certo un tema di moda degli ultimi anni.“
Cosa ti senti di dire alle donne che oggi stanno vivendo situazioni di violenza o manipolazione affettiva?
“Di chiedere aiuto, rivolgersi ai centri antiviolenza, agli psicologi, a qualcuno di fiducia. È importante certificare ogni evento, ogni malessere, con un referto medico ospedaliero e, se possibile, mettersi in sicurezza, allontanandosi almeno per un po’ dal proprio ambiente. Infine, denunciare agli organi competenti.”

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
“Abbiamo in cantiere la produzione di una serie o un film, che prende spunto da questa tematica ma si sviluppa in una trama completamente diversa, con più personaggi e situazioni di suspense. In seguito ai premi vinti al Marché du Film del Festival di Cannes, ho avuto l’interessamento di una casa di produzione di Malta, con la quale stiamo collaborando. Ogni tanto mi chiedo come sia stato possibile trasformare un incubo in un fiore che continua a sbocciare, ricordando a tutte le donne quanto siano splendide e meritevoli di amore.”