Hype: i registi Fabio Mollo e Domenico Croce parlano della serie TV, “credere nei propri sogni”

"]...] Una storia di ragazzi che hanno un sogno, vivono per quel sogno e hanno un bisogno fisico di realizzarlo”. L’intervista ai registi di Hype, realizzata in occasione dell’anteprima dei primi episodi all’Italian Global Series Festival.

Tra le tantissime proiezioni del ricchissimo programma della prima edizione dell’Italian Global Series Festival c’è stata anche l’anteprima mondiale dei primi due episodi di Hype, una serie che racconta l’ascesa di tre giovani rapper del quartiere QT8 di Milano, alle prese con ambizione, amicizia e pericoli legati alla notorietà. Un intenso racconto di formazione che conta anche sulla collaborazione dell’artista rap Ernia.

A margine dell’evento andato in scena nella suggestiva cornice dell’arena a cielo aperto della Corte degli Agostiniani di Rimini lo scorso 22 giugno 2025, al quale hanno preso parte anche alcuni membri del cast (Lorenzo Aloi, Martina Sini, Gabriele Careddu, Luigi Bruno e Luka Zunic) abbiamo avuto la possibilità di incontrare i due registi Fabio Mollo e Domenico Croce per un’interessante one-to-one nella quale sono stati approfonditi alcuni aspetti chiave della serie prodotta da Fidelio con Rai Fiction. Lo show scritto da Salvatore De Mola in collaborazione con Libero Pastore, Gemma Pistis e Giulio Lepri è una produzione fresca e innovativa che si pone come obiettivo quello di esplorare le tematiche giovanili con un tocco di autenticità. Non ci resta che attendere l’autunno per vederla integralmente in boxset su RaiPlay. Nel frattempo abbiamo ingannato l’attesa rivolgendo alcune domande ai due registi.

La nostra intervista ai registi di Hype, Fabio Mollo e Domenico Croce, realizzata in occasione della prima edizione dell’Italian Global Series Festival 2025

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I registi Fabio Mollo e Domenico Croce sul set di “Hype”

Cosa secondo voi una serie come Hype può portare di più e di diverso rispetto a quella che può essere la sterminata letteratura dei generi chiamati in causa, quale ad esempio il teen-drama?
Fabio Mollo: “Sicuramente puntare sulla verità è stato forse uno dei punti di svolta fondamentali nella messa in scena di questa serie. È stata una decisione, una scelta ben precisa, condivisa in tutto e per tutto con i nostri produttori sia di Fidelio che della Rai. Credo che questo ci abbia anche liberato dalla preoccupazione di dover, in un certo senso, abbellire, rendere più puro ed edulcorare delle cose. E questa libertà secondo me si vede nel modo in cui ci siamo approcciati alla storia e ai personaggi, perché ci ha permesso anche di potere essere più diretti e di sperimentare nel linguaggio e nello stile. In tal senso, penso che la libertà sia un carattere distintivo del dna artistico sia mio che del co-regista Domenico Croce. Proveniamo entrambi dal cinema e abbiamo sempre cercato nei lavori precedenti di far vibrare questo senso di libertà.  Domenico e io abbiamo un approccio molto personale alla storia che raccontiamo e quindi ci siamo rivisti tanto nei personaggi, ai quali abbiamo dato quella libertà che magari noi da adolescenti non abbiamo avuto”.

Domenico Croce: “A proposito dei rischi che si sono assunti i produttori dei quali parlava Fabio, questi si vedono anche nelle scelte fatte in fase di casting. Tra i protagonisti, oltre ad attori senior e di comprovata esperienza, ce ne sono moltissimi pressoché esordienti ed emergenti. Questo è si un rischio che la produzione si assume, ma che al contempo si traduce in un ulteriore strumento di libertà per il regista che può così vederli crescere, non diciamo di plasmarli, ma sicuramente assistere a come individualmente vengono recepiti e fatti propri certi input da noi trasmessi nel guidarli e sostenerli durante il processo di costruzione e sviluppo del personaggio. In generale in Hype c’è poca ricostruzione e appartiene principalmente alle dinamiche del set. La ricostruzione in questa serie lascia spazio proprio alla verità e alla libertà alle quali faceva riferimento Fabio. Del resto era anche il quartiere del QT8 di Milano, location centrale della storia e a suo modo protagonista alla pari di una figura in carne ed ossa che la popolavano, a chiedercelo a gran voce. Eravamo immersi completamente nel contesto, ricevendo continuamente a nostra volta una serie di input, impressioni, sollecitazioni e suggerimenti da tutto ciò che ci stava intorno, che non abbiamo esitato un momento a cogliere per poi tentare di restituirli sullo schermo. Crediamo e speriamo di esserci riusciti”.

Domenico Croce: “La ricostruzione in Hype lascia spazio alla verità e alla libertà

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Un’immagine tratta dalla serie Hype

Quanto è stato importante per voi la possibilità di girare in luoghi reali?
Fabio Mollo: “Il lavoro fatto all’interno del QT8 è stato fondamentale e in questo si è vista la lungimiranza dei nostri produttori di Fidelio, Silvio Maselli e Daniele Basilio, che ancora prima che noi entrassimo nel progetto e della scrittura delle sceneggiature avevano effettuato dei sopralluoghi per iniziare a instaurare un rapporto con il quartiere e la sua gente. Tutti quanti poi, anche in fase di preparazione, con i vari reparti abbiamo cercato di trascorrere più tempo possibile in loco. E il conoscere sempre di più il quartiere e le persone ci ha permesso di affinare la scrittura, in particolare quella dei personaggi. E infatti alcune cose sono cambiate strada facendo proprio grazie a questo lavoro sul campo, che ci ha consentito di essere più fedeli alla realtà che ci circondava e che avrebbe fatto da sfondo attivo alle vicende narrate. Ad esempio una delle location centrali, che diventa una sorta di spartiacque nella storia, è il bar del quartiere, un vero bar del QT8, intorno al quale girano e si riunisco personaggi quasi pasoliniani, ai quali ci siamo ispirati e che abbiamo provato a nostra volta a rappresentare sullo schermo”.   

Cosa ci tenete che arrivi allo spettatore oltre alla verità?
Fabio Mollo: “Rispondo con una cosa che potrebbe sembrare scontata, ma non lo è, ossia il fatto di credere nei propri sogni. Ed è assurdo e brutto che non sia più una cosa scontata. È ciò che più mi ha emozionato di questa storia, una storia di ragazzi che hanno un sogno, vivono per quel sogno e hanno un bisogno fisico di realizzarlo. Oggigiorno è difficile averne, figuriamoci per loro. Ed è proprio questo che spero arrivi a tutti coloro che decideranno di vedere la serie: che bisogna avere sempre e comunque dei sogni, crederci e battersi per essi, magari cambiarli strada facendo se necessario, ma non smettere di inseguirli e alimentarli quotidianamente”.

Domenico Croce: “L’esistenza purtroppo è fatta anche di dolore. Si dice che a volte fortifica, altre volte abbatte e si tenta di aggirarlo, motivo per cui ci sono tante note che vanno messe a sistema. Ed è attraverso questo pentagramma che abbiamo provato a fare risuonare le note che vanno a comporre quella che è la sinfonia della vita che si sente dentro e che si vuole portare agli altri”.

Fabio Mollo: “Per questa serie abbiamo portato avanti dall’inizio alla fine una condivisione totale

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Fabio Mollo e Domenico Croce sul palco dell’Italian Global Series Festival 2025 in occasione dell’anteprima di “Hype”

Voi avete stili e approcci diversi. Come siete riusciti a farli convivere e a dare vita a un linguaggio e a una visione comuni?
Fabio Mollo: “Per questa serie abbiamo portato avanti una condivisione totale, al punto che nella stessa giornata giravamo entrambi nella medesima location e molte volte eravamo presenti tutti e due sul set per realizzare la scena del rispettivo episodio. Non importava che fosse la mia o la sua scena. Questa condivisione c’è stata sin dalla fase di preparazione. Io e Domenico abbiamo trascorso moltissimo tempo insieme. Abbiamo fatto due settimane di prove con gli attori, condividendo spazi, idee e punti di vista. E questo non ha fatto altro che creare un collante e una sintonia molto forte sia tra noi due, che con il cast. Poi ovviamente ciascuno di noi ha il proprio stile e il proprio sguardo, ma il lavoro che abbiamo fatto si è basato sin dal principio su una condivisione  totale e sulla ricerca di un equilibrio”.

Nei vostri precedenti lavori l’elemento generazionale è sempre qualcosa di molto profondo e presente. Rispetto a quando avete iniziato a trattarlo cosa pensate sia cambiato?
Fabio Mollo: “In questi anni di carriera è vero che l’adolescenza ha occupato un spazio preciso su cui ho insistito varie volte. I ragazzi di oggi sono sicuramente diversi rispetto a quelli che ho iniziato a raccontare ormai quindici anni fa. Quelli di allora avevano sì tanta rabbia, ma anche tanta voglia di scontrarsi contro le difficoltà. E quindi c’era uno slancio maggiore nel voler cambiare le cose. Adesso, forse a causa delle conseguenze della pandemia, ho visto un’adolescenza invece molto più chiusa in se stessi. Quando ho provato a studiarli per raccontarli li ho visti molto più implosi, chiusi dentro il loro stesso mondo, difficilmente a contatto con quello esterno. Quello che fa Hype è provare a ragionare proprio su questo, cioè il senso di esplosione che l’adolescenza deve avere anche quando sbaglia. Perché è permesso anche sbagliare. L’importante è che ci sia quell’esplosione, quell’azione che va verso fuori in termini di relazioni con gli altri. La serie insiste molto sulla gang, su questo gruppo di ragazzi che creano una famiglia tra di loro. È quello che mi auguro appunto: che i giovani, ma in generale tutti, riescano a mettersi alle spalle la pandemia e l’isolamento che ha causato, per tornare finalmente a esplodere collettivamente”.

Domenico Croce: “C’è una mistificazione della sofferenza, ma questo proprio nel genere umano, nel senso che di generazione in generazione in qualche modo si cerca di superare, di crescere e di metabolizzare tutto quanto. Forse quello che è avvenuto negli ultimi anni è che c’è stata una frattura all’interno della stessa generazione. Il modo di mistificare la sofferenza e l’insicurezza è cambiato molto rapidamente. Noi questa cosa la raccontiamo in Hype. Secondo me questa cosa che può sembrare spaventosa però è anche l’indice del fatto che siamo ancora una società viva e che reagisce. Questo è stato un aspetto come diceva Fabio che assolutamente abbiamo voluto raccontare e che secondo me è stato uno dei fil-rouge di tutto il lavoro fatto insieme”.

Domenico Croce: “Hype è un’esplorazione geografica, sociale ed emozionale

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Un’immagine dalla presentazione di “Hype” all’Italian Global Series Festival

Hype potrebbe in tal senso essere visto come una sorta di studio antropologico della generazione che avete raccontato?
Fabio Mollo: “In ogni progetto che faccio deve esserci una curiosità da parte mia di esplorare qualcosa che altrimenti non potrei esplorare. È stato così sin dall’inizio. Io vengo dalla periferia e faccio il regista perché mi permette di penetrare in altri mondi ed entrare in quello di Hype è stata una grande sfida perché all’apparenza sembra estremamente semplice, quando in realtà ha dei meccanismi interni molto criptici, che vanno studiati con grande attenzione per capire e imparare ad ascoltare meglio questa generazione. Quindi sì, io l’ho vissuto veramente come un viaggio all’interno di un mondo che non conoscevo bene per questioni generazionali e che mi ha portato a comprendere e scoprire delle cose della vita che viviamo tutti i giorni noi, ma anche della mia e di quello che potrebbe essere il futuro”.

Domenico Croce: “Sì, per me, oltre che sociale forse è stata anche un’esplorazione geografica perché, come ha detto Fabio, entrambi veniamo da quartieri poveri: io da una borgata romana, mentre lui da una periferia di Reggio Calabria. Arrivare a Milano, dove è ambientata la serie, ritrovare diciamo quelle cose che hanno fatto parte un po’ della nostra crescita e delle linee di contatto molto forti, ma in un contesto completamente diverso, è stata un’esperienza emotivamente molto intensa. A me questa cosa ha incuriosito tantissimo”.