Segreti di famiglia: recensione del film di Joachim Trier

Nel 2011, la sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes presentava al pubblico il film Oslo. 31 august, secondo lungometraggio di Joachim Trier, che per lo stesso film si aggiudicò anche una nomination all’Oscar per il Migliore Film Straniero. Quattro anni dopo, quasi una decina di anni dopo il suo esordio con Reprise (nel 2006), il regista norvegese torna a Cannes 2015, stavolta nella selezione ufficiale, con Segreti di Famiglia – Louder than Bombs.
Una mostra retrospettiva organizzata dopo la morte di Isabelle Reed, nota e apprezzata fotografa di guerra, costringe i suoi due figli, l’adolescente Conrad e il maggiore Jonas, a riunirsi con il padre. Il loro incontro scoprirà vecchie ferite ancora fresche e rivelerà un’incomunicabilità di fondo: il ricordo Isabelle varia a seconda della persona che la commemora, e genera riflessioni diversi in ognuno dei tre.

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Segreti di Famiglia: Joachim Trier alla regia di un’ opera ambigua e misteriosa

Riguardo l’ultimo lavoro di Trier ciò che balza all’occhio è il suo titolo, tratto dal nome di un album degli Smiths che pare evocare l’orrore della guerra. È curioso, soprattutto, quando vengono esibite le fotografie di Isabelle nelle primissime scene, quasi come se il film stesso fosse, in fondo, la mostra fotografica che funge da punto cruciale. Tuttavia, ciò che fa la frase “louder than bombs” (“più forte delle bombe”) è solo suggerire: le bombe non sono quelle della guerra che la fotoreporter ha vissuto con i propri occhi e immortalato con i propri strumenti (che, anzi, rimangono sempre confinate fuori campo): si potrebbe dire, più semplicemente, che il chiasso dei bombardamenti sia quello che tuona nel cuore di ogni protagonista, ognuno un microuniverso attraverso il quale il film tenta di narrare la perdita e la morte. Louder Than Bombs fluttua in un’aria di ambiguità e di mistero dal momento in cui viene chiarito che la morte di Isabelle non è avvenuta nel più pericoloso dei territori (quello, appunto, della guerra), bensì è stata causata ironicamente da un “banale” incidente d’auto. Attraverso una sorta di infinito stream-of-consciousness tradotto in cinema, Trier porta alla luce i pensieri dei tre protagonisti, incapaci di dare una spiegazione razionale a un evento eccezionale e impegnati a trovare risposta mediante l’immaginazione e il ricordo.

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Slittando da un punto di vista all’altro e muovendosi avanti e indietro nel tempo, la storia appare sospesa in una dimensione grigia e atemporale, perfetta ricostruzione ideale della condizione della depressione: uno stato psicologico immobile, che qui è in movimento solo grazie a un tempo che modifica sé stesso, dilatandosi e restringendosi con l’ausilio dell’unico strumento in grado di legare le scene le une con le altre: la parola. Purtroppo, si ha da subito l’impressione che la narrazione di Louder Than Bombs, balzando da un personaggio all’altro e cercando di dare la giusta importanza al dolore e allo sguardo di tutti, sia piuttosto cedevole, e che non riesca ad abbracciare la vastità di temi affrontati e a rendere giustizia al dramma di ognuno: la struttura su cui Trier inscena il dramma della morte e dell’incomunicabilità è mirata soltanto a seguire le vie più inequivocabili per sciogliere tutti i nodi e svelare il “segreto”, la verità. Non solo: nel tentativo di dare dignità a ogni personaggio, s’incappa addirittura in un gusto inappropriato per la parola fine a sé stessa – sì, quello stesso elemento preponderante che, abbiamo specificato, farebbe da filo conduttore tra una scena all’altra – e ci si dimentica del tutto di inquadrare quei sentimenti (più intensi che mai, in una vicenda di tale portata) che sarebbero la causa prima del linguaggio verbale, nonché della necessità di adoperarlo. Sì, alla fine tutto torna, il meccanismo è preciso come un orologio svizzero. Il prezzo pagato, però, è stato la totale soppressione della sconfinata sfera emozionale che si cela dietro l’etichetta “depressione”, e la trasformazione di ogni persona-personaggio in mero strumento finalizzato a pronunciare parole. Anche dove non sarebbero affatto necessarie.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 2

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