Self/Less: recensione

Una cura per rimanere in vita per sempre, garantire la longevità a pochi scelti, la possibilità di non dover morire o invecchiare. Tutto questo messo a tua disposizione, ma quanto è alto il prezzo che sei disposto a pagare per l’immortalità?

Industriale multimilionario di gran successo, Damian Hale (Ben Kingsley) ha dedicato il suo tempo alla costruzione del proprio vasto impero, al quale ormai dovrà rinunciare per un tumore che ha intaccato irrimediabilmente il suo corpo. Restandogli pochi mesi ancora, decide di lasciare la vecchia vita e chi ne fa parte, compresa la giovane figlia attivista Claire (Michelle Dockery) con cui da anni i rapporti si sono sciolti e l’amico e braccio destro da sempre Martin O’Neil (Victor Garber). Per sottrarsi all’imminente fine, Damian si sottopone alla terapia shedding grazie a Albright (Matthew Goode), capo di un’organizzazione segreta che presta servizio ad uomini facoltosi che ne hanno necessità. Essendo stata trasportata così la sua mente in quella di un corpo molto più giovane e decisamente più sano, Damian diventerà Edward (Ryan Reynolds), spostando indietro le lancette della sua vita e godendosi una nuova esistenza tutta donne e divertimento. Quando però forti immagini nella sua testa inizieranno a tormentarlo, sarà il momento di indagare sulla misteriosa operazione e scoprire fino in fondo a cosa questa lo ha portato.

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Matthew Goode è Albright, capo dell’organizzazione segreta che pratica lo shedding

Immortalità ed effetti collaterali, Self/Less è il nuovo film di Tarsem Singh (The Cell – La cellula, The Fall, Immortals, Biancaneve) che vuole far pensare e riflettere. Dando modo ad un anziano di sfuggire dal proprio corpo malato inserendo la sua mente in un involucro vuoto, la vita diventa un circolo senza fine dove il potere dei soldi vince sulla moralità. Ed è forse quest’ultima che spinge il protagonista a scoprire la verità sullo shedding: le mille allucinazioni di Damian/Edward spingono l’uomo ad indagare gli eventi e lo portano ad interrogarsi sul valore della vita umana e di come ogni cosa debba seguire il proprio corso, non privilegiando l’esistenza di pochi eletti, ma avendo rispetto per il valore di ogni singolo essere.

Toccando perciò le note di un thriller quasi esistenziale, il protagonista è un Ryan Reynolds che da uomo d’affari con l’aspetto del premio Oscar Ben Kingsley, si ritrova coinvolto in inseguimenti, trappole e scoperte scioccanti: “Mi piace giocare con i personaggi e le loro scelte morali. Il personaggi di Damian è appassionante e interessante in questo senso, perché dal punto di vista morale, è un uomo flessibile. Il pubblico è portato a chiedersi: ‘Farei anch’io la stessa cosa?’. Lo scopo è stimolare la riflessione sul tema.”. Eppure, con tanto di personaggio motivato e chiamato dalla ricerca della verità, il film non garantisce quell’assoluta partecipazione all’azione che ci si aspetta. E’ sicuramente scontro aperto tra Damian/Edward e Albright, deciso a mantenere la sicurezza della sua società ed impersonato dal britannico Matthew Goode con una freddezza stoica (non certo ai livelli del suo personaggio in Stoker di Park Chan-wook nel 2013), ma con grande difficoltà cresce la tensione ed è quasi nullo lo stimolo alla riflessione tanto voluto.

Una cosa però è certa: quando mente e corpo sono lontane tra loro, quando la realtà che ti circonda è soltanto una farsa e l’oblio sembra l’unica soluzione, poterebbe essere il momento giusto per pensare alla propria immortalità.

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Ryan Reynolds cerca di scoprire la verità sull’operazione shedding

Giudizio Cinematographe

Regia - 2.4
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2.4
Sonoro - 2.3
Emozione - 1.5

2.1

Voto Finale