The Last Viking: recensione del film con Mads Mikkelsen, da Venezia 82

The last viking funziona, dall'inizio alla fine, con un mix di generi che convince e una tecnica che è dimostrazione di abilità, padronanza e temerarietà.

Il regista e sceneggiatore danese Anders Thomas Jensen dirige The last viking, sesto film da regista e trentaquattresimo da sceneggiatore, tra cui figurano prodotti come Dopo il matrimonio, La duchessa, In un mondo migliore e La terra promessa. The last viking, presentato Fuori Concorso all’82ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, vede protagonisti Nikolaj Lie Kaas e Mads Mikkelsens creare un’accoppiata vincente, insieme alle altre grandi interpretazioni di Sofie Gråbøl, Søren Malling, Bodil Jørgensen, Lars Brygmann, Kardo Razzazi, Nicolas Bro e Peter Düring. The last viking, dopo un’ellissi temporale di quindici anni a seguito dell’arresto di Anker dopo una rapina, vede Anker stesso e il fratello alla ricerca di quel bottino nascosto. È stato Manfred, fratello appunto di Anker, a occuparsi di tenerlo al sicuro, ma Manfred ha un disturbo mentale che sembra avergli fatto dimenticare tutto, e ora vive in una sorta di realtà alternativa. Non si chiama neanche più Manfred, ma John. Anker ha però un disperato bisogno di ritrovare quel denaro, e di farlo al più presto. 

The last viking e l’irresistibile carta vincente di una commedia carica di black humor e azione, e che non dimentica il riflesso nel dramma

The last viking - cinematographe.it

The last viking è un film divertente e carismatico, una storia irriverente fatta di comicità, azione e di un pizzico di sferzante ironia. Le gag, le battute, gli sguardi, dalla gestualità alle linee di dialogo sono cadenzate, esplodendo a volte con inaspettata sorpresa. Al film di Anders Jensen non manca nulla, elementi più macabri e violenti, come una barbara aggressività vissuta da bambini; un istinto di protezione di un fratello nei confronti dell’altro che non conosce limiti, e che proprio per questo appare quasi snervante; una convinzione di conoscere se stessi che invece porta a una domanda tematica senza risposta, focus del film. E cioè l’identità. Chi si è, chi si vuole essere, chi si può sempre scegliere di diventare. Tutti hanno una doppia, tripla, e infinite identità nel film di Jensen, e ognuna di queste può essere più o meno vera. E forse etichettare o definire con realistica pertinenza una persona ha meno senso di quanto ci si potrebbe aspettare. 

La “diversità” raccontata in The last viking è sia destinata e ineluttabile quanto una scelta dettata da un’incapacità di gestire le proprie emozioni e di valutare le proprie reazioni. Problematiche e difficoltà che tutti hanno e hanno sempre avuto e che nella smodata ricerca di ciò che viene considerato normale, ha dei precetti da seguire. Ma il personaggio di Manfred non li ha questi precetti, agisce come vuole e quando vuole, con tutte le esagerazioni che gli vengono consentite. E per quanto la performance di Nikolaj Lie Kass è efficace e immediata negli ostacoli e nelle complicazioni riguardo il prendersi cura di Manfred, Manfred è un personaggio che non si può non amare. Interpretato da Mads Mikkelsen, mai si era visto l’attore così eccentrico e stravagante. Una figura che fa della sua assurda e imbarazzante sincerità la sua più grande dote. Il disturbo che ha viene trattato con rispetto, ma al tempo stesso con leggerezza, senza concentrarsi sugli aspetti clinici. 

Il bambino che vive dentro ognuno di noi e di cui spesso ci si dimentica nel corso del tempo

The last viking

La sceneggiatura è uno esempio di scrittura equilibrata: non si eccede nelle battute, nelle spiegazioni e neanche nelle chiarificazioni di alcune eventi accaduti in passato. Qualsiasi battuta è plausibile e spesso simpatica, conforme alla personalità del personaggio. Personaggi costruiti attraverso poche pennellate e che di fronte a un sogno o un’ambizione realizzata, sono infantili e gioiosi come dei bambini cresciuti. Proprio come Manfred. Anche i personaggi secondari di Sofie Gråbøl, Lars Brygmann e Kardo Razzazi sono una vera e propria “ciliegina sulla torta” che adorna l’alchimia di un cast che, nonostante l’alto numero di personaggi, ha una parola, un movimento, un concetto e atteggiamento che è identificabile per tutti. Rare bellezze, sogni mai realizzati, istintiva crudeltà, personalità multiple e fantasie che rasentano l’illegale. In The last viking ci sono tutti gli ingredienti per un’eccellente black comedy, per una favola dai risvolti esilaranti.

The last viking: valutazione e conclusione

The last viking

The last viking funziona, dall’inizio alla fine, con un mix di generi che convince e una tecnica che è dimostrazione di abilità, padronanza e anche temerarietà nell’uso degli strumenti della narrazione. Alla recitazione, alla regia e alla fotografia viene tolto tutto ciò che poteva sembrare oltremodo cinematografico. The last viking è un film vero, ben confezionato in una fotografia che nella Danimarca del film è nebulosa e grigia, e nel cinema nordeuropeo è nitida e compatta, senza una luminosità che non si addice né ad alcuni dei generi né all’ambientazione.

The last viking sono gli occhi degli altri che guardano e giudicano, e che il film invita ad accogliere, rispondendo a delle domande e mettendosi in discussione. Prendendo sul serio ciò che lo merita e preferendo l’ilarità a quel serio punto di vista che avrebbe bisogno di essere più lieve, spensierato e sottile per essere davvero compreso. The last viking coinvolge, coccola, commuove e soprattutto fa ridere, con uno humor mai scontato. Si ha la sensazione che di quel brio provocatorio del film non se ne abbia mai abbastanza.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.9