Chasing the Sun: El Shatt – recensione del corto, dal Sole Luna Doc Film Festival 2025

Un fatto inedito e personale, esplorato con umanità e dedizione, che diviene un importante documento collettivo.

Un ingranaggio storico minuto, noto solo a chi l’ha vissuto. Con Chasing the Sun: El Shatt, presentato in concorso al Sole Luna Doc Film Festival 2025, la regista Ana Bilankov ricorre a una fonte diretta, un fatto privato, che però diviene collettivo e porta all’attenzione di tutti ciò che accadde durante la Seconda Guerra Mondiale (tra il 1944 e il 1946), quando un consistente numero di civili fu condotto dalla Dalmazia in Egitto, presso El Shatt, il più grande campo di rifugiati nel deserto del Sinai.

La regista, supportata dalla fotografia di Boris Poljak e dal montaggio di Denis Golenja, scompone e ricompone sul grande schermo i ricordi di una storia tramandata dal padre, che visse in quel campo. Materiali d’archivio si sovrappongono così a immagini attuali, creando una linea immaginaria che lega il dolore di ieri a quello di oggi. Cosa è cambiato nei flussi migratori? Il Mediterraneo, attraversato il quale si raggiunge la salvezza, fa ancora paura. Chasing the Sun: El Shatt ripercorre quel viaggio che portò i civili a viaggiare da Šolta a Vis e poi dal sud Italia in Egitto, attraversando acque cariche di mine e altri pericoli per sopraggiungere in un ambiente a cui non erano abituati: tempeste di sabbia, caldo torrido, condizioni climatiche a cui i croati non erano avvezzi e che, sommate ai disagi del conflitto, furono spesso mortali.

Chasing the Sun: El Shatt – ciò che la Storia non dice sulla Seconda Guerra Mondiale (ce lo racconta Ana Bilankov)

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La regista provvede a darci un quadro complessivo di questa storia, provvedendo ad animare le immagini e a intarsiare, nelle testimonianze del disagio, le risate, gli spettacoli teatrali, la musica e i giochi tra i bambini. Vita, insomma! Tutta quella vita che si consuma anche in condizioni disperate, trovando sempre il modo per fiorire e dando un esempio di resilienza e coraggio.
A intermezzare le fonti una musica sottile e discreta e la voce della stessa regista Ana Bilankov, che nel finale racconta del padre e di ciò che lei stessa appreso. Lo narra, come se fossimo confidenti, amici seduti davanti a un falò, magari nell’ora della buonanotte.
E in questo viavai di immagini del reale non dimentica di immettere un dettaglio pittorico e inaspettato: un caleidoscopio di colori etnici che rimanda alle trame di un tappeto fatto a mano. È, per ammissione della stessa regista, un rimando al lavoro della madre e della nonna, un lascito fisico che sconfina nel ricordo, fino a restare impresso su pellicola.

Chasing the Sun: El Shatt – valutazione e conclusione

Chasing the Sun: El Shatt ha il potere di farci affacciare, in soli 19 minuti, su una storia che è parte della grande Storia conosciuta, eppure resta ignota, archiviata nella mente di chi l’ha vissuta. Un’operazione, quella di El Shatt, fatta a fin di bene dall’esercito britannico, al fine di proteggere i cittadini dall’invasione tedesca, ma che non mancò di mietere vittime e, allo stesso tempo, di permettere all’umanità di splendere, ai bambini di giocare, alla musica di fluire.
Così Chasing the Sun: El Shatt è un documento di grandissimo valore, una fonte storica e umana inestimabile.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.9