Intervista a Sergio Martino: “il cinema? É morto e non ce ne siamo accorti”

Al Trieste Science + Fiction Festival abbiamo intervistato il regista Sergio Martino, che ha da poco ritirato il Premio Urania d'Argento

“Fu un produttore tornato da una convention ad Hong Kong a dirmelo: il cinema è morto, l’ha ucciso la tecnologia. Aveva visto il primo DVD, e mi disse che il cinema non poteva reggere a quella concorrenza, che la televisione si sarebbe presa ciò che era rimasto. Io non gli credetti, nessuno gli credette…come potevamo? Facevamo i film, avevamo successo, non vedevamo ciò che ci circondava…” Eh già…chi poteva? Non nasconde le sue perplessità fin dall’inizio Sergio Martino.

La voce va e viene “scusate, colpa dell’influenza” ma i concetti, le idee, i ricordi sono mille volte più chiari e compiuti di gran parte dei 30enni in circolazione, che magari sono sicuri di sapere già tutto lo scibile del cinema e ignorano che questo signore alto e armato di sciarpa blu ha firmato alcuni film tra i più significativi del panorama italiano degli ultimi 40 anni. Da L’Allenatore nel Pallone a Tutti i Colori del Buio, da 2019 – Dopo la Caduta di New York a I Corpi Presentano Tracce di Violenza Carnale, Sergio Martino si è a lungo destreggiato in generi molto diversi tra l’altro, riuscendo in tutti. L’horror, il fantascientifico, il western, la commedia, il giallo, il poliziottesco…oltre 40 film e molti che hanno incontrato il successo oltreoceano.

“Poi gli americani dopo Star Wars crearono questo gigantismo cinematografico che ci tagliò le gambe, non potevamo reggere a tutti quei milioni spesi in effetti digitali, ma la colpa è anche dell’Italia e della sua politica. Il cinema (e non solo il cinema) non è stato più oggetto di cura ed investimenti dalla fine degli anni ’80; non abbiamo più curato la tecnica e la tecnologia, e si che ne avevamo di esperti di effetti speciali…”

Oggi però il cinema di genere sembra aver riabbracciato i favori del pubblico e sopratutto l’interesse di molti registi e produttori, forse in cerca di maggior libertà creativa; ma c’è ancora un’esterofilia spesso fastidiosa “dicono che bisogna cercare sceneggiatori dalla Francia o altri paesi per fare film di un certo tipo…’scusate’ ho detto io, ‘ma li facevamo già questi film noi. Erano gli anni 60 e la critica ci massacrava’ silenzio in aula…vabbè. Noi facevamo un cinema d’imitazione degli americani ma con le idee e la fantasia eravamo comunque credibili”.

“Ma il cinema sta comunque morendo…”

Come maestro?

“Ma si, ma si….pensate all’ultimo Blade Runner. Pieno di divi eccetera e da noi fa si è no 3 milioni di euro. Questa cifra la facevo io con i miei film di una volta. La verità è che la televisione, le nuove serie, hanno distrutto il cinema, ormai la fruizione è a casa propria. Io non ci riuscirei mai, è una cosa troppo diversa, ci sono degli elementi di distrazione attorno troppo forti: il vicino che fa casino, il telefono che suona, la moglie che rompe le scatole…che roba è? La sale però una volta era sempre piena, c’erano cori da stadio, gente che stillava, ma forse è anche perché ormai tutto costa troppo”.

“Una volta uscivi, mangiavi, andavi al cinema e costava il giusto, oggi una famiglia che lo vuole fare spende un patrimonio…poi è ovvio che se la guardano in tv o con lo streaming. Ma non lo abbiamo capito finché non è stato troppo tardi, non coglievamo il fatto che ormai sparivano i mecenati, gli imprenditori interessati al film, a produrlo, a farlo bene. Oggi magari metti 500mila euro per la produzione e punti a intascartene il 10% risparmiando… ma è cominciata molto tempo fa ripeto la crisi.”

“Ma lo sapete che un bel giorno Goffredo Lombardo, con cui collaboravo da anni, mi disse ‘C’è un cretino di Milano che mi offre 2 miliardi di lire se gli do 100 dei miei vecchi film’. Il ‘cretino” era Silvio Berlusconi, a noi quei soldi sembravano tanti, ma lui si sarà fatto almeno 200 ore di trasmissione offrendo al pubblico a casa quello che fino a qualche tempo prima vedeva al cinema…aveva già capito come sarebbe andata nel futuro”.

Ma oggi? Oggi come vede il cinema Sergio Martino?

“Sta morendo certo, ma in Italia se non altro vedo una volontà di riscoprire l’originalità, di andare oltre il già visto e già sentito. Matteo Garrone mi ha cercato, si sta vedendo i miei film, lo affascina come passavo da un genere ad un altro. Per farlo bisogna avere fantasia, vedere la scena prima ancora di montarla. Lui è bravo, credo però che in fondo quello che gli viene meglio sia parlare del mondo criminale. Anche Mainetti mi sembra un ragazzo che ha un grande futuro, mi piaceva anche Calligari che purtroppo è mancato un paio di anni fa. A livello televisivo confesso che faccio un’eccezione sul medium per Sollima, non so perché al cinema ancora non gli fanno fare niente. La televisione ultimamente mi sembra che esalti un pò troppo personaggi che non andrebbero esaltati, basta aprire un giornale e leggere un fatto di cronaca per capirlo..”

Ma cosa si prova ad esser visto come un punto di riferimento da gente del calibro di Tarantino, Roth, Carpenter e soci?

“Tarantino mi si è inchinato davanti, mi ha chiamato Maestro” ride Sergio Martino ricordandolo “Ma del resto lo ha fatto con tutti i registi di cui si è innamorato, quasi tutti italiani tra l’altro. Un pò era imbarazzante confesso. Io le vedo sempre in chiave ironica. Io dai critici ho spesso preso sberle che ho accettato, tanto poi sapevo che i cadaveri passavano sul fiume con me sulla riva.

“Ma si, confesso, mi dà una bella soddisfazione sentire stima dal pubblico e dai nuovi registi che riscoprono i film che noi abbiamo fatto” concede Sergio Martino “Certo non bisogna esagerare, noi li facevamo con leggerezza, non ci prendevamo troppo sul serio. Eravamo ingenui come lo erano i grandi maestri del muto, che avevano aperto la strada a tutti noi. L’ingenuità è una gran cosa per un regista, mai scadere nell’auto-compiacenza”.