Un colpo fatto ad arte – la grande rapina al museo: la recensione della docuserie Netflix

L'avvincente docuserie Netflix è un viaggio senza meta alla ricerca dei 13 quadri rubati al Gardner Museum di Boston. Ma la più grande rapina della storia dell'arte è ancora avvolta nel mistero.

Boston: un museo tranquillo, un’audace rapina. Tanto basta a Un colpo fatto ad arte – la grande rapina al museo per catturare lo spettatore. La nuova docuserie Netflix è disponibile sulla piattaforma streaming dal 7 aprile. Sono quattro episodi; agili, avvincenti, forse solo un attimo confusionari. Ma non è solo un peccato di sceneggiatura: il più incredibile furto d’arte degli ultimi secoli è ancora un districarsi di piste false e supposizioni. Ed è questo a funzionare in una docuserie che, non potendo tirare le fila degli eventi, ancora incerti, si inserisce nelle indagini.

Ancora una volta Netflix dialoga con la realtà, e chissà che qualche nuova soluzione al mistero non possa aprirsi proprio da qui.

“Sembravano dei Poliziotti”, o di come ha inizio una rapina a un museo

Un colpo fatto ad arte la grande rapina al museo cinematographe.it

18 marzo 1990, Boston. Da quel colpo fatto ad arte sono trascorsi trent’anni. Ma dei 13 dipinti nemmeno l’ombra. Degas, Manet, Flinck, Vermeer, un vaso cinese e il “cristo nella tempesta sul mare di Galilea”, unico dipinto marino ad opera di Rembrandt. 500 milioni il loro valore, a stimarlo in dollari. Inestimabili, a guardare la storia dell’Arte.

Il mistero del furto segue quello della scomparsa. Com’è possibile che nella notte del 18 marzo, nella città immersa nei festeggiamenti di San Patrizio, due uomini poterono entrare all’Isabella Stewart Gardner Museum e muoversi al suo interno per ottantuno minuti? Quasi un’ora e mezza di assoluta libertà. Dei quadri rimangono le cornici. Nel tempo a loro disposizione, i ladri, hanno potuto tagliare e staccare le tele. Oltre che prendere le registrazioni delle videocamere di sorveglianza. Le guardie? Il giovane di turno è stato legato nel seminterrato, e inserito nella lista dei possibili complici. A ricostruirla, quella notte, se ne perde la logica. L’unico fatto certo è una scomparsa di cui restano le cornici; beffarda testimonianza dei Lupin più efficaci di sempre.

A Boston un colpo fatto ad arte – la grande rapina al museo 

Un colpo fatto ad arte la grande rapina al museo cinematographe.it

Alla ricostruzione del fatto, ancora passibile di domande e ambiguità, consegue la vera domanda: dove sono oggi i 13 capolavori del Gardner? Ed è su questo che Un colpo fatto ad arte – la grande rapina al museo inizia una mappatura che da Boston arriva in Giappone, passa per l’Arabia Saudita, si ferma a New York e torna in Massachusetts. La cerchia si allarga ma parte dai più sospettabili agli inimmaginabili.

Scartata l’ipotesi di un furto interno, di rapporto tra la giovane guardia hippie e i due rapinatori, si apre una voragine. E a guardarci dentro salgono le vertigini. Allora Un colpo fatto ad arte – la grande rapina al museo si rivela. Al centro non è solo il furto. Il luogo del delitto, Boston, ruba la scena. Entra in gioco la criminalità Irlandese, la Mafia italiana, gli esperti di furti d’arte. La città è un labirinto, e non se ne esce senza che sia destino tornarci.

L’irrisolto mistero del Gardner unisce puntini tipici del crime e si rivela vincente in veste di docuserie piuttosto che di fiction. “Sembra un film” è il primo pensiero. Dai poliziotti armati di ciambelle al difficile rapporto tra sicurezza locale e federali. C’è tutto. Persino un ladro esperto di opere d’arte, ora a piede libero e interpellato dalla docuserie, la quale non si fa scappare l’ipotesi che possa essere lui stesso uno dei complici.

Tra realtà e cinema

Un colpo fatto ad arte: la grande rapina al museo cinematographe.it

Diretto dai fratelli Barnicle, Un colpo fatto ad arte – la grande rapina al museo intreccia ricostruzioni grafiche, messe in scena e immagini di repertorio. Alcuni audio esclusivi vengono montani su delle interpretazioni attoriali, giocando sulla sfumatura tra docu e fiction. Proprio come gli abbonati Netflix hanno confermato di apprezzare.

La serie è infatti solo l’ultima di un cospicuo gruppo di documentari con cui la piattaforma ha riportato il genere al centro dell’attenzione pubblica. Il sistema è collaudato e fonda tutto su una drammatizzazione esasperata degli eventi, ripresi con la cura tipica delle migliori serie contemporanee.

Un colpo fatto ad arte – la grande rapina al museo riesce inoltre a muoversi in una scacchiera di allusioni tra realtà e cinema. Sbirciamo in un mondo che assomiglia a un episodio de I Soprano, a un film di Scorsese o semplicemente alla cruda realtà a cui queste opere hanno sempre dovuto la propria ispirazione.

Un colpo fatto ad arte - la grande rapina al museo cinematographe.it

Persi nel traffico delle ipotesi, Un colpo fatto ad arte – la grande rapina al museo rallenta e scende dall’abitacolo; camminando tra vagoni di supposizioni ed errori madornali si crogiola nell’incompletezza. L’ordine ricercato, coi fili tesi e intrecciati su lavagne di sughero, finisce nel nulla e arriva allo spettatore. “E quindi?”, e quindi nulla. Il mistero resta tale, ma la storia si riaccende un interesse nuovo. Allo spettatore il dubbio e la scelta sul miglior sospettato. Ma se vi è capitato di osservare un Rembrandt nel soggiorno del vicino sappiate che il Gardner offre ancora 10 milioni. Qui il loro numero, non si sa mai.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2

Tags: Netflix