RomaFF11 – Manchester by the sea: recensione del film con Casey Affleck

Nella vita sono tanti i drammi ai quali una persona viene sottoposta. Perdite, delusioni, sogni infranti, partenze indesiderate… Momenti che intorpidiscono la gioia del cuore lasciandoci storditi davanti alla casualità del fato. E in quelle meste occasioni non necessariamente piangiamo, non necessariamente sentiamo il bisogno di sfogarci platealmente.

Rimaniamo lì, il più delle volte, intontiti dal dolore dell’evento, quasi cupamente meravigliati. Perché è solo dopo, il presentarsi dei ricordi, a causare il vero male. Le lacerazioni che non si squarciano completamente in quell’istante, ma perdurano nel tempo insinuandosi disperatamente nelle fessure del quotidiano. E questo è Manchester by the sea, un triste ricordo che si manifesta con incredibile e malinconica forza nelle circostanze più inaspettate, un incantevole affresco sull’impossibilità del superare scritto e diretto da Kenneth Lonegarn.

Lee Chandler (Casey Affleck) vive a Boston ormai da diversi anni. Lasciata la sua cittadina natale, luogo di un passato che continua a perseguitare l’inconsolabile Lee, l’uomo è costretto a tornare nella sua casa di origine per affrontare la morte dell’affezionato fratello Joe (Kyle Chandler), venuto a mancare per una brutta malattia che si portava dietro oramai da tempo.

Assegnatogli il ruolo di tutore del nipote Patrick (Lucas Hedges), sveglio sedicenne dalla vita movimentata, i due si ritroveranno ad elaborare sotto lo stesso tetto il lutto appena subito, ognuno a suo modo facendosi comunque mutamente forza a vicenda, in un rapporto che cerca le basi per poter essere rifondato. Ma la custodia di Patrick e il suo indesiderato trasferimento a Boston recheranno non pochi problemi all’insofferente Lee, forse incapace di raccogliere responsabilità di cui non può farsi carico dopo il tragico evento che anni prima ha segnato irrimediabilmente la sua vita.

Manchester by the sea, l’impeccabile equilibrio tra dramma e ironia

manchester by the sea

Casey Affleck e Michelle Williams insieme in Manchester by the sea

Secondo giorno di Festa a Roma e colpo al cuore cinematografico per l’esemplare opera del regista statunitense Kenneth Lonegarn Manchester by the sea, la prova reale dell’impeccabile coesione tra drammaticità ed ironia in grado di creare con una perfezione appassionante un equilibrio narrativo e visivo davvero invidiabile, autentica anima di un film che con dolce abilità si alterna su diversi e sentiti registri emozionali che scuotono, divertono e commuovono un pubblico completamente stregato dall’essenza profonda del racconto.

Ingannando quasi lo spettatore, catturato fin dalla prima inquadratura aperta su un grigio mare che si fa palcoscenico di memorie felici, Lonegarn lavora di testa e di pancia per riuscire a condurre il film con sibillina destrezza fin al suo punto di svolta, in una rievocazione spiazzante che vive nel trascorso e nella sua gravità non rattrista o non scuote, ma impressiona fortemente per il suo rivelarsi totalmente inattesa. Ed è nell’armonia degli opposti la genialità e l’eccellenza di Manchester by the sea, sublime nel descrivere l’inadeguatezza di un uomo che non sarà mai più capace di gestire oneri di alcun peso o importanza e il quale interno svuotato continuerà a respingere possibilità di futura letizia.

Casey Affleck, attore straordinario in Manchester by the sea

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Casey Affleck interpreta lo zio del giovane Patrick interpretato da Lucas Hedges

Nelle espressioni stoiche eppure enormemente comunicative di Casey Affleck si coglie il dolore, la perdita, il passato amore e la privazione del bene più prezioso, tutto ciò che accende e spegne la luce sul volto di un uomo; un protagonista il quale con evidente bravura riesce a passare da una sofferenza incontenibile alla leggerezza che si riacquista andando avanti con la vita, regalando una straordinaria interpretazione dove eccelsamente incarna le pene e lo stravagante umorismo del suo personaggio Lee.

Diverso da qualsiasi altro dramma, Manchester by the sea si finge pellicola nella fotografia opaca di Jody Lee Lipes per nascondere la sterilità del digitale, un film dove ogni cosa è originale e dona al pubblico un’esperienza cinematografica coinvolgente e particolare. Uno dei migliori – se non il migliore – film dell’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 5
Recitazione - 5
Sonoro - 5
Emozione - 5

5