Il prezzo di Hollywood: recensione del film con Kevin Spacey

Il prezzo di Hollywood è un film di George Huang del 1994, che impose l’abilità in ruoli con forti connotazioni negative di Kevin Spacey, il quale cominciò così una serie infinita di interpretazioni memorabili proseguita un anno dopo con Seven e I soliti sospetti e in corso ancora oggi con la sua straordinaria prova nei panni di Frank Underwood in House of Cards. Ad affiancare il due volte premio Oscar un cast di tutto rispetto formato da Frank Whaley (che i più ricorderanno per il piccolo ruolo di Brett in Pulp Fiction), Michelle Forbes (Homicide, Battlestar Galactica, The Killing) e un giovane Benicio del Toro.Il prezzo di Hollywood

Il giovane sceneggiatore Guy (Frank Whaley) viene assunto dal dispotico ed esigente produttore Buddy Ackerman (Kevin Spacey) come suo assistente personale. Questo incarico è generalmente considerato un trampolino di lancio per la propria carriera, ma il prezzo da pagare è il dover sopportare le pretese e le continue umiliazioni da parte di Buddy, che si approfitta continuamente della sua posizione di potere e dell’inesperienza del giovane assistente. L’unico conforto per Guy è quello della conoscenza di Dawn Lockard (Michelle Forbes), una giovane sceneggiatrice della quale cerca di sostenere il progetto nei confronti del capo. Il film si apre con una scena in cui Buddy è prigioniero di Guy e oggetto delle sue sevizie. Nel corso della pellicola capiremo come e perché si è arrivati a questa situazione, facendo contemporaneamente la conoscenza di un lato di Hollywood ben lontano dall’ambienta patinato e felice a cui siamo abituati a pensare.

Il prezzo di HollywoodIl prezzo di Hollywood: un ritratto cinico e disincantato del lato oscuro dell’industria cinematografica

Passato ingiustamente in secondo piano negli anni ’90, Il prezzo di Hollywood è un film che con una messa in scena essenziale e un raro realismo riesce a mostrarci efficacemente il lato oscuro di Hollywood, fatto di compromessi, spregiudicatezza e cinismo. Quanto in là ci possiamo spingere per raggiungere un obbiettivo prefissato? Quanti soprusi e angherie siamo in grado di sopportare per mantenere la nostra posizione e continuare a cullare un sogno? Quanto siamo disposti ad accettare la realtà e quanto siamo capaci di sopportarla quando essa ci viene sbattuta duramente in faccia? Su queste e altre domande ruota un film non perfetto ma tremendamente efficace, che punta forte su una sceneggiatura corrosiva e dissacrante e sulle ottime interpretazioni dei protagonisti. A farla da padrone è ovviamente uno straordinario Kevin Spacey (doppiato in italiano da un altrettanto efficace Giancarlo Giannini), che nei panni di un capo feroce, sadico e disumano (probabilmente ispirazione per il suo successivo ruolo in Come ammazzare il capo… e vivere felici) regala una prova poco conosciuta ma degna delle migliori della sua memorabile carriera, mettendo in ombra il resto del cast. Lo spettatore si ritrova più volte a parteggiare apertamente per un uomo moralmente ed eticamente disprezzabile, di cui riusciamo però a scorgere un lato umano più profondo durante le scene basate sulla sua prigionia a opera di Guy, che invece dal canto suo ci mostra quanto può essere feroce e selvaggia la reazione di un uomo comune (il nome Guy significa proprio un generico “tizio”) portato oltre i limiti della propria sopportazione, similmente a quanto mostrato appena un anno prima in Un giorno di ordinaria follia. Il ribaltamento di ruoli fra vittima e carnefice, portato avanti in parallelo tramite l’abile utilizzo di flashback, è probabilmente l’aspetto più riuscito dal punto di vista narrativo, mentre a funzionare poco è il rapporto fra Guy e il personaggio impersonato da Michelle Forbes, decisamente più insipido e stereotipato. George Huang dirige senza fronzoli e particolari guizzi il primo e unico acuto della sua carriera, che successivamente scivolerà nell’anonimato, realizzando un’opera solida e coraggiosa, che riesce a raggiungere tutti gli obiettivi preposti e, nonostante qualche forzatura soprattutto nella parte finale, regge per tutta la propria durata e offre diversi spunti interessanti sull’animo umano e sui meccanismi alla base dell’industria cinematografica e più in generale del mondo del lavoro.

Il prezzo di Hollywood

Il prezzo di Hollywood è un film consigliato a tutti, sia per godere della splendida prova di uno dei più grandi attori in attività, ovvero Kevin Spacey, sia per apprezzare un’interessante commistione di dramma, commedia grottesca e thriller che mina alle fondamenta un mondo del cui dietro le quinte conosciamo meno di quanto dovremmo. La dimostrazione che non servono grandi budget (in questo caso circa 700.000 dollari) per realizzare un film pungente e incisivo.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.5