C’era una volta il crimine: recensione del film di Massimiliano Bruno

La banda si ritrova nell’Italia del 1943 alle prese con i nazisti in un’ultima, rocambolesca avventura.

La scalcinata banda criminale di Massimiliano Bruno saluta il pubblico con il terzo capitolo della saga cominciata con Non ci resta che il crimine: in C’era una volta il crimine, dal 10 marzo al cinema, prodotto da Italian International Film con Rai Cinema, ritroviamo i “veterani” Marco Giallini e Gianmarco Tognazzi, Moreno e Giuseppe, con lo stesso Massimiliano Bruno nel ruolo di Gianfranco, al loro fianco le new entry Giampaolo Morelli e Carolina Crescentini. Il film vede anche la partecipazione di Edoardo Leo, di nuovo nei panni di Renatino della banda della Magliana, Giulia Bevilacqua e Ilenia Pastorelli.

C’era una volta il crimine – Un omaggio alla commedia all’italiana

C'era una volta il crimine, cinematographe.it

Nel terzo capitolo della saga la banda decide di viaggiare indietro nel tempo fino al 1943 per rubare la Gioconda ai francesi e per portare a termine la difficile missione si servono dell’aiuto di Claudio Ranieri, professore di storia pignolo e iracondo. Dopo aver completato l’impresa le cose però precipitano: ricercati dai nazisti si rifugiano a casa di Adele, la giovane nonna di Moreno che incontrerà anche sua madre da bambina. Quando la piccola finisce in mano ai nazisti, la banda insieme ad Adele attraverserà l’Italia occupata, devastata dagli ultimi drammatici giorni della seconda guerra mondiale, per ritrovarla e salvarla, incontrando sulla loro strada personaggi storici come il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini, il re Vittorio Emanuele e Benito Mussolini.

A differenza dei capitoli precedenti che vedevano i protagonisti alle prese con gli anni ’80, sfruttando le loro conoscenze calcistiche per fare soldi durante i Mondiali del 1982, e scontrandosi con la banda capitanata da Renatino, in C’era una volta il crimine si trovano ad affrontare uno dei capitoli più drammatici della storia italiana.  Moreno, Giuseppe e Claudio sono catapultati all’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio, quando l’Italia firmò la resa incondizionata agli Alleati, ponendo fine all’alleanza con la Germania nazista di Adolf Hitler e dando inizio alla campagna d’Italia e alla Resistenza nella guerra di liberazione italiana contro il nazifascismo. Proprio per questo motivo il film di Massimiliano Bruno assume più che nei capitoli precedenti i contorni di una commedia all’italiana che si ispira totalmente a quella che ha reso grande il nostro cinema e lo fa alternando la sua inconfondibile comicità al dramma, a momenti di profonda riflessione sull’insensatezza della guerra, sulla disumanità di chi era al potere.

C'era una volta il crimine, cinematographe.it

Tanti gli omaggi al cinema che ha raccontato con “riso amaro” gli episodi più drammatici della nostra storia, come La grande guerra di Mario Monicelli, per poi passare a riferimenti più recenti come Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino nel modo di sbeffeggiare dittatori, re e servi del potere, come nell’esilarante incontro con Benito Mussolini (Duccio Camerini) che prima vediamo in versione colonnello Walter E. Kurtz come nella scena madre di Apocalypse Now, poi vanesio a farsi fotografare in pose ammiccanti da Adele, bravissima fotografa.

C’era una volta il crimine – Morelli – Giallini una coppia che funziona

C'era una volta il crimine, cinematographe.it

Quello che funziona in particolar modo è la nuova coppia costituita da Giampaolo Morelli e Marco Giallini, la mente e la furbizia, un “duetto” che regala alcuni momenti esilaranti, incarnando i personaggi “tipo” della commedia all’italiana, sempre mossi dalla bramosia del guadagno, esperti nell’arte di arrangiarsi fregando il prossimo, due cialtroni che però rivelano una profonda umanità nei momenti più drammatici.

C’era una volta il crimine chiude una saga che ha alternato alti e bassi e che anche in questo capitolo rivela degli scivoloni nella sceneggiatura (scritta dal regista con Alessandro Aronadio, Andrea Bassi e Renato Sannio) e nella regia, tra risvolti poco credibili e lungaggini soprattutto nello scontro alla fine del film, che però non inficiano il risultato finale, forse il migliore dei tre capitoli, e l’intento del regista, quello di far divertire attraverso la commistione tra commedia, azione e fantascienza, e riflettere.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.5