Franny: recensione del film indipendente con Richard Gere e Theo James

Con Franny si aggiunge un tassello al nuovo capitolo della carriera di Richard Gere, quello che il talentuoso ed affascinante attore sta vivendo da qualche anno a questa parte; dopo essersi ampiamente assicurato il futuro con produzioni da cifre astronomiche, il protagonista di pellicole iconiche come Pretty Woman, American Gigolò o Ufficiale e Gentiluomo può concedersi di dar voce al desiderio di interpretare ruoli più intimisti, impersonificando personaggi dalle sfaccettature allo stesso tempo sottili e complesse, segnati nel corpo e nell’anima dall’imprevedibilità dell’esistenza.

Dopo Time Out of Mind (che probabilmente uscirà in Italia con il titolo più immediato The Invisibles), in cui presta anima e corpo ad un senza tetto, emarginato dalla società, in Franny (trailer) Richard Gere si trasforma in un eccentrico milionario, la cui goliardica esuberanza finisce per essere causa della tragedia che gli porta via gli affetti più cari: una coppia di amici , ex compagni di Università, genitori di una figlia da lui amata come propria. Dopo l’incidente che gli cambia la vita, Franny cade in un’apatia pressocché totale, spezzata solo dalla missione di fare del bene attraverso la fondazione di  un ospedale pediatrico da lui stesso diretto.
La vita dell’uomo subisce una scossa solo cinque anni più tardi,  quando la figlia degli amici scomparsi, ormai divenuta donna ed in procinto di dare alla luce un figlio, chiede il suo aiuto per trovare una sistemazione a Philadelphia e tornare così nella citta natale insieme al marito per formare la sua nuova famiglia là dove lei stessa è cresciuta ricevendo tanto amore. Ma Franny vede il ritorno di Olivia (Dakota Fanning), ignara delle responsabilità del suo benefattore nell’incidente che le ha portato via i genitori,  come l’occasione di una vera e propria redenzione, finendo per perdere l’equilibrio lungo il sottile filo che separa la generosità dall’invadenza.

franny richard gere

una scena del film

Franny: un grande personaggio in una piccola storia

Andrew Renzi, alla sua prima esperienza con un lungometraggio, dirige Franny con tocco poetico e malinconico; la storia da lui diretta e sceneggiata, infatti, ha radici nella sua stessa infanzia, ripercorrendo fatti e luoghi ricchi di significato e realtà per il giovane regista, desideroso di ripercorrere, e forse elaborare, situazioni e terreni già battuti. Ciò che lascia sospeso lo spettatore, tuttavia, è la mancanza di un vero e proprio approfondimento di un personaggio, quello del protagonista, che pur viene presentato come fulcro di tutto ciò che accade, col risultato di affidare completamente alla bravura indiscussa di Richard Gere la possibilità di stabilire un contatto empatico con Franny.
Franny è un uomo dal carisma tangibile ma veicolato più dalla personalità di chi lo intepreta che dalla sua scrittura. La trama, infatti, viene portata avanti attraverso indugi e brusche accelerate con il fine di veicolare una situazione stagnante verso un epilogo in grado di chiudere il cerchio. Il risultato è una sfilata poco omogenea dei vari sé del protagonista, i cui antecedenti non sembrano sufficienti a motivarne appieno azioni e reazioni, pur ottimamente rese ed orchestrate.

franny recensione

Una scena del film

Nel complesso, quindi, Franny risulta una prova che, con attori meno capaci a disposizione, avrebbe potuto essere disastrosa ma che, complice una regia motivata dal coinvolgimento sentimentale di Renzi e la meravigliosa presenza scenica di Gere e dell’ ottimo Theo James, si salva, costituendo un esordio promettente ed una piacevole alternativa ai titoli più blasonati disponibili nelle sale per scaldare anima e corpo durante queste feste natalizie.

Franny arriva al cinema il 23 dicembre, distribuito da Lucky Red; nel cast anche Dylan Baker e Cheryl Hines.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3

Voto Finale