Quando tutto cambia: spiegazione del finale del film di Helen Hunt

Quando tutto cambia, film del 2007 che ha visto il debutto alla regia di Helen Hunt è un lavoro indipendente, autoprodotto, delicato e molto emozionante. Ad affiancare l’attrice, che ha ricoperto anche il ruolo della protagonista, i bravissimi Colin Firth, Bette Midler e Matthew Broderick.

In Quando tutto cambia è la maternità la vera protagonista

Helen Hunt, dopo diversi anni lontana dal grande schermo, ritorna alla regia e per necessità di budget anche come attrice protagonista, mettendo in scena una storia semplice che ha al centro il desiderio di maternità di una donna di 39 anni.
Poi però, nel corso del film, questo desiderio di maternità si spacchetta, si espande e diventa universale: protagonista assoluta del film è la maternità, in tutte le sue forme e le sue espressioni.

C’è April, la sua età, il divorzio dal marito, amico di sempre e i suoi tentativi di rimanere incinta. Ma poi compare anche Bernice, presentatrice televisiva famosa, che le chiede un incontro in cui le dichiara con finta leggerezza di essere la sua madre biologica.
E quando la sua madre adottiva muore improvvisamente lei si ritrova inevitabilmente a confrontarsi con questa donna che l’ha abbandonata.

Ma poi arriva anche Frank, che ha divorziato da poco, ha due figli che non riescono a fare a meno di lui, tanto da dormirci insieme e costringerlo a dormire in macchina mentre loro sono a scuola per non volerli lasciare. Maternità, che ritorna anche in quest’uomo, angioscioso e perso, che infatti incontra in modo naturale April, una donna persa.

Quando tutto cambia: un finale in linea con lo stile delicato del film

In tutta questa narrazione, rispettosa e tenera, il film si conclude con un finale dallo stile perfettamente coerente, che, inaspettatamente, mette in evidenza una grande evoluzione di tutti i personaggi, in particolare di April.
April affronta il suo dolore di non riuscire ad avere figli e respinge all’inizio l’ipotesi dell’adozione. Perchè lei stessa, adottata, ha sempre pansato che sua madre guardasse il fratello, figlio biologico invece, in modo diverso, più profondo e intimo.
Questo è quello che veramente la blocca e questo è quello che deve affrontare e che affronta nel film, con l’aiuto inconsapevole di questi personaggi surreali attorno a lei, in primis la madre ritrovata e Frank.

Nel finale, tutto torna. Tutto viene cucito con quel filo che passa attraverso i personaggi sin dall’inizio: il filo della dignità, il filo delle emozioni contenute e riservate in un angolo, perché esprimerle per quello che sono sarebbe troppo doloroso. Sarebbe troppo doloroso per April decidere di adottare dal momento in cui crede erroneamente che lì manchi il vero legame materno che le è mancato tutta la vita, come sarebbe doloroso per Bernice mettere da parte la sua ironia e la sua leggerezza per affrontare tutte le sue colpe.

E tutto torna con un lieto fine, che rende questo film ancora più bello, anche se molto sottovalutato e ancora più evocativo nel suo calore materno. Ci emozioniamo nel finale, con un sorriso stampato sulle labbra, che ci fa pensare che alla fine un po’ di serenità poi arriva per tutti.