Her Story: recensione del film
Una triplice vicenda al femminile, ambientata a Shanghai e spalmata su tre generazioni: protagoniste una madre single, la sua giovane figlia e la loro nuova vicina di casa. Insieme inseguiranno una quotidianità all'insegna dell'indipendenza.
Presentato al Far East Film Festival 2025, Her Story di Shao Yihui è tra le undici opere cinesi presentate al festival. Già, la Terra del Dragone si è imposta come una delle realtà cinematografiche più solide, quella più concreta nella rappresentazione della propria società e del proprio quotidiano, battendo in presenza anche il Giappone (10 film in gara) e la Corea del Sud (8 film).
Her Story si è portato a casa il Gelso d’Oro con la media altissima di 4.49. Un riconoscimento importante per un film che, con estrema semplicità e profondità, racconta le difficoltà del contemporaneo attraverso uno sguardo autenticamente femminile.

Shao Yihui – già nota in patria per My Love, ma qui decisamente più incisiva – firma una regia asciutta, sensibile, sempre attenta all’emotività dei suoi personaggi. Her Story non è solo una storia di donne: è un racconto corale, umano, ironico, a tratti doloroso, che esplora la solitudine urbana, la maternità, l’amicizia femminile e la resilienza. Un film che sa far ridere e piangere con la stessa naturalezza di un abbraccio e di un sorriso.
Her Story: una madre, una figlia e un nuovo inizio

La protagonista, Wang Tiemei (interpretata con grazia e forza da Song Jia), è una donna di mezza età che si ritrova improvvisamente a dover ricominciare da zero. Licenziata dalla redazione per cui lavorava da anni e appena uscita da un divorzio amaro, decide di trasferirsi con la figlia Moli in un vecchio quartiere residenziale di Shanghai. Il loro nuovo appartamento è piccolo, rumoroso e lontano da tutto, ma è ciò che si possono permettere. Moli, adolescente acuta e disillusa, vive questa transizione con un misto di affetto e frustrazione, ma il legame con la madre resta forte – nonostante i silenzi, le incomprensioni e i tentativi di ribellione tipici dell’età.
In questo nuovo contesto Tiemei incontra Xiao Ye, una giovane donna libera, caotica, piena di sogni spezzati e battute taglienti. Il loro primo incontro è tutto fuorché amichevole, ma pian piano tra le due nasce un rapporto profondo, fatto di confidenze notturne, risate davanti a una birra, piccole alleanze contro le fatiche del vivere. Her Story, con estrema finezza, racconta questi micro-momenti, regalando allo spettatore la sensazione di entrare in una casa vera, con stoviglie spaiate, scarpe buttate all’ingresso e bollette lasciate sul tavolo.
Risate, lacrime, solidarietà femminile: l’esempio virtuoso di un film che parla a tutti

Se il cuore narrativo del film è l’amicizia tra Tiemei e Xiao Ye, il suo tono distintivo è la leggerezza con cui tratta questioni esistenziali. Non è mai un film “a tesi”, Her Story: preferisce sussurrare invece che gridare. La regista sceglie con intelligenza il registro della commedia per affrontare temi delicati come la depressione, l’insicurezza economica, l’assenza di prospettive, la maternità, la pressione sociale sul corpo femminile. Non ci sono villain, non c’è retorica, solo vite imperfette che cercano di rimanere a galla. L’alchimia tra i personaggi è uno degli elementi di maggiore forza.
Song Jia costruisce una protagonista stanca ma mai spenta, capace di sorridere anche nei momenti più duri; Zhong Chuxi è sorprendente nel ruolo di Xiao Ye, tra cinismo e dolcezza, tra rabbia e fragilità. Non sono eroine, né martiri: sono persone, con sogni piccoli ma tenaci, che trovano nell’altra una forma di salvezza. Anche i caratteri secondari – la proprietaria invadente, il vicino vedovo, l’ex marito che fatica ad accettare il cambiamento – sono ritratti con empatia. Tutti, nel loro piccolo, contribuiscono a costruire quel microcosmo emotivo in cui si muove il film.
Her Story: valutazione e conclusione
In un periodo in cui il cinema asiatico cerca nuove forme di espressione, la pellicola di Shao Yihui si distingue per il suo approccio intimo, popolare ma non superficiale, commovente senza essere mai ricattatorio. La regista ha dichiarato di essersi ispirata a storie vere di donne incontrate nel suo quartiere, e questa origine reale si sente tutta, fotogramma dopo fotogramma. Il film non offre soluzioni né finali consolatori. Tiemei e Xiao Ye non diventano ricche, non cambiano il mondo. Eppure crescono, si cambiano a vicenda, trovano un senso nel semplice fatto di esserci, una per l’altra.
Un messaggio potente, che risuona in modo universale, soprattutto in una società che ancora spesso fatica a valorizzare l’indipendenza delle donne. Nel contesto del cinema cinese contemporaneo, Her Story rappresenta un esempio virtuoso di film “piccolo” che riesce a parlare a tutti. Non urla, ma lascia il segno. Non spettacolarizza il dolore, ma lo attraversa con dignità e affetto. È, in fondo, una dichiarazione d’amore per tutte quelle vicende che raramente arrivano sul grande schermo: quelle fatte di silenzi, di vicinanza, di cura. E, proprio per questo, merita di essere vista, ricordata e celebrata.