I Roses (2025): recensione del film con Benedict Cumberbatch e Olivia Colman
Olivia Colman e Benedict Cumberbatch sono I Roses. Il film di Jay Roach, adattamento del romanzo di Warren Adler del 1981 e remake del classico del 1989 con Michael Douglas e Kathleen Turner, arriva il 27 agosto 2025 nelle sale italiane.
Più un aggiustamento di storia e personaggi che un remake puro e semplice, I Roses arriva nelle sale italiane il 27 agosto 2025 per The Walt Disney Company Italia. Regia di Jay Roach – è l’autore di Bombshell – La voce dello scandalo, Austin Powers e Ti presento i miei – su script di Tony McNamara, ha per protagonisti – notevoli anche i comprimari – Benedict Cumberbatch e Olivia Colman. I loro personaggi, nell’originale del 1989, erano di Michael Douglas e Kathleen Turner; ieri come oggi, una combinazione vincente.
I Roses è il remake del film del 1989 diretto da Danny DeVito, ma è anche l’adattamento del romanzo di Warren Adler del 1981, “The War of the Roses”. Più di quarant’anni dal libro, più di trenta dal film, e per una volta Hollywood ha fatto la cosa sbagliata (investire sul passato invece di innovare) nel modo giusto, prendendosi il suo tempo e lavorando per svecchiare il prodotto. Non ha sbagliato i protagonisti. Sono perversi, divertenti, fragili e empatici, Olivia Colman e Benedict Cumberbatch; hanno un disinvolto controllo della performance e funzionano insieme. Qui sono Theo e Ivy. Un tempo si amavano, ora non più, o magari è il contrario. Non è chiaro. Su questa opacità il film prova a costruire il suo discorso: con nero umorismo, dramma, commedia e sentimento.
I Roses: la coppia perfetta non è per niente perfetta

La chimica era tutto, la chimica è tutto. Il film del 1989 dipendeva totalmente dall’alchimia tra Michael Douglas e Kathleen Turner – due meravigliosi antipatici, lui soprattutto – e anche I Roses punta tutto su Benedict Cumberbatch e Olivia Colman. Devono intrecciare l’elettricità nervosa della loro arte così da rendere un doveroso tributo al film originale e al libro, senza svilirsi in uno sciatto copia incolla ma anzi, facendo il possibile per portare la storia ai giorni nostri; ce la fanno. Il film di Jay Roach cerca di stare al passo con i tempi ridiscutendo i rapporti di forza tra i protagonisti, Theo (Benedict Cumberbatch) e Ivy (Olivia Colman). Sono professionisti abbastanza affermati. Lui è un architetto, un orologio svizzero di precisione e competitività; lei è una chef, più rilassata, al limite dell’indisciplina. Sembrano sul punto di spiccare il volo. Si incontrano per caso, sono tanto lontani caratterialmente che si completano alla perfezione. È il più classico dei colpi di fulmine.
I Roses si concentra sullo scarto che separa una visione convenzionale e piuttosto melensa della vita coniugale – la raccapricciante ipocrisia della famiglia perfetta – dall’impietosa verità, passando storia e personaggi sotto l’acida lente di un dolceamaro e cupo umorismo. Il film diverte, ha un bel ritmo, e rinuncia a un po’ della cattiveria dell’originale per mostrarci il progressivo disfacimento del matrimonio di Theo e Ivy sotto una luce di quieta disperazione, tremenda frustrazione e guerra dei sessi. Con il matrimonio – hanno due figli, un maschio e una femmina – Ivy lascia il lavoro, mentre la carriera di Theo va a gonfie vele. Poi tutto si ribalta. Theo commette un errore con uno dei suoi progetti e viene cancellato dal mondo dell’architettura. Ivy apre un localino che, dopo una partenza col fiatone, la trasforma in una star della ristorazione.
Ora è Theo che sta a casa con i ragazzi – ne fa due soldatini efficientissimi, bilanciando in questo modo la più sregolata filosofia di vita di Ivy – mentre lei, sommersa dal lavoro si allontana dalla vita in famiglia. È così che I Roses si modernizza senza tradire la sua doppia fonte: ribalta i ruoli ma lascia stare le dinamiche tossiche. Theo marcisce di frustrazione e gelosia per il successo della moglie, mentre Ivy non riesce a bilanciare casa e lavoro ed è invidiosa del tempo che l’uomo passa con i figli. La storia accompagna il declino del sentimento con una galleria di verità a mezza bocca, dispetti passivo aggressivi e rancore represso a stento. La cattiveria, quella vera, arriva solo nel finale, e anche allora è un po’ smorzata. È un peccato.
Amore ed egoismo

Non ci sono solo Theo e Ivy; accanto, a bilanciarne l’onnipresenza e a offrire allo spettatore una via di fuga dalle meschinità della grande guerra coniugale, c’è una folta platea di comprimari. Jay Roach li ha pescati tra il meglio che la tv e il cinema in lingua inglese offrono in questi tempi complicati. In alcuni casi è un semplice cameo, molto rapido, forse troppo, ma efficace: è il caso della temibile divorzista interpretata con sadico compiacimento da Allison Janney. Oppure non c’è spazio per una crescita soddisfacente, come per i bravi ma sottoutilizzati Sunita Mani (GLOW) e Ncuti Gatwa (Doctor Who e, soprattutto, Sex Education). Poi ci sono Andy Samberg e Kate McKinnon. Sono Barry e Amy, amici di Theo e Ivy e un vero disastro: infelici, sessualmente repressi, emotivamente squilibrati, tentano di andare avanti come coppia aperta, ma invano. Sono anche gli unici che funzionano, perché si accettano per quello che sono, danno priorità all’amore e mettono da parte l’egoismo. Più o meno; sono terribili anche loro, in fondo. Ma è proprio questo il punto.
Jay Roach crede, con buone ragioni, nel talento e nella verve dei due pezzi grossi della comicità americana. Andy Samberg e Kate McKinnon non funzionano solo come spalle affidabili o tragicomiche evasioni dal dramma al centro della scena. Barry e Amy sono il barometro emotivo che misura cosa va e cosa no nel rapporto tra Theo e Ivy. È un rischio, per I Roses. Se ogni coppia manca anche del minimo equilibrio, il dramma perde slancio e realismo. Va ricordato a questo punto che l’obiettivo del film non è stilare un resoconto puntuale degli alti e i bassi della vita in famiglia; è puro spettacolo hollywoodiano, e come tale va preso. Potrebbero divorziare, ma non lo fanno. D’altronde, cosa ne sarebbe, del cinema, se i personaggi si ricordassero che esiste anche la ragionevolezza e la sanità mentale?
Il problema di Theo e Ivy, rispecchiato dall’amore imperfetto ma più solido di Barry e Amy, è di aggrapparsi a un’idea illusoria di perfezione, senza fare i conti con la realtà. Non riescono ad essere felici nello stesso momento perché non accettano di lasciare andare il proprio egoismo e perdersi nell’altro/a. Cercano, e il film li accompagna fedelmente, quel perfetto istante d’amore che non può essere scalfito da niente. Cercano l’immobilità assoluta; è pericoloso. Jay Roach racconta i suoi tragicomici eroi sentimentali saccheggiando senza riserve l’estro nervoso di Benedict Cumberbatch e Olivia Colman. Lui orienta la sua elettricità in direzione di un’ostilità repressa e una meschinità insolite, lei mette la sua grazia fragile e autoironica al servizio di una maggiore durezza. Funzionano bene insieme, e il film li sostiene con uno script arioso, veloce – la lotta senza esclusione di colpi dei due è essenzialmente una guerra di parole – tutto basato sull’espressività e l’indiscusso carisma di entrambi. I Roses ama molto i suoi attori, fa bene. Ama molto anche Theo e Ivy, e questo non è necessariamente un bene.
I Roses: valutazione e conclusione
Qual è il problema con I Roses? Il film di Jay Roach è una messa in scena pregevole, una cronaca di vita coniugale veloce e molto, molto divertente. È il passo a due di una coppia straordinaria – Benedict Cumberbatch e Olivia Colman meriterebbero, da parte del pubblico italiano, l’atto d’amore della versione in lingua originale, se possibile – ma anche un film che non sa decidere da che parte stare. Riesce a infilare nella sua esuberante narrazione molte delle tematiche che strutturano la politica matrimoniale – guerra dei sessi, lavoro, dinamiche di potere, salute mentale, competizione furiosa – ma non spinge fino in fondo sul pedale della commedia nera, come potrebbe e anzi dovrebbe. C’è sempre un’ombra di ecumenismo ed empatica comprensione a smorzare la rinfrescante cattiveria della storia; per quanto male si facciano – e potrebbero farsene di più, lo spettatore aspetta solo quello – il film non smette mai di ricordarci l’umanità e la fragilità di Theo e Ivy. I Roses ha troppa gentilezza in serbo per i suoi protagonisti; in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non li separi e forse anche dopo. Prende in giro la perfezione illusoria della famiglia perfetta svelandone il ridicolo, per raccontarci come stiano veramente le cose. Non abbastanza incendiario nel primo caso, troppo comprensivo nell’altro, I Roses funziona a scarto leggermente ridotto rispetto alle sue potenzialità.