La isla minima: spiegazione del finale del film con Javier Gutiérrez

Se il thriller di Alberto Rodriguez La isla minima (trailer) riesce a colpire nel segno è per la sua capacità d’intrecciare sottilmente vicenda narrata e contesto storico nel quale questa s’inserisce. L’intenzione, da parte del regista, di affiancare e mescolare questi due “piani narrativi” risulta evidente lungo tutto il corso del film, ma emerge più duramente nel finale, centrale per la comprensione di quello che, apparentemente secondario, è il reale “messaggio” della pellicola.

La centralità del momento storico-politico nell’economia del film: la Spagna post-franchista

Siamo in Spagna, in un piccolo villaggio andaluso sulle rive del Guadalquivir, e siamo nel 1980, momento storico di cruciale rilevanza per l’intera nazione che, dopo la fine del regime dittatoriale di Francisco Franco, sta attraversando una delicata fase di transizione che la porterà alla conquista di una Costituzione democratica ma anche, nel 1981, al tentativo di colpo di stato messo a punto dall’esercito e prontamente stroncato da re Juan Carlos, sostenitore della Costituzione democratica. Il popolo spagnolo vive in condizioni estremamente difficoltose, l’economia è in fase di regressione, i lavoratori manifestano per migliorare le condizioni di lavoro.

Vediamo così nel film territori paludosi abitati da famiglie che vivono in condizioni di povertà, da persone che lavorano nel fango o cacciano illegalmente pur di portare qualcosa a casa. Sentiamo susseguirsi alla radio notizie di manifestazioni di lavoratori e piazze in rivolta. E poi vediamo i due protagonisti che, più che due poliziotti qualunque inviati a risolvere un caso, si mostrano portatori e simboli delle due “anime” di questa Spagna, “stridenti” sin dall’inizio e duramente contrapposti nelle scene finali del film.

La centralità, nell’economia del film, della situazione storica, è confermata dallo stesso Rodriguez, il quale afferma in un’intervista:

La isla mínima nacque alcuni anni fa, in una mostra fotografica che ero andato a visitare con Alex Catalán, direttore della fotografia e mio amico. Atín Aya, il fotografo di Siviglia, si era dedicato a catturare le ultima vestigia di uno stile di vita che era esistito per secoli nelle paludi del fiume Guadalquivir. Molte delle fotografie erano ritratti di abitanti del posto e mostravano un misto di rassegnazione, diffidenza e durezza che erano parte di quei volti congelati nel passato e che, con la meccanizzazione del lavoro, molto probabilmente non avrebbero avuto un futuro duraturo. La mostra rifletteva la fine di un’era. Questo è stato il mio primo contatto con La Isla, un paesaggio crepuscolare, adatto a un western di fine secolo.

E ancora:

Nel 2009, con Rafael Cobos abbiamo giocato con la possibilità di scrivere un “noir” […]. Come fonte di ispirazione avevamo anche tutto quello che le paludi evocavano in noi, un magico e misterioso luogo in cui la ricchezza e il potere hanno vissuto spalla a spalla con il dolore e la tristezza di personaggi che sono il risultato di un passato politico e sociale. Così abbiamo iniziato a scrivere la storia. Abbiamo deciso di ambientarla nel 1980, anno di grandi tensioni politiche in Spagna, una tensione che doveva essere percepita in sottofondo, come un digrignare di denti…

Dunque un film che non si “limita” alla messa in scena di un thriller dalla fisionomia cupa e intricata, ma vi inserisce anche spaccati storici, spunti di riflessione fondamentali grazie ai quali Rodriguez ha trionfato ai Goya (i principali premi del cinema spagnolo) del 2015: 10 riconoscimenti tra cui quelli per miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura originale e miglior attore protagonista a Javier Gutiérrez.

Tracciamo allora brevemente la trama de La isla minima

La isla minima

In un piccolo villaggio sulle rive del Guadalquivir due sorelle di 15 e 16 anni scompaiono, una sera, al ritorno dall’annuale festa paesana. Due poliziotti vengono allora inviati da Madrid per risolvere il caso. Protagonisti assoluti del film, i due si rivelano da subito molto diversi.

Pedro (Raúl Arévalo) è un uomo razionale, determinato nel voler portare a termine il caso, ma con le idee chiare per ciò riguarda le modalità e soprattutto l’atteggiamento che un detective deve tenere durante le indagini. Sposato e con un figlio, è stato mandato in provincia a causa di una sua lettera contro un suo superiore ancora legato al regime franchista.

Juan (Javier Gutiérrez) è invece un poliziotto dall’indole impulsiva e irascibile, serio per ciò che riguarda il proprio lavoro ma facile preda di atteggiamenti violenti. Scapolo, amante del buon bere e delle belle donne, si scoprirà avere un passato più torbido di quanto lui stesso voglia far credere.

Costretti a mettere da parte le loro divergenze per il bene del caso, Pedro e Juan iniziano ad indagare, trovandosi a combattere con i timori e l’omertà della gente del paese che spesso, invece di aiutare i poliziotti nelle indagini, sembra collaborare alla creazione di un velo d’opacità sopra tutta questa vicenda. Tuttavia, dopo alcune ricerche e alcune indicazioni di una “medium” locale, i poliziotti ritrovano i cadaveri delle due ragazze, seviziati e gettati nel fiume. Scopriranno di lì a poco che altre due ragazze, più o meno dell’età delle sorelle appena ritrovate, sono scomparse e poi state ritrovate uccise nei due anni precedenti, con la stessa ferocità e sempre in corrispondenza della festività paesana.

Di primaria importanza è allora scoprire ciò che queste ragazze avevano in comune, e farlo prima che qualche altra giovane donna del villaggio faccia la stessa fine

Grazie ad indagine accurate e a testimonianze estorte spesso con i modi bruschi e violenti di Juan – nei confronti dei quali Pedro mostra tutta la sua avversione – emergono due essenziali tratti comuni: erano tutte ragazze che sognavano di lasciare quel piccolo villaggio fatto di chiacchiere e maligni pettegolezzi, per trovare lavoro altrove; ed erano state tutte legate a Quini (Jesús Castro), famoso nel villaggio per il suo fascino, e fidanzato adesso con un’altra giovanissima ragazza, Marina.

Quest’ultima, dopo un lungo tormento, confessa, con l’aiuto della madre delle due sorelle uccise, di esser stata vittima di abuso da parte di qualcuno, qualcuno che, insieme allo stesso Quini, l’ha costretta e legata nuda a letto, per poi scattarle delle foto minacciandola di mostrarle all’intero paese qualora avesse parlato. Si inizia così a comprendere come queste ragazze fossero state tutte vittime di abusi e, al medesimo tempo, di ricatti. Ma da parte di chi? E qual è il ruolo di Quini in tutto questo?

La vera svolta arriva quando Juan e Pedro scoprono che tutte le ragazze possedevano uno stesso volantino, pubblicizzante la possibilità di lavorare fuori, fuori da qual paese tanto odiato. Si mettono allora alla ricerca di colui che doveva averglielo fornito, scoprendo che si tratta di un uomo che lavorava in un hotel di Malaga, dal quale tuttavia era stato cacciato, risultando così ricercato da due anni. Si chiama Sebastian. La soluzione sembra sempre più vicina. Bisogna trovarlo.

La scoperta dell’assassino de la Isla

È così che, grazie alla testimonianza della padrona della tenuta di campagna in cui Marina confessa di aver subito violenza, Juan e Pedro scoprono che l’attuale custode della villa è proprio lui, Sebastian. È lui che, con l’aiuto di Quini, porta lì le giovani ragazze, le violenta, le fotografa e infine le uccide. In una scena colma di tensione vediamo i due poliziotti rincorrere Sebastian tra le paludi, per poi ucciderlo con una serie infinita di coltellate inflitte senza scrupoli da Juan. Nel bagagliaio della macchina dell’assassino viene ritrovata Marina, salvata giusto in tempo da una fine già scritta. Quini viene arrestato, Juan e Pedro possono ripartire verso Madrid.

Ma la scena finale de La isla minima ci mostra un intenso sguardo tra Juan e Pedro, uno sguardo che fa capo a un’altra storia, la storia della Spagna

La scena finale del film, in cui i due poliziotti, risolto il caso, si apprestano ad entrare in macchina per ripartire verso Madrid, può senza dubbio essere indicata come la scena più forte e significativa dell’intera pellicola. È in questa scena che si manifesta tutta la volontà di Rodriguez di affiancare alla narrazione della vicenda vera e propria, fatta di omicidi e indagini, un’altra storia che, pur intrecciandosi con quella principale, continua in un certo qual modo a restargli parallela, correndo su binari propri. Ed è la storia della Spagna dell’epoca, di una Spagna divisa tra coloro che sono ancora legati al regime dittatoriale di Franco e coloro che auspicano invece la costituzione di una democrazia che metta definitivamente fine all’oppressione e alla violenza franchista.

Questa due “anime” della Spagna vengono incarnate dai due protagonisti, che rappresentano l’uno (Pedro) la Spagna nuova, la Spagna che vuole rinascere dalle ceneri di un regime dispotico e conquistare una Costituzione democratica, l’altro (Juan) la Spagna dittatoriale, la Spagna dei militari, della violenza e dell’oppressione. Intorno a queste due “anime” della nazione ruota, come Rodriguez ben mostra, un popolo fortemente provato dagli eventi socio-politici che lo hanno scosso, ma anche connivente, in taluni casi, con il potere locale e la criminalità locali. Una società ancora fortemente maschilista, attraversata dai traffici di droga e da una mentalità chiusa, a tratti omertosa. Un momento storico cruciale quanto difficile, che si riassume nella contrapposizione tra Juan e Pedro.

La isla minima: cosa significa dunque la scena finale? Perché quello sguardo? 

Lo sguardo finale tra i due è l’epilogo di una storia i cui dettagli vengono centellinati lungo tutto il corso del film, lasciando intuire senza mai svelare fino in fondo, se non appunto nel finale.

Iniziamo ad avvertire la distanza tra i due poliziotti già all’inizio del film, al momento del loro arrivo al villaggio: nella stanza in cui alloggiano è infatti presente un crocifisso in cui sono affisse le foto di alcuni dittatori tra cui Hitler e Francisco Franco. Profondamente turbato alla vista di quel crocifisso, Pedro lo toglie prepotentemente dalla parete, incrociando lo sguardo di Juan, che sorride quasi sarcasticamente.

Assistiamo poi all’incontro dei due poliziotti con i militari del posto, i quali, nella spiegazione dell’accaduto – ma anche successivamente – mostrano non soltanto un atteggiamento fortemente maschilista, ma anche una parziale connivenza con i poteri e la criminalità locale. Dopo un’aperta critica, da parte di Pedro, nei confronti di tale atteggiamento, questo scambio di battute con Juan inizia a chiarire le rispettive posizioni:

– Juan: Non era il momento di criticare i militari.

– Pedro: Quello che ha detto quel fatto è contro la democrazia. Io ho solo scritto una lettera al giornale, non è un crimine.

– Juan: Questo paese non è democratico, non è abituato. Non puoi metterti contro un generale e aspettarti una pacca sulla spalla. I militari hanno ancora influenza.

– Pedro: Che dovremmo fare, lasciare tutto come era prima?

– Juan: Guarda dove sei finito…

Mentre Pedro mostra tutto il suo attaccamento all’ideale democratico, Juan sembra accettare acriticamente l’oppressione, il maschilismo, la violenza militare, “strascichi” del regime franchista.

A scardinare ogni dubbio e a provocare il gelido sguardo finale è infine la rivelazione del giornalista che sta aiutando Pedro nella risoluzione del caso. È lui a confidargli, la sera prima della ripartenza verso Madrid, come Juan facesse parte, sotto la dittatura, della Brigata Sociale e Politica, organo militare di repressione nel quale il poliziotto si era guadagnato il soprannome de “il corvo”, spietato torturatore macchiatosi dell’assassinio di molti oppositori al regime, tra cui una studentessa durante una manifestazione politica.

Tutto quello contro cui Pedro lottava, tutto quello a cui voleva opporsi, adesso ce l’aveva davanti. Il suo compagno altro non era che una spietata figura del regime dittatoriale. Questo spiegava tutto: la sua violenza, la sua ferocia – dimostrata anche nella brutale uccisione dell’assassino della Isla –, la sua difesa nei confronti dei militari.

Juan era uno di loro. Adesso Pedro lo sapeva. E Juan sapeva di essere stato scoperto. Il loro sguardo, in un eloquente silenzio, racchiude tutta la durezza di un inevitabile confronto/scontro politico tra le due anime contrapposte del paese.