Pablo Trincia su Il cono d’ombra, la serie sulla misteriosa morte di Denis Bergamini. “La TV ha il dovere di studiare”

L'intervista a Pablo Trincia in occasione dell'uscita della docuserie Il cono d'ombra, tratta dal suo stesso podcast

La video-intervista a Pablo Trincia anticipa la docuserie Il cono d’ombra che andrà in onda il 27 e 28 giugno su Sky TG24, Sky Crime, Sky Documentaries, Sky Sport e su NOW. Trincia ha risposto alle nostre domande, interrogandosi sulle ragioni che hanno spinto a trasformare il podcast in formato visivo e sottolineando come la vicenda di Denis Bergamini, a distanza di quasi 36 anni, resti “senza tempo” e dotata di un ‘cono d’ombra’ che continua a interrogare. L’autore sottolinea la difficoltà di restituire la verità senza forzare l’immaginazione: si è spinti fino a dove consentono i documenti, senza aggiungere interpretazioni arbitrarie. L’intervista mette in evidenza l’equilibrio tra il rigore narrativo del true crime e l’empatia che lega lo spettatore, attraverso la voce dello stesso Trincia, a chi ha vissuto personalmente la tragedia. Si parla dell’incredibile ascesa della true crime e della suo passaggio dall’uditivo al visivo.

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Pablo Trincia racconta Il cono d’ombra e il passaggio dal podcast alla docuserie

Pablo Trincia cinematographe.it

Trincia mette in rilievo quanto l’ampia documentazione – audio, filmati privati, atti – abbia rappresentato un terreno solido su cui costruire la serie visiva, sottolineando che il lavoro non è mai stato un semplice esercizio di ricostruzione, ma un’indagine umana sul senso del tempo, della memoria e del dolore. Allo stesso tempo, insiste sul fascino permanente dell’incomprensione: quella domanda senza risposta legata a ciò che Denis potrebbe aver sentito, visto o capito nell’istante prima di morire, resta il nucleo magnetico della narrazione. L’intervista, che si concentra molto sul ruolo che la televisione deve avere in casi come questi, lascia spazio alla speranza che il format multipiattaforma (podcast + docuserie) possa restituire non solo dati, ma anche un’esperienza emotiva più condivisa, superando il ruolo di semplici spettatori per avvicinare davvero allo sguardo di chi ricorda, pensa, e aspetta ancora una giustizia vera.