Intervista a Maurizio Lombardi: “l’attore è un atleta delle emozioni”

L’intervista all’attore e regista toscano, ospite dell’ottava edizione del Saturnia Film Festival, dove il suo corto Marcello ha visto il premio per il miglior film.

Nel ricco parterre de rois di ospiti dell’ottava edizione del Saturnia Film Festival non si può non citare Maurizio Lombardi, che ha dato ulteriore dimostrazione della sua grandissima versatilità presentando alla kermesse toscana la sua prima prova dietro la macchina da presa, il cortometraggio dal titolo Marcello. E quale occasione migliore per incontrarlo a margine della cerimonia di premiazione del festival, dove lo short da lui diretto ha vinto il premio per il miglior film, per ripercorrere con lui gli highlights di una carriera vissuta tra set e palcoscenici.  

La nostra intervista all’attore e regista Maurizio Lombardi, ospite dell’ottava edizione del Saturnia Film Festival 

Mairizio Lombardi cinematographe.it

Maurizio Lombardi al Saturnia Film Festival 2025 – Foto di Andrea Mearelli

Recentemente è passato dietro la macchina da presa per dirigere un cortometraggio dal titolo Marcello, che oltre al Nastro d’Argento di categoria sta raccogliendo diversi riconoscimenti nel circuito festivaliero, compreso quello come miglior film all’ottava edizione del Saturnia Film Festival. Da cosa è nata questa esigenza?
In teatro ho già provato questa esperienza diverse volte. Essendo un pezzetto di vita, la direzione in teatro era una materia che già sentivo mia, mentre per il cinema ho sempre avuto una specie di timore reverenziale. Ho deciso di farlo ora, semplicemente perché avevo una storia breve da raccontare che sentivo mia, quella di Marcello appunto, che oltre ad essere il capitolo di un romanzo di formazione e anche un grande omaggio alla Settima Arte. Ma i generale uso il cinema, il teatro, la musica o la poesia quando mi viene fuori un’idea e di volta in volta scelgo lo strumento più adeguato per darle forma e sostanza. Posso farlo con la recitazione, con una canzone o con una poesia”.

Secondo una notizia fresca di stampa M. Il figlio del secolo probabilmente non avrà una seconda stagione. Cosa pensa a riguardo e se ritiene che ci possano essere state pressioni di carattere politico dietro questa decisione? 
Anche se i libri di Antonio Scurati sono cinque, credo che già nell’intenzione iniziale si volesse vedere che tipo di riscontro la trasposizione seriale del primo romanzo, che ritengo sia una cosa a sé, potesse avere per poi decidere se proseguire oppure no. C’è da dire che M. Il figlio del secolo in quanto serie è unica nel suo genere. Unica anche per la complessità del personaggio che tratta, perché siamo di fronte a una delle figure più importanti della Storia. Credo che dipenda da due cose: da una parte essendo un progetto unico è difficile ripeterlo, dall’altra la serie finisce proprio dove termina il libro, ossia al ventennio Fascista, e quindi sarebbe stato complesso produttivamente arrivare a raccontare in più stagioni quella cosa lì. Io mi auguro con tutto il cuore che M. possa avere un seguito, in primis per tutto ciò che la serie è stata in grado di raccontare e per il modo in cui è riuscita a raccontarlo sullo schermo. Siamo di fronte al risultato del lavoro di un regista geniale come Joe Wright, ma anche a quello di una performance incredibile di Luca Marinelli, un lavoro davvero impressionante tecnicamente per un attore che ha dovuto fare una deformazione corporea non indifferente per arrivare ad assomigliare fisicamente e dal punto di vista gestuale a Benito Mussolini. E poi c’è il mio personaggio, quello di Emilio De Bono, membro del Partito Nazionale Fascista nonché uno dei quadrumviri della marcia su Roma e successivamente capo della polizia, che avrebbe avuto degli interessanti sviluppi nei volumi successivi. E quindi sarebbe stato per quanto mi riguarda stimolante e professionalmente importante tornare a vestirne i panni. In generale non so se dipenda da un discorso politico, almeno spero che non sia così. Credo piuttosto sia una questione di natura produttiva, poiché si tratta di una macchina veramente gigante e dispendiosa da mettere in piedi e portare avanti. Staremo a vedere se decideranno oppure no di tornare sui loro passi”.

Maurizio Lombardi: “In ogni opera alla quale prendo parte spero sempre che ci sia una grande storia e una grande sfida

Maurizio Lombardi cinematographe.it

Maurizio Lombardi in “M. Il figlio del Secolo”

Cosa le ha lasciato in termini di bagaglio professionale e umano la lunga esperienza di apprendistato con Ugo Chiti nella sua compagnia teatrale  Arca Azzurra?
Ugo è nato a Tavarnelle Val di Pesa, in piena campagna, vicino a Firenze. Ed è sempre stato un autore di zolla, di terra, di cuore, di viscere, di animali. È un autore allo stato puro e con le sue parole primitive genera poesia e amore. Gli scienziati non potranno mai spiegare cos’è l’amore, i poeti si. E lui è un poeta di carne, di parola fatta carne. Ugo mi ha lasciato la possibilità di avere come attore fino a che non morirò un serbatoio dal quale attingere per i miei lavori futuri”.

Cosa spera di trovare e che non deve mai venire meno in un progetto al quale prende parte?
Due cose: la prima ci vuole una grande storia, che funzioni, perché vengo da quel cinema degli anni Settanta, inglese, americano e italiano, che si basava principalmente su una storia forte. Da quel tipo di cinema ho attinto e in quel cinema mi sono formato come attore. La seconda ci deve essere sempre una sfida, quella che solo un grande personaggio può darti. E qui torniamo ad esempio ad M. Il figlio del secolo e alla straordinaria trasformazione che Marinelli ha dovuto fare per diventare Mussolini. Quella è esattamente il genere di sfida a cui faccio riferimento”.

Quando pensa di essersi spinto all’estremo per interpretare un personaggio?
Cinematograficamente no, anche se ho fatto delle cose belle. In teatro sicuramente, proprio con Ugo Chiti quando mi affidò il personaggio di Giovannino, un ragazzino affetto da disturbi mentali, ne I ragazzi di via della Scala. In tantissimi rimasero impressionati per il livello di verità e realismo che ero riuscito a raggiungere con quel ruolo, per il quale ricordo mi sono dovuto spingere molto in là rispetto alle potenzialità e all’esperienza maturata all’epoca”.

Maurizio Lombardi: “La recitazione mi ha insegnato l’importanza del corpo e del saperlo utilizzare per trasmettere qualcosa

Maurizio Lombardi cinematographe.it

Maurizio Lombardi in “L’Ora – Inchiostro contro piombo”

Oggi che valore ha per lei la recitazione?
Al di là di un mestiere, la recitazione per me la recitazione è una disciplina umanistica, come studiare il greco o il latino. Se sai la radice delle parole sei più libero, perché più parole hai a disposizione, più libertà hai. Più parole si sanno e più si è liberi. Utilizzando il corpo in tutte le sue forme, la faccia in tutte le sue forme, la voce in tutte le sue forme, tu hai la possibilità di essere più libero e quindi di conoscerti di più”.

In tutti questi anni di onorata carriera trascorsi su set e palcoscenici che cosa ha avuto modo di scoprire ed esplorare di sé grazie alla recitazione?
L’importanza del corpo e del saperlo utilizzare per trasmettere qualcosa. Ho scoperto che un attore ha un cuore che batte e una faccia che produce emozioni. Gli sportivi sono sportivi, noi siamo invece atleti delle emozioni. E più vado avanti con l’età e più che mi rendo conto che va protetto, allenato e studiato sempre di più”.

Cosa le fa più paura e la infastidisce del cinema, della televisione e del mondo dello spettacolo in generale?
La mancanza di coraggio da parte dei produttori, dei distributori e degli sceneggiatore, ma soprattuto la mancanza di coraggio di fronte a questa nuova censura che sta imperversando nel nostro mondo. Una nuova lettera scarlatta oppure anche un maccartismo che assomiglia a una specie di Torquemàda o Santa Inquisizione dove certe cose non si possono dire, certe parole non si possono usare, quando invece l’Arte è scomoda, pericolosa, l’Arte ferisce, devia r non può essere corretta. L’Arte corretta è un’Arte morta”.

Maurizio Lombardi: “Mio nonno che era un grande amante del teatro mi diceva sempre: il commercialista ti cura le finanze, il medico ti cura la salute, però l’artista ti cura l’anima”

Maurizio Lombardi  cinematographe.it

Maurizio Lombardi in “The Nest”

L’Arte e l’artista che ruolo possono avere oggi?
Come attore oggi non mi sento libero per niente, anzi siamo veramente in una specie di dittatura delle parole e dei fatti voluta da quelle persone al potere che stanno distruggendo l’Arte e la poesia con il loro perbenismo. Poi ci sono gli americani e gli anglosassoni che stanno letteralmente rovinando questo ambiente, infatti non stanno producendo niente di rilevante. Fanno prevalente film e serie con i supereroi e non ci sono più quelle grandi storie, che ti posso dire alla Kramer contro Kramer, capaci addirittura di arrivare a cambiare i dettami dell’avvocatura in tema di affidamento dei figli. Oggi ciò accade sempre più di rado”.

Come attore si è mai sentito socialmente utile o pensa di essere solo un intrattenitore?
Mio nonno che era un grande amante del teatro mi diceva sempre: il commercialista ti cura le finanze, il medico ti cura la salute, però l’artista ti cura l’anima. Sono ciascuno a proprio modo utili. Personalmente mi sento utile quando vedo le persone a  un mio spettacolo emozionarsi, piangere o ridere. Mi sento utile quando una persona mi ferma per strada e mi dice ti ringrazio per il tuo lavoro. Questa condivisione con il pubblico la trovo qualcosa di meraviglioso”.

Quale o quali sono i progetti tra cinema, tv e teatro ai quali ha preso parte che sono andati al di sopra delle sue aspettative e quali invece al di sotto?
Ti rispondo a entrambe le domande citandoti un unico titolo, ossia Ripley, la miniserie che Steven Zaillian ha tratto dal romanzo Il talento di mister Ripley di Patricia Highsmith. Penso che sia un grandissimo lavoro dal punto di vista tecnico e formale, diretto con tanta maestria, ma i cambiamenti voluti da Netflix rispetto al copione iniziale, in particolare nel finale, lo hanno rovinato. Zaillian è un genio che aveva scritto una sceneggiatura meravigliosa, ma il mio personaggio e la serie stessa non hanno avuto secondo me il risultato che doveva avere poiché hanno cambiato in corso d’opera un finale che non centra niente con quello che avevo letto a suo tempo nello script originale. Un vero peccato”.

Maurizio Lombardi: “Vorrei che al cinema o in televisione si riuscisse a sfruttare anche la mia parte romantica, dolce e simpatica”

Maurizio Lombardi cinematographe.it

Maurizio Lombardi sul set del suo cortometraggio “Marcello” – foto di Edoardo Zucchetti

L’abbiamo vista spesso alle prese con personaggi da villain o poco rassicuranti. Si sente ingabbiato in un certo senso da questa visione?
Ingabbiato no, però è un classico che se sei disegnato in una certa maniera si tende a incanalarti in un determinato tipo. Ci sono tanti attori che seppur poco appariscenti sono riusciti a fare dei film d’amore meravigliosi, pensa ad esempio ad Al Pacino in Paura d’amare. Ecco vorrei che al cinema o in televisione si riuscisse a sfruttare anche la mia parte romantica, dolce e simpatica. In teatro è tutto l’opposto. Lì mi piace molto fare ridere”.

C’è stato un momento in cui la convinzione di fare l’attore ha vacillato e il suo percorso ha rischiato di interrompersi?
Sì, due anni fa, a causa di una crisi personale ed emotiva. Quando decidi di intraprendere questo mestiere lo fai con il desiderio di diventare il più grande attore di tutti i tempi, un po’ come Roger Federer per il tennis. E quindi vedi grandi attori e vuoi diventare come loro. Ma con il tempo, un po’ per il carattere, un po’ per l’ambiente, vedi che certe cose tardano ad arrivare e cominci a dire: ma ho fatto le scelte giuste, ho incontrato le persone giuste, ho fatto i passaggi giusti, perché mi sembra di non aver fatto niente di speciale, niente di particolare. E piano piano questo comincia a corroderti dentro e arrivi persino a pensare che le persone di tifino contro, con l’autostima che si abbassa ai minimi storici. Quindi è facile per un uomo sui 45, 46, 47 andare in crisi e rimettere tutto in discussione. Ed è quanto mi successo, ma devo dire che sono riuscito a riprendermi alla grande”.

E quale è stata la molla che l’ha fatta ricominciare con un nuovo slancio?
Nessuno si salva da solo e nel mio caso l’aiuto è arrivato da un amico, che poi è diventato anche mio socio. Si tratta di Andrea Antonelli. Lui che nella vita si occupa di tutt’altro, ha capito che stavo attraversando un momento difficile e mi ha proposto di iniziare a produrre qualcosa insieme e da questa collaborazione sono nati uno spettacolo teatrale e il cortometraggio da me diretto, Marcello. Un amico mi ha permesso di tornare sulla retta via e di dare inizio a una nuova fase della mia carriera e della mia esistenza”.