The Blair Witch Project: recensione del film di Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez

The Blair Witch Project è un film del 1999 diretto da Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez, capostipite di una saga che con l’uscita in sala di Blair Witch è giunta al suo terzo capitolo. Grazie anche a un’ottima campagna di marketing virale, che prima dell’uscita diffuse la credenza che i fatti narrati nel film fossero realmente accaduti, The Blair Witch Project è tuttora una delle pellicole più redditizie della storia del cinema, con quasi 250 milioni di incasso in tutto il mondo a fronte di un budget di poche decine di migliaia di dollari.

The Blair Witch Project

I titoli di testa del film informano lo spettatore della scomparsa avvenuta nel 1994 di Heather Donahue, Joshua Leonard e Michael C. Williams (i reali nomi degli attori), tre ragazzi che si trovavano nel Maryland per girare un documentario sulla leggenda della Strega di Blair. Secondo le credenze popolari infatti, verso la fine del Settecento sarebbe vissuta nel paese di Blair una strega di nome Elly Kedward, responsabile di sevizie, rapimenti e omicidi ai danni dei bambini locali. Le presunte azioni della strega avrebbero inoltre avuto un seguito con i crimini di un tale Rustin Parr, un serial killer che negli anni ’40 ha compiuto le stesse orribili azioni sostenendo di agire sotto l’influsso di questa malvagia donna.

The Blair Witch Project si propone quindi come un montaggio cronologico dei filmati ritrovati di questa improvvisata troupe, partita all’avventura con spirito goliardico e spavaldo ma ritrovatasi poi a faccia a faccia col male puro.

The Blair Witch Project: un film di pura suspense che ci riconnette con le nostre paure più ancestrali
The Blair Witch Project

Anticinema, pura operazione di marketing, semplice provocazione. Questi alcuni degli epiteti usati per definire The Blair Witch Project, e non completamente a sproposito. L’opera prima di Eduardo Sanchez e Daniel Myrick (in seguito autore del sottovalutato The Objective), se analizzata in maniera rigorosa e analitica, è tutto ciò che nel cinema solitamente si cerca di evitare: immagini sporche e traballanti, attori non particolarmente espressivi, sceneggiatura semplice e basata su un concetto già ampiamente sfruttato nell’horror come quello della strega. Nonostante questi presunti difetti (in realtà precise e volontarie scelte registiche e narrative), The Blair Witch Project è in grado di turbare e spaventare realmente lo spettatore come pochissime altre pellicole, mantenendo costanetmente un’aura di inquietudine e mistero pur senza mostrare mai esplicitamente nè la violenza nè la strega protagonista della vicenda.

Il colpo di genio di The Blair Witch Project non sta nella tanto decantata scelta di utilizzare la tecnica del found footage (espediente narrativo fra l’altro già utilizzato vent’anni prima dal grande Ruggero Deodato nel suo capolavoro Cannibal Holocaust), ma nell’idea di mettere lo spettatore sullo stesso livello del film, lasciando che a colmare i silenzi e gli spazi del racconto lasciati volutamente vuoti siano la fantasia e l’inconscio, cioè i migliori sceneggiatori sulla piazza. Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez rinunciano così a una narrazione tradizionale e coerente, evitando di spiegare più del dovuto, mostrare litri di sangue o cercare il facile sobbalzo dello spettatore con improvvise immagini raccapriccianti, puntando invece fortissimo sulle paure ancestrali che chiunque porta nel suo bagaglio culturale e rendendo così un semplice bosco (neanche troppo lontano dalla civiltà) l’ultimo posto al mondo in cui ci si vorrebbe trovare.

The Blair Witch Project: un’esperienza sensoriale avvolgente e realmente destabilizzante

Senza l’ausilio di nessun artifizio filmico e con uno stile visivo più reale della realtà, The Blair Witch Project permette di percepire l’atmosfera lugubre e spettrale del bosco, empatizzare con il disagio mentale e fisico dei protagonisti, sempre più soli e spaventati, e infine di vivere sulla propria pelle una minaccia sconosciuta, impalpabile e indefinibile, ma comunque terrorizzante.

Se vissuto con il giusto approccio mentale, The Blair Witch Project è capace di rivelarsi un’esperienza sensoriale avvolgente e realmente destabilizzante, che ogni appassionato di cinema dovrebbe provare almeno una volta nella vita. Aspetti tecnici come la fotografia appositamente confusa e quasi sgradevole, la bidimensionalità degli attori e la palese improvvisazione di gran parte delle scene e della sceneggiatura passano quindi in secondo piano davanti a un distillato di emozione pura, che ci riconcilia con la narrazione e che idealmente ci riporta con la mente alla nostra infanzia, quando il buio e ogni piccolo rumore diventavano l’habitat dei più temibili mostri partoribili dalla nostra mente.

The Blair Witch Project

A più di 15 anni dalla sua uscita nelle sale di tutto il mondo, The Blair Witch Project continua a stupire e a terrorizzare trasversalmente spettatori di tutte le età e di tutti i gusti cinematografici, ribadendo che la forza del cinema sta nelle idee, e non necessariamente nei soldi a disposizione per realizzarle. In occasione dell’uscita in sala di Blair Witch, vi invitiamo quindi a scoprire o riscoprire questo piccolo gioiello, che nel corso degli anni si è guadagnato un posto indelebile nella storia dell’horror.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 5

3.8