Arianna: recensione

Arrivata ai venti anni di età Arianna (Ondina Quadri) non è ancora diventata una donna. Sotto cura ormonale, aspetta che le mestruazioni, simbolo quasi di un’affermata femminilità, facciano capolino in un’adolescenza dalla sessualità confusa e mal vissuta, curiosando nel frattempo con le mani inesperte quel suo fresco corpo per ora acerbo. Passato il tempo a stretto contatto con la cugina Celeste (Blu Yoshimi) ed esplorate nuove forme di intimità, Arianna prenderà consapevolezza di un piacere che mai riuscirà a provare, accentando con serenità la sua anomalia.

Al primo lungometraggio dopo un passato di corti d’arte presentati a famosi festival quali Locarno, Gothemburg, New York, Roma e Milano, Carlo Lavagna gira un film sulla ricerca dell’identità tedioso e dai toni bassi ed inconsistenti. Scontato fin dai primi minuti di visione, ci si dilunga su una storia contraddistinta dalla rivelazione di un corpo che in quei giovanili anni di scoperta tanto mette a disagio fino all’incontro conclusivo con la propria sessualità, non scavando però in un tema che se meglio indagato avrebbe potuto raggiungere una profondità vera e disarmante. L’androginia marcata della novella Ondina Quadri fa luce sulla difficoltà e il malessere di una giovane che sente lontana la sua autentica natura, il passo pesante e le spalle ricurve coperte da informi camicioni diventano il contrapposto alla volontà di entrare in contatto con quella delicatezza tutta al femminile, latente in un fiore che sembra non essere mai pronto a sbocciare. Confrontandosi, seguendo una scelta registica piuttosto ambigua, con una cugina già avviata al mondo del sesso adulto, superare la sua inadeguatezza sarà la prova che porterà Arianna alla presa di coscienza di una realtà che sempre l’aveva accompagnata, ma difficilmente si è pronti ad affrontare: la rinascita che investirà quella giovane vita sarà totale e stravolgente, il capire di essere venuta al mondo ben più di una volta e comunque sempre diversamente.

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Ondina Quadri è Arianna nel nuovo film di Carlo Lavagna

Arianna – una vera delusione

Arianna viene offerto al pubblico con una superficialità segnata probabilmente dall’innocenza di un autore ancora in erba, ma che non può essere perdonata ai fini della buona riuscita (mancata) di un film indifferente e, al di fuori della materia trattata, alquanto banale. Nessun merito va alla fotografia regolare e anonima di Hélène Louvart (Corpo Celeste, Pina, The Smell of Us, Le Meraviglie), né alla sceneggiatura dello stesso regista scritta insieme a Carlo Salsa e Chiara Barzini, un vuoto e prevedibile racconto di formazione che stentatamente tocca le corde interiori ed intime della gente e, pur se di durata veramente breve, tira avanti per lungo tempo attraverso luoghi comuni e noiose convenzionalità.

Presentato alle giornate degli autori della 72esima edizione del Festival del Cinema di Venezia da poco concluso, vedere Arianna è come trovarsi davanti ad un’occasione del tutto sprecata, la possibilità di scrutare nei pensieri, ma soprattutto nei sentimenti, di chi si è sempre sentito estraneo dagli altri, ma ancor prima da sé, e scoprirne la gioia derivata dalla conoscenza di chi ha capito cosa essere veramente. Riponendo grande fiducia nel futuro, speriamo che Arianna sia il punto da cui altri registi italiani possano prendere ispirazione per affrontare nuovamente l’argomento, ma raccontandolo con maggiore passione ed intensità.

Giudizio Cinematographe

Regia - 0.5
Sceneggiatura - 0.5
Fotografia - 0.5
Recitazione - 0.5
Sonoro - 0.5
Emozione - 0.5

0.5

Voto Finale