Harry Melling: 5 film per conoscere meglio il Dudley Dursley di Harry Potter
5 titoli con cui approfondire un attore spesso sottovalutato.
Quando si pensa a Harry Melling, per molti la mente corre subito a Dudley Dursley, il cugino viziato e dispotico di Harry Potter. Ma fermarsi lì sarebbe un errore imperdonabile. Melling ha dimostrato con intelligenza e coraggio che dietro quel personaggio c’era molto di più: un attore in grado di riplasmare il proprio percorso, scrollandosi di dosso l’etichetta del “bambino prodigio” per abbracciare una carriera adulta, eclettica e profondamente autoriale.
Leggi anche Come sono cambiati i personaggi di Harry Potter?

Oggi è uno dei volti più sorprendenti e poliedrici del cinema britannico contemporaneo. Ha lavorato con alcuni dei registi più interessanti della scena internazionale – dai fratelli Coen a Scott Cooper, da Antonio Campos a James Gray – scegliendo sempre ruoli borderline, poetici, perturbanti. Il suo volto – scavato, affilato, quasi da figura espressionista – è diventato la tela perfetta per dipingere personaggi eccentrici, inquieti e carichi di umanità. Ecco alcuni film imperdibili per conoscere (davvero) Harry Melling, l’attore che ha trasformato la fuga dal mondo di Harry Potter in una delle metamorfosi più interessanti degli ultimi anni.
1. La ballata di Buster Scruggs (2018), di Joel ed Ethan Coen

Nel capolavoro antologico dei fratelli Coen, Melling è protagonista dell’episodio Meal Ticket, forse il più struggente e disturbante dell’intero film. Interpreta un artista itinerante privo di arti, trasportato in un carretto da un impresario muto (Liam Neeson). Il suo lavoro? Recitare Shakespeare, poesie e brani biblici a piccoli gruppi di spettatori disinteressati. Confinato all’immobilità fisica, Melling affida tutto alla voce e al volto. La sua performance è un esercizio di sottrazione emotiva e potenza espressiva, capace di suscitare un’empatia silenziosa e profondissima. La sua figura tragica, emarginata, simbolica, diventa un emblema dell’artista sacrificato in nome dell’utilità e dell’intrattenimento. È uno dei ruoli più intensi della sua carriera, che ha segnato il suo ingresso ufficiale nel circuito del cinema d’autore americano. Non a caso, il regista Scott Cooper lo noterà proprio qui.
2. Le strade del male (2020), di Antonio Campos
In questo inquietante e visionario dramma gotico ambientato nell’Ohio rurale del dopoguerra, Melling interpreta Roy Laferty, un predicatore fanatico e tragico, convinto di poter resuscitare i morti con la sola forza della fede. La sua è una performance teatrale, febbrile, profondamente disturbante, che riesce a bilanciare follia e compassione. Roy è un uomo posseduto da una spiritualità malata, un personaggio larger-than-life che Melling rende credibile con sguardi allucinati, movimenti scomposti e sermoni infuocati. In un cast che include Tom Holland, Robert Pattinson e Bill Skarsgård, Melling riesce comunque a rubare la scena, offrendo uno dei momenti più intensi e disturbanti del film. È la conferma definitiva di un talento che sa abitare i confini tra sacro e profano, tra realtà e delirio.
3. The Pale Blue Eye – I delitti di West Point (2022), di Scott Cooper

Nel thriller gotico ambientato nel 1830 all’Accademia militare di West Point, Melling veste i panni di un giovane Edgar Allan Poe. Al fianco del detective Augustus Landor (Christian Bale), Poe si ritrova a indagare su una serie di macabri omicidi rituali. L’interpretazione di Melling è raffinata: il suo Poe è malinconico ma curioso, ironico e intellettuale, un’anima inquieta ancora in cerca della propria voce. Il suo sguardo rapito, la dizione precisa e le posture nervose creano un personaggio indimenticabile, al tempo stesso geniale e fragile. La chimica con Bale funziona alla perfezione, ma è Melling a donare al film una luce poetica e romantica che si riflette su tutta la narrazione. Una performance da manuale, che mostra quanto l’attore sia capace di entrare nei panni di figure storiche senza rinunciare alla propria originalità.
4. Civiltà perduta (2016), di James Gray
Prima ancora di consacrarsi come protagonista, Melling compare in questo kolossal firmato James Gray nei panni di William Barclay, giovane cartografo e compagno di spedizione dell’esploratore Percy Fawcett (Charlie Hunnam) nella giungla amazzonica. Il ruolo è breve, ma emblematico: Melling tratteggia con pochi gesti un personaggio inizialmente entusiasta, che presto si scontra con la brutalità dell’impresa coloniale e con i propri limiti. È una prova di recitazione misurata e sottilmente drammatica, che suggerisce molto senza mai esplicitare troppo. Il film, denso e visivamente sontuoso, consente a Melling di affermarsi come attore adulto, capace di integrarsi in narrazioni complesse e di adattarsi con naturalezza anche a produzioni ad alto budget. Una tappa fondamentale per liberarsi definitivamente dal passato potteriano.
5. Harvest (2023), di Athina Rachel Tsangari

Nel raffinato dramma indie Harvest, diretto dalla regista greca Athina Rachel Tsangari, Harry Melling interpreta un giovane uomo inglese in fuga da un passato difficile che trova lavoro stagionale in una remota comunità agricola dell’Europa dell’Est. Qui, immerso nella natura e circondato da persone segnate dalla fatica e dalla solitudine, il suo personaggio inizia un percorso di rinascita spirituale e identitaria. Con uno stile contemplativo e fortemente visivo, il film si affida al linguaggio dei gesti, dei silenzi, dei dettagli. Melling abbraccia totalmente questa poetica e si immerge in una recitazione fatta di sguardi trattenuti, tensioni sottopelle, umanità cruda. È una delle sue prove più minimaliste e interiorizzate, in cui il corpo e il volto diventano strumenti di una narrazione tutta emotiva. Harvest rappresenta un ulteriore passo nella direzione di un cinema d’autore europeo, e dimostra come Melling sia in grado di adattarsi con intelligenza a contesti registici radicali, continuando a reinventarsi.