Gaspar Noé e Bernardo Bertolucci: due maestri della sensualità a confronto

Il sesso e il cinema hanno da sempre un legame indissolubile e apparentemente sregolato, tutto volto ad una vicinanza esplicativa delle pulsioni dell’uomo e delle fragilità carnali, un territorio sul quale erigere e condannare a volte quelle stesse pellicole e quei coraggiosi registi che sul sesso hanno costruito il proprio impero artistico, che sono stati capaci di strutturare un’idea feconda e indagare attraverso di essa. Presentandosi come un campo assoluto, che evita ogni contaminazione, è sempre stato difficile che nei film si assistesse ad un atto sessuale completo, senza censure o che poi non prevedesse proibizioni morali o fardelli etici. Molti registi, molti sceneggiatori non hanno temuto di mettersi in gioco senza farsi sovrastare dalla potenza di questa tematica.

In questo caso prenderemo in considerazione due registi che tra di loro si sono influenzati molto più di quello che possa apparire e che non hanno mai smesso di dialogare su pellicola: Gaspar Noé e Bernardo Bertolucci. Il doppio scontro frontale che li riguarda è da un lato Ultimo Tango a Parigi vs Irreversible, e in seconda istanza Love vs The Dreamers.

Sesso e cinema: Gaspar Noé e Bernardo Bertolucci

Chiariamo, non si sta parlando di una caratteristica generale o di un giudizio estetico che li ponga in antitesi, ma più uno sguardo su come il sesso accomuna e distanzia questi due registi nei già citati capolavori.

Gaspar Noé

Irreversible (2002) e Ultimo tango a Parigi (1972) hanno in comune l’idea dello stupro, anche l’immagine che si crea di esso e quella che poi ne viene fuori. Ma è un crinale molto fragile, poiché l’idea del sesso che è alla radice possiede presupposti molto diversi, anche se poi in entrambi i casi ci si ricorda forse solo di quelle scene diventate un cult dell’orrore, e già questo del pubblico, degli spettatori ci dice molto, anzi moltissimo.

Irreversibile è un film sadico, che spinge le sue lame da dentro, ha una trama declinata al contrario, d’ispirazione nolaniana, ed è proprio questa l’unica cosa che scorre seppur al contrario. Molte scene sono girate in lunghi piano sequenza che sembrano totalmente disinteressati a ciò su cui stanno puntando lo sguardo. Semmai nella vita ci siamo configurati o immaginati all’inferno, Irreversible è un modo di dimostrare come ci potrebbe trovare da un momento all’altro in balia dei suoi gironi. Il sipario degradante prende in considerazione la vita di due persone, Vincent Cassel (Marcus) e Monica Bellucci (Alex), che cronologicamente vivono la giornata tra la loro intimità e il desiderio di una famiglia; gli eventi funesti arrivano a travolgere ogni aspettativa, deturpando ed esasperando la fragilità della vita con una narrazione vorticosa da un lato ma immobile e incessante dall’altro: la cinepresa è un passante indifferente. Il nervosismo con il quale la fotocamera tocca vette di inquietudine e nevrosi altissime viene reso solo nella prima parte della pellicola, la vera fine della trama, momento in cui Vincent Cassel vuole trovare a tutti i costi chi ha stuprato e quasi ucciso a calci la sua donna, attraversando locali gay e sadomaso, urlando la sua rabbia a chiunque gli capiti a tiro. La patologia visiva si placa quando ci si avvicina agli attimi in cui avviene lo stupro: la scena è ripresa da terra, con un malcelato disinteresse verso l’accaduto e con un senso estetico agghiacciante. Alex cammina attraverso un tunnel rosso, in cui si scontra con questo essere denominato la Tenia e, dopo minuti interminabili di minacce e scongiuri da parte di lei, viene inesorabilmente gettata a terra, con una pratica di sottomissione totale in cui verrà violentata per 9 minuti, tra urla trascinate e incessanti. La pellicola continua da li e ritrova, nel passato, una pace interiore che lo spettatore commisera, i due amanti vivono le ore prima del trauma con ignara leggerezza, non si consuma alcun rapporto tra loro, almeno non visivamente, considerata la loro nudità totale in molte scene.

Gaspar Noé

L’unico sesso che Noé vuole rappresentare è quello violento, oltraggioso e irreversibile, dal quale indietro non si torna. Il senso della rappresentazione della violenza non è solo di come essa possa condannare le vite di chi la subisce, ma di come chiunque sia capace di fare ciò a cui si è chiamato ad assistere, tutti gli uomini sono violenti e assassini e tale oltraggio, tale considerazione passa attraverso il corpo, consenziente o meno. Il sesso consensuale è violento e ostinato come anche quello non consenziente, in cui un uomo ha accesso ad un corpo senza erotismo. In Irreversible non si vuole solo scandalizzare, si vuole far capire fino alla persecuzione che il mostro non va cercato fuori, Noè fa appello a quella parte della nostra mente che potrebbe anche eccitarsi e trarre un piacere sadico da quelle scene.

Parallelamente viene fuori la questione dello stupro reale di Ultimo Tango a Parigi, in cui un’ignara Maria Schneider viene sodomizzata e messa a terra in una scena chiave del film, in un modo che visivamente ha certamente ispirato Noè. Bertolucci si trasferisce cinematograficamente a Parigi per coronare una sua fantasia che ispira questo duello sessuale tra sconosciuti. I due protagonisti Paul (Marlon Brando) e Jeanne (Maria Schneider) si incontrano per caso, intrattengono questo gioco di violenza e seduzione per inquietudine, per placare i loro vuoti. Il sesso che Bertolucci va a marcare è frutto del desiderio di demolire le sovrastrutture etiche, di coppia, del modo in cui si relazionano le persone e che sfociano nei rimorsi.

Gaspar Noé

Racconta con sofferenza e fisicità le loro solitudini, la pesantezza plumbea del loro silenzio, di come lo interpongono alla vita vera, un modo di schermare e ghettizzare la realtà da quel luogo. Quell’appartamento confina i loro istinti, esplicita l’incomunicabile attrazione che potrebbero anche perpetuare al di fuori di quel mondo, noleggiano i loro corpi con sterile disappartenenza, come se non avessero un passato, un nome: vivono il sesso senza vera intimità o passione, senza identità. Sono emotivi anonimi, poiché il vero senso di tutto questo vortice di bestialità sta proprio nella consapevolezza di  non voler amare o conoscersi e di metterlo in atto inconsapevolmente, attraverso il compromesso che attua il corpo, tant’è che il finale si ripercuote su tutto ciò che hanno deciso di violare, cioè i sentimenti e loro stessi. Per Bertolucci il sesso ha un fine sociale, comportativo, sono le conseguenze di una collettività e di come scatena le sue influenze e i suoi limiti da infrangere nell’intenzione individuale.

Stesso discorso vale per il suo capolavoro The Dreamers, in cui Bertolucci arde in modo visibile di quel desiderio di voler spiegare il ’68 senza farne menzione reale, ma solo attraverso l’inadeguatezza, le crisi esistenziali dei suoi protagonisti, con la volontà di chiudersi dal mondo, in un iconico e ripetitivo espediente dell’appartamento che affaccia sulla rivoluzione. Ma qui il vero ruolo centrale lo ricopre l’amore per il cinema, l’atto sessuale più ridondante avviene tra la pellicola e i suoi rimandi al cinema del passato, tutto ciò che viene fotografato cioè l’incesto, la perdita di ogni verginità è il modo che ha il regista per esprimere il lato romantico e scomodo delle pratiche sessuali e della liquidità dei legami affettivi. I tre protagonisti, Matthew (Michael Pitt), Isabelle (Eva Green) e Theo (Louis Garrel) si spingono oltre l’evocazione delle loro immagini, oltre i discorsi fatti per cinefilia, ogni centimetro di pelle esposto è l’intenzione di un personaggio che si rinvigorisce, almeno apparentemente; il sesso espone le difficoltà dello stare al mondo e di perseguire una via regia, costante e plausibile. La rivoluzione, la crisi è dapprima personale, è un padre che non sa imporsi sul figlio, una madre che nasconde gli incesti con la lontananza, è un legame fraterno che non ha conosciuto altro che se stesso, è un giovane e ingenuo ragazzo americano che vivrà forse con egoismo la sua vita, protestando all’interno di una protesta la necessità di differenziarsi da una rivoluzione svincolata nella massificazione, che è degenerata attraverso il torpore delle menti deboli, scatenando quell’ira e quelle violenze che il ’68 ha eternamente criticato.

Gaspar Noé

 

Se Bertolucci impiegava il sesso per esorcizzare i suoi desideri onirici o per un fine sociale, Noé ne fa un uso meramente espositivo, usando le scene sessuali per chiarire concetti, illustrare opinioni e diversificare l’atto in sé dall’uso personale che l’uomo può considerare in merito. Se Irreversible è senza Dio, un film assolutamente per stomaci resistenti e palati forti, con Love si concede il piacere assoluto di poter indagare sull’amore e il sesso all’interno di esso: è il cominciamento di un percorso che si introduce all’interno di una coppia che, come I Sognatori di Bertolucci, si spingono oltre i loro corpi, concedendosi all’interno dei loro amplessi di poter sperimentare, non limitando la loro relazione ad un tête-à-tête.  Per Murphy (Karl Glusman), e Electra (Aomi Muyock) il sesso è molto più che una parola che conduce al piacere, o un’immagine che ne espliciti l’atto carnale, è una locuzione, una perifrasi che non si chiude in un appartamento, non è obbligata a vivere su due corpi, è perpetuata ed estremizzata fino al tradimento, fisico e morale. Le pellicole di Noé dialogano tra loro, fa continui rimandi al suo cinema con piccole commessure visive, declinando le sue ineguagliabili doti autoerotiche ed espletandolo in modo provocatorio favorendo una riflessione sulle peculiarità sessuali del mezzo filmico.

Gaspar Noé

Il cinema e il sesso per Noé sono modi per fermare il tempo, per indirizzare una verità, una realtà, una condizione, per Bertolucci è l’epicentro del dramma dell’uomo, la sua valvola di sfogo, la maschera deturpata che si indossa quando non si ha altra scelta che continuare a mentirsi.