Triangle of Sadness: la spiegazione del finale della Palma D’Oro di Cannes 2022
Il film ci costringe a interrogarci sul significato del potere, sulle dinamiche di classe e sulle maschere che tutti indossiamo per sopravvivere..
Il film Triangle of Sadness di Ruben Östlund, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes 2022, è una potente satira sociale che svela le assurdità del potere, della ricchezza e della bellezza nel mondo contemporaneo. Attraverso tre atti distinti — il mondo della moda, una crociera di lusso e la sopravvivenza su un’isola deserta — il film costruisce un ritratto corrosivo della lotta di classe. Il suo finale ambiguo, aperto e volutamente destabilizzante, è uno degli elementi più discussi e significativi dell’intera opera. Östlund, infatti, non offre risposte definitive ma invita lo spettatore a completare la narrazione.

Un finale sospeso per Triangle of Sadness
Nel terzo atto del film Triangle of Sadness, i superstiti del naufragio si ritrovano su un’isola apparentemente deserta. Qui, i ruoli sociali vengono ribaltati: Abigail, una semplice addetta alle pulizie della nave, diventa la leader del gruppo grazie alla sua abilità nel procurare cibo e organizzare la sopravvivenza. I passeggeri benestanti, fino ad allora abituati a essere serviti e riveriti, diventano completamente dipendenti da lei. Tra questi c’è anche Carl, il modello protagonista, che instaura con Abigail una relazione puramente opportunistica.
La tensione culmina nella scena finale, quando Abigail e Yaya, l’influencer fidanzata di Carl, si avventurano insieme in esplorazione. Dopo aver scalato un costone, scoprono un lussuoso resort turistico proprio dietro l’angolo. La salvezza è letteralmente a pochi passi. Ma mentre Yaya, ignara, sogna già di offrire un lavoro ad Abigail come sua assistente una volta tornate alla civiltà, quest’ultima impugna una grossa pietra. Il suo sguardo è carico di angoscia, rabbia e consapevolezza: nel mondo reale, il suo potere scomparirà e tornerà a essere invisibile.
La scelta di Abigail: omicidio o liberazione?
Triangle of Sadness si interrompe proprio mentre Abigail si avvicina a Yaya da dietro, la pietra in mano. Non vediamo cosa succede. La scelta di Östlund di non mostrare il gesto finale è profondamente significativa. Lo spettatore viene chiamato a decidere: Abigail colpisce Yaya per preservare il suo dominio sull’isola? O rinuncia alla violenza, accettando il ritorno al proprio ruolo subalterno nella società?
Il gesto di Abigail non è solo una questione di sopravvivenza o potere, ma rappresenta un dilemma etico universale. È giusto conservare un’autorità acquisita, seppur in modo legittimo, attraverso un atto di violenza? Oppure è necessario arrendersi al sistema per non perpetuare la spirale della sopraffazione? In questo senso, il finale del film funziona come un esperimento morale, una provocazione lanciata allo spettatore che, a sua volta, è chiamato a riflettere sui propri valori e pregiudizi.

Carl, testimone o deus ex machina?
A rafforzare la tensione dell’epilogo di Triangle of Sadness c’è anche la figura di Carl. In una delle ultimissime inquadrature, lo vediamo correre nella giungla, apparentemente alla ricerca delle due donne. Non è chiaro se abbia intuito il pericolo, se voglia salvare una delle due o se stia semplicemente seguendo un istinto di sopravvivenza personale. Anche la sua presenza è avvolta nell’ambiguità. Carl è un personaggio che attraversa il film in cerca di identità, oscillando tra passività e opportunismo. La sua corsa finale diventa simbolica: sta correndo verso un cambiamento o verso un’ennesima dipendenza?
Il simbolismo del resort in Triangle of Sadness: il ritorno alla civiltà o alla prigionia?
Il resort scoperto da Yaya e Abigail è, di fatto, la più grande ironia del film Triangle of Sadness. Dopo giorni di lotta per la sopravvivenza, la salvezza era a pochi passi. Questo elemento introduce un’altra riflessione centrale del film: la fragilità dell’illusione del potere. Abigail, che per un breve periodo ha sperimentato la libertà e il rispetto, comprende che quel momento è destinato a finire. Il ritorno alla “civiltà” coincide con la fine della sua autonomia. È questo che potrebbe spingerla a compiere un gesto estremo.
Il resort è anche un simbolo della società stessa: ordinata, lussuosa, ma fondata su disuguaglianze strutturali. In questo senso, l’isola non è mai stata davvero deserta: il potere era solo temporaneamente sospeso, pronto a riemergere.

La lezione finale di : satira e responsabilità dello spettatore
Con Triangle of Sadness, Ruben Östlund realizza una satira feroce ma lucida, che trova nel suo finale un vertice narrativo e filosofico. L’assenza di una conclusione netta non è una mancanza, ma una scelta precisa. Il regista, come aveva già fatto in Forza Maggiore e The Square, pone il pubblico davanti a una domanda etica scomoda: cosa avresti fatto tu al posto di Abigail? E soprattutto, sei davvero diverso dai personaggi che stai giudicando?
Il film ci costringe a interrogarci sul significato del potere, sulle dinamiche di classe e sulle maschere che tutti indossiamo per sopravvivere. Triangle of Sadness è molto più di un racconto di naufragio: è una riflessione tagliente e necessaria sulla nostra società, capace di far ridere e allo stesso tempo mettere profondamente a disagio. E proprio nel suo finale sospeso, trova il modo più potente per restare impresso nella mente dello spettatore.
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