Selma – La Strada per la Libertà: recensione

A 50 anni dalla scomparsa di  Martin Luther King Jr, leader mondiale del movimento per i diritti civili della popolazione afroamericana, ecco che la regista Ava DuVernay ha finalmente rotto con Selma- La Strada per la Libertà  l’inspiegabile silenzio cinematografico su questo eroe civile , portandone sul grande schermo un ritratto asciutto e profondo ma privo di quella patina iconografica della quale personaggi di questa portata sono spesso ricoperti.

Tutti noi conosciamo il Dr King come Premio Nobel per la pace nel 1964 o in quanto attivista nella lotta contro la segregazione razziale di cui gli Stati Uniti si sono macchiati per generazioni, ma nessuno, prima d’ora, aveva saputo metterne in risalto le doti ed i limiti umani di semplice (per quanto carismatico) pastore protestante  che, a causa di un affronto subito su un autobus da adolescente – aveva viaggiato in piedi per oltre 140 km perché obbligato a cedere il suo posto ad un bianco –  ha deciso di vivere la propria vita in funzione del suo celeberrimo “sogno”: l’uguaglianza. Un sogno ambizioso ed urgente che ha messo Martin uomo più volte di fronte a scelte e rischi personali importanti e dolorosi, essendo marito e padre di quattro bambini, ma irrevocabile perché per lui intrinseco alla natura stessa della parola amore: essere disposti a morire per difendere chi si ama.

Da qui e dalla preghiera, compagna fedele del percorso umano e politico di King, la consapevolezza che nessun cambiamento deriva dalla violenza e la scelta di una linea politica lontana da quelle azioni aggressive che, per quanto legittimate dai soprusi, sarebbero state la causa dell’implodere dell’obiettivo stesso.

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Una scena del film: Martin Luther King Jr e la moglie Coretta

Selma – La Strada Per la Libertà incornicia una delle più grandi conquiste non solo dell’America ma dell’intero genere umano: il raggiungimento della libertà e della parità di diritti per mezzo dell’imposizione del potere supremo dell’unione e della negoziazione sull’aggressività delle istituzioni, la cui supremazia decade nel momento in cui la popolazione ha occasione di vederne e giudicarne l’illegittimità dell’operato. Perché l’essenza stessa del pregiudizio è il non sapere e la protesta non violenta è la chiave di volta del progresso civile.

Siamo nel 1965 ed un gruppo di impavidi manifestanti capitanati dal Dr Martin luther King Jr (David Oyelowo)  tenta per tre volte di portare a termine una marcia pacifica in Alabama, da Selma (cittadina scelta perché perfettamente rappresentativa dell’alto tasso di razzismo ancora vigente all’epoca nel sud degli Stati Uniti) alla capitale Montgomery, con l’obiettivo di ottenere l’effettività del diritto al voto per la popolazione nera. Nonostante la legge formalmente lo prevedesse, infatti, nella pratica quotidiana gli uffici elettorali ostacolavano l’esercizio di questo diritto imprescindibile con minacce ed abusi di potere, arrivando a minacciare apertamente i cittadini afroamericani decisi ad imporsi. Il Dr King, reduce dalla sua ultima lotta per l’abolizione della segregazione e spinto dall’aumento esponenziale degli omicidi a sfondo razziale, chiese allora l’intervento del Presidente degli Stati Uniti ma senza successo. Da qui la consapevolezza di dovere procedere attirando l’attenzione dei media, e quindi l’opinione pubblica, sul problema.

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Una scena del film

L’iniziativa della marcia tuttavia,  come è ovvio che fosse, non piacque ai vertici conservatori del potere politico, i quali ostacolarono lo svolgersi della manifestazione autorizzando attacchi illeciti e sanguinari contro i manifestanti, con il risultato finale, loro malgrado, di esporsi al giudizio della popolazione votante…

Ava DuVernay ha scelto di raccontare questa storia immergendosi nell’irruenza dell’azione solo il minimo indispensabile per contestualizzare fatti e conseguenze, scegliendo di smorzare la crudezza delle scene clou con una colonna sonora che permette di accostare per contrasto  le immagini violente all’essenza delle vittime: persone dal grande spirito che, nonostante le inenarrabili vessazioni perpetrate negli anni ai loro danni, non hanno mai abbandonato la gioia di vivere, lottando con dignità e consapevolezza.

L’accento è invece posto proprio sulla personalità dei protagonisti e sulla “normalità” di Luther King, un uomo in fin dei conti come tanti, con pregi e difetti, che ha costruito tanto ma sbagliando tante volte, un uomo  la cui storia fa sperare che per rivoluzionare il mondo non serva essere degli “eletti” ma semplicemente volerlo. Più di qualunque altra cosa al mondo.

A sostegno del taglio psicologico della narrazione le grandi performance attoriali dei protagonisti, ognuno dei quali gode della possibilità di farsi conoscere nel profondo,  in particolar modo  David OyelowoTim Roth, perfettamente a suo agio nei panni del politico cinico e immorale (il governatore dell’Alabama George Wallace); degno di nota anche il ruolo solo apparentemente marginale della co-produttrice Oprah Winfrey, che ci restituisce una credibilissima immagine della determinazione e forza d’animo dei protagonisti di questo spaccato di storia che, grazie a questo film, abbiamo avuto l’occasione di riportare alla memoria.

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Oprah Winfrey in una scena del film

Selma- La Strada per la Libertà uscirà nelle sale italiane il 12 febbraio 2015 distribuito da Notorious Pictures; nel cast anche Cuba Gooding Jr, Giovanni Ribisi , Carmen Ejogo e Tom Wilkinson.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4.2
Fotografia - 3.2
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4