Paul Newman: film, pensieri e citazioni di un divo anticonformista

Un’anomalia hollywoodiana: il mito Paul Newman aveva tutte le carte in regola per essere un perfetto “prodotto” della “fabbrica dei sogni”.

Bello da sfiorare la perfezione, occhi azzurri (due laghetti azzurri impreziositi da pulviscoli d’oro scrisse Oriana Fallaci che lo intervistò per L’Europeo al Festival di Venezia nel 1963), capelli biondi, fascino da vendere e un talento innato che sembra accomunare illustri colleghi del suo tempo: da Marlon Brando a Steve McQueen.

Allergico ai riflettori, ai capricci da divo e non disposto a svendere la sua vita privata ai media, Paul Newman si guadagna da subito la fama di attore riservato e scontroso, che non avrà mai un buon rapporto con l’establishment Hollywoodiano e con l’Academy.

Il suo primo Oscar infatti arriva solo nel 1986, quello alla carriera (in riconoscimento delle sue innumerevoli memorabili ed irresistibili interpretazioni e per la sua integrità personale e dedizione alla sua arte), poi quello come migliore attore nell’87 per Il colore dei soldi di Martin Scorsese e uno umanitario nel 1994.

Non me ne importa nulla del premio – rispose alla Fallaci dispiaciuta per la sua mancata vittoria a Venezia per Hud il selvaggio di Martin Ritt –  Recitare non è una competizione sportiva, una corsa a ostacoli per arrivare primo. E poi si sa bene come funzionano i premi, sia ai festival che agli Academy Awards: più che un attore, si premia una casa produttrice, un Paese, più che una onesta valutazione si fa un gioco politico, di convenienza. E quando il giudizio non è libero, la medaglia di quel giudizio che importa? A me basta che dicano: ecco un uomo onesto che fa il suo mestiere onestamente.

Dall’Actors Studio ai ruoli leggendari

Paul Newman il suo lavoro lo ha fatto in maniera superlativa per 50 anni, anche se all’inizio la critica non riconobbe la sua bravura, anzi, lo stroncò appena uscito dal prestigioso Actors Studio. Nel 1954, infatti, debuttò ne Il calice d’argento di Victor Saville e il The New Yorker scrisse: recita la sua parte con il fervore emotivo di un autista di autobus che annuncia le fermate locali.

Paul Newman arrivò addirittura a comprare una pagina di un quotidiano nazionale per chiedere scusa per la sua interpretazione:

Se penso che il mio primo film fu Il calice d’argento, il peggior film mai realizzato in America. Ed essere sopravvissuti a Il calice d’argento… Eh, sì: il successo non mi è venuto dalla sera alla mattina. Meglio, però. Il successo improvviso non è sopportabile, turba l’equilibrio, rovina la gente.

Tante le interpretazioni memorabili: dal pugile Rocky Graziano in Lassù qualcuno mi ama di Robert Wise del 1956 al latente omosessuale nel cult La gatta sul tetto che scotta al fianco di Elizabeth Taylor, tratto dall’omonimo romanzo di Tennesse Williams. Newman restituisce un personaggio, quello di Brick Pollitt, tormentato, infelice e rabbioso, incapace di sopportare e amare la bella e focosa moglie e di accettare la propria omosessualità.  In realtà, tuttavia, a causa della censura tale tematica nel film non fu affatto approfondita rispetto al testo teatrale.

In Exodus di Otto Preminger del 1960 è un ebreo che guida la rivolta dei profughi contro un blocco inglese che impediva loro di sbarcare sulla terra che sarebbe diventata poi lo Stato di Israele.

Un ruolo pienamente su misura per Newman è quello di Eddie Falson, un campione di biliardo, in Lo spaccone del 1961: uno dei tanti ribelli e anticonformisti interpretati dall’attore che rispecchiano in parte la sua personalità come il brillante e antiautoritario detenuto Nick Manofredda nell’omonimo film di Stuart Rosenberg del 1967.

Oppure il fuorilegge del vecchio West Butch Cassidy al fianco di Robert Redford nella pellicola di George Roy Hill del 1969: memorabile la scena finale in cui i due compagni di avventure feriti e consapevoli di essere spacciati si lanciano fieri in una disperata sparatoria contro i nemici che li accerchiano.

La riuscitissima coppia di attori reciterà di nuovo insieme, sempre per lo stesso regista, nel 1973 nel celebre La stangata: poker, truffe e una colonna sonora leggendaria fanno di questo film un classico intramontabile.

Grande successo di pubblico e incetta di premi Oscar (ma non per i protagonisti). Il cinico personaggio di Eddie Falson viene poi ripreso nel 1986 da Scorsese in Il colore dei soldi che insegna i trucchi del mestiere (e della truffa) a un giovane Tom Cruise, promessa del biliardo. L’addio di Newman al Cinema avviene nel 2002 nel film di Sam Mendes Era mio padre nell’intensa interpretazione dello spietato boss John Rooney.

 

Un amore lungo 50 anni

Con la seconda moglie, l’attrice Joanne Woodward gira numerosi film insieme, si sposa nel 1958 e rimane insieme a lei per 50 anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 2008.

Niente scappatelle, squallidi flirt sul set come la vita da attore “comanda”. Insomma, niente pane per i denti dei giornali scandalistici famelici di scoop, che sbattono in prima pagina dive viziate, star infedeli e dalla vita dissoluta, coppie che scoppiano e si riprendono infinite volte (vedi Liz Taylor e Richard Burton).

La mia famiglia è un santuario e nessuno è mai entrato in quel santuario – sentenziò durante l’incalzante intervista con la Fallaci – so che alcuni la sfruttano, la propria famiglia, per pubblicità. Io non ho nessun obbligo di farmi pubblicità. Solo di recitare meglio che posso. Tutto il resto è inutile [..] Io non funziono bene tra la gente, gli applausi, la curiosità […]

Mi dà angoscia, imbarazzo: come quando, non so, devo andare al Chinese Theatre di Hollywood per la prima di un film e appena scendo dall’automobile la gente si mette a gridare. Una cosa è stare sul palcoscenico quando il sipario è abbassato e la gente ti applaude: ti applaude perché hai fatto uno sforzo, un lavoro.

Lotte politiche e beneficenza

Impegnato socialmente, negli anni ’60 prese posizione a favore degli afroamericani nella lotta per i diritti civili insieme a Marlon Brando, Harry Belafonte, Burt Lancaster, Sidney Poitier, Charlton Heston, Diahann Carroll, Tony Franciosa.

Lo sa che pubblicità ci siamo fatti? Di agitatori. E lo sa con che risultato? Che Gli ammutinati del Bounty, il film di Marlon, doveva essere proiettato dopo dieci giorni e non è stato più proiettato, e il mio film Hud il selvaggio, già in proiezione, non reggerà dieci giorni.

Oriana Fallaci: Senza dubbio ha avuto coraggio, quella posizione era pericolosa per la sua popolarità, certa gente ha reagito malissimo…

Me ne frego di come hanno reagito. Me ne frego della popolarità! Il compito di un attore non è quello di custodire la sua popolarità, è quello di usare la sua popolarità per una causa giusta, muoversi, fare qualcosa. Io disprezzo chi non fa nulla e, se la maggioranza non fa nulla, non è detto che stia con la maggioranza; se le leggi diventano opprimenti, ciò non significa che si debbano accettare le leggi. Ciò è coraggioso?

Non credo. Stare fuori della norma non comporta coraggio, farsi nemici nemmeno: chi non ha nemici, non ha carattere. Io ce l’ho, il carattere, anche se ho gli occhi celesti, e così sono andato nell’Alabama: a dimostrare a quei neri che qualcuno si preoccupava di loro. E dopo l’Alabama ho fatto la marcia su Washington. Oh, è stato bellissimo, sa?

Sensibile e battagliero quindi, che agisce concretamente per donare il suo aiuto ai meno fortunati: nel 1982, infatti, fonda un’azienda alimentare specializzata in produzioni biologiche i cui ricavi vengono devoluti in beneficenza e nel 1988 l’Associazione “Hole in The Wall Camps” per la ricerca di nuove terapie per curare bambini gravemente malati inaugurando personalmente nel 2007 una sezione anche in Italia, a Limestre in provincia di Pistoia.