Tre Amiche: l’amore al cinema raccontato alla francese
Tre Amiche, regia di Emmanuel Mouret e con Camille Cottin, arriva nei cinema italiani dal 19 giugno 2025 ed è utile per capire perché il cinema francese sa raccontare così bene l'amore.
Il caos dolceamaro dei sentimenti è il cuore del nuovo film scritto (con Carmen Leroi) e diretto da Emmanuel Mouret (Una relazione passeggera). Si chiama Tre Amiche e sarebbe la traduzione letterale del francese Trois Amies; non si poteva fare altrimenti, perché è la storia di tre donne (e qualche uomo lì intorno) e dei tanti modi di vivere, interpretare e spiegare – tra superficie e intimità, dolore e leggerezza – l’amore. Le tre attrici sono Camille Cottin, India Hair e Sara Forestier, con il dovuto riconoscimento ai partner maschili che, senza tradire la centralità delle colleghe, fanno il loro per accompagnare il film alla meta: Vincent Macaigne, Grégoire Ludig e Damien Bonnard. Nelle sale italiane Tre Amiche arriva il 19 giugno 2025 per Lucky Red, qualche tempo dopo il passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia 2024. È l’amore al cinema, declinato alla francese: parole (tante), immagini (belle) e il sentimento modellato dal pericoloso ma vitale equilibrio di dramma e commedia. Un approccio interessante, e va spiegato.
Il cinema francese, quando parla d’amore, parla prima di tutto di cinema

Si comincia… dal cinema. Emmanuel Mouret e Carmen Leroi ci invitano a ragionare di Tre Amiche partendo dal debito di ispirazione cinefila che ha strutturato il film e il suo discorso sentimentale. Per prima va sottolineata l’influenza principale, quasi congenita: il fantasma di Éric Rohmer. In effetti, Tre Amiche è un film che fa la teoria dell’amore, non solo la pratica; è cinema elegante e non pretenzioso, fatto di parole (prima) e azione (dopo), abbastanza coraggioso da prendersi la libertà di ridiscutere il modello rohmeriano, rinunciando a un po’ di spessore intellettuale, in favore di un mix di emozioni contrastanti e uno storytelling più quotidiano. Poi c’è la comicità maldestra, goffa, degli eroi del muto che, spiega Emmanuel Mouret, riflette la tensione delle protagoniste che provano a essere felici, e spesso sbagliano, inciampano, ma non mollano mai. Infine c’è l’apertamente citato (dal film) Alfred Hitchcock. Cosa centri il vecchio Hitch in una dolceamara commedia sentimentale, è tutto da vedere.
C’entra eccome. Tre Amiche è un film sull’amore spudoratamente hitchcockiano, perché costruisce la sua impalcatura sul conflitto emotivo centrale nel cinema del maestro inglese: amore vs. dovere. L’amore è quello che Joan (India Hair) non sente più per Victor (Vincent Macaigne) – a complicare le cose c’è anche una bambina – e l’onestà verso se stessa è la stella polare del suo modo di vivere, al punto che muore dalla voglia di dire tutto al compagno ma ha paura delle conseguenze. Lo spiega all’amica Alice (Camille Cottin), che ha idee diverse. Alice ama Éric (Grégoire Ludig) ma non ne è innamorata, anche se lui pensa di sì; dall’amore vuole solo stabilità. D’altronde, pensa lei, basta che Éric sia follemente innamorato per compensare. Peccato che l’uomo abbia una relazione con la terza amica, Rebecca (Sara Forestier), l’incarnazione esatta dell’instabilità, del carattere provvisorio ed effimero dei sentimenti.
È caos, è melodramma, forse, ma depurato di toni esasperati e forzature. Tre Amiche coniuga sentimento e riflessione, leggerezza e punte dolorose, e nulla ne tradisce la doverosa ambivalenza meglio della struttura narrativa. Il film è raccontato da Victor, che a un certo punto se ne va per non tornare, travolto dal dolore dopo la drammatica confessione di Joan sulla fine del loro rapporto. Nel frattempo arriva un uomo nuovo, Thomas (Damien Bonnard), a sconvolgere la vita della protagonista, mentre Alice e Rebecca devono fare i conti con il progressivo erodersi delle loro (in)certezze amorose perché la brusca rottura nella vita di Joan, a cascata, le ha direttamente coinvolte.
Il segreto di Tre Amiche è l’equilibrio di ragione e sentimento

La domanda è: si può accordare la propria visione dell’amore, il bisogno di essere amati e capiti, ai bisogni e alle visioni altrui, e senza far soffrire nessuno? La questione è retorica ma non così retorica, e la risposta è secca ma merita lo stesso un approfondimento. Eccola qui la risposta: non esattamente. Non è però questo che sta davvero a cuore a Emmanuel Mouret. Il film guarda altrove, e certo il suo segreto non ha nulla a che fare con l’utilizzo del mezzo cinematografico per mere finalità didascaliche (l’algida esposizione di teorie amorose). Tre Amiche racconta la complessità di un sentimento – anzi due, perché il film parla d’amicizia tanto quanto d’amore – senza indicare quale strada sia meglio seguire. Il suo scopo è fotografare la realtà – nel caso specifico, la difficoltà a far coincidere i nostri bisogni interiori con quelli degli altri – e mostrarne la struggente complessità. Lasciando piena libertà allo spettatore sul da farsi.
Nella più bella battuta del film, Vincent Macaigne racconta alla partner India Hair che il distacco dal mondo per lui è stato come un’incredibile seduta psicoanalitica, che gli ha fatto vedere la vita con la giusta prospettiva senza intaccare la verità del suo amore. Non è, il punto di vista del personaggio, un’intelligente trovata di sceneggiatura o un’inedita cornice di storytelling. E la battuta non è solo una battuta. È, piuttosto, il senso del cinema francese applicato al discorso amoroso – nella particolare versione offerta da Emmanuel Mouret – e riassunto in poche incisive parole: raccontare il sentimento nella sua verità universale, in bilico tra intensità, carnalità e razionalità. A metà strada tra distacco e partecipazione senza riserve.
Delle giuste attrici, e dell’importanza di una buona sceneggiatura
Il film raggiunge vette di autentico dolore – il potente finale, da non spoilerare in alcun modo – ma le circonda di leggerezza, senza cedere alla volgarità o al morboso. Tre Amiche ha il difetto di tutti i film troppo intelligenti: fa sentire troppo l’idea che si nasconde dietro ciascun personaggio. Ha anche un grosso pregio, riesce a scansare l’eccesso di schematismo colorando la sua intelligenza di verità, quotidianità, poesia malinconica. Merito alle tre brave protagoniste, ognuna con un colore preciso, netto, a sfumarne il cammino – l’intransigenza verso se stessa e gli altri di India Hair, l’apparente disinvoltura di Camille Cottin, l’insicurezza nervosa di Sara Forestier – e tutte capaci di combinare aderenza alla realtà e deformazione spettacolare degli eventi.
Il gioco equilibrista di Tre Amiche, la ricerca costante di un’eleganza asciutta e non pretenziosa, si riflette, con grande coerenza, alla fotografia (l’immagine caloroso e insieme delicata) di Laurent Desmet e al lavoro sulle musiche di Benjamin Esdraffo, perché il realismo delle motivazioni e delle psicologie, ci insegnano i francesi, è anche questione di estetica. L’idea vincente di Emmanuel Mouret è di essere figlio del suo mondo, di considerare il cinema un rifugio per l’intelligenza e non solo un veicolo emotivo, raccontando la complessità dell’amore dal doppio punto di vista cuore & cervello. È l’intelligente, aristocratico – ma non snob – senso del cinema (francese) che lo spettatore italiano deve abbracciare, perché diverso dal nostro modo di affrontare l’argomento (più urlato e meno preciso formalmente). Tre Amiche ci ricorda una lezione importante, con la sensibilità mai ostentata e l’intelligenza pacata dei suoi discorsi: il cinema è immagine e movimento, ma senza una buona scrittura non si va lontano.
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