Louis Nero parla de Il mistero di Dante: “Tutti noi siamo Dante”

Il regista de Il mistero di Dante racconta perché il Sommo Poeta è un grande Maestro di vita. Tra divagazioni e approfondimenti storici, Louis Nero spera in un cinema capace di parlare al presente secondo le forme del mito.

Louis Nero si muove con originalità nel cinema italiano e internazionale. I suoi sette lungometraggi sono sorprese, spunti visivi a cui non mancano solide sceneggiature. Tra Golem a The Broken Key  ritroviamo i temi più universali, come si fosse chiamati a una rielaborazione continua del mito. Per questo Dante, di cui nel 2014 Louis Nero ha raccontato aspetti inediti nel documentario Il mistero di Dante, lo affascina e guida. Ora che il film è arrivato su Amazon Prime Video in molti potranno ritrovarsi spiazzati da interpretazioni lontane dall’accademismo più classico. Eppure, promette Louis Nero, è questa la versione ufficiale. Basta saperla vedere.

Intervistato, Louis Nero è una fonte infinita di stimoli. L’invito a scoprire il mondo sotto una nuova luce, tema portante de Il mistero di Dante, si manifesta in lui senza incoerenza alcuna. Più che il cinema, è il racconto, la poesia, a essere richiamata nelle sue parole. Perché era “la lingua delle divinità” e ora forse ne abbiamo un po’ paura. Eppure, nel cinema (a volte anche in quello italiano) c’è un mistero da scoprire. L’imbroglio, su cui si fonda anche il suo documentario, è però dietro l’angolo: se un segreto c’è, non è trasmissibile.

Louis Nero cinematographe.it

Partendo da un livello più letterale: perché Dante?

Dante è un personaggio così importante e così presente nelle persone che fanno ricerca sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista personale che è sicuramente un personaggio che devi affrontare. In ogni opera che ho fatto anche se non lo cercavo mi sono sempre trovato Dante in mezzo. Da sempre. Da Golem, quindi dal 1998, a oggi, ogni volta che affronto un personaggio c’è sempre Dante. Sto leggendo un romanzo per il mio prossimo film che sto scrivendo e c’è di nuovo Dante. È come un incubo! Per il semplice fatto che ha parlato di qualcosa che è dentro ogni essere umano. La persona che è riuscita a sintetizzare meglio che cos’è l’essere umano. Forse per questo Dante.

Mi è sembrato che Il mistero di Dante proponga una lettura non canonica di Dante e in generale un punto di vista differente sui classici. In aperta antitesi con le letture accademiche. È giusto?

La cosa interessante è che in realtà quella che porto nel film è l’interpretazione tradizionale. Tutte le altre, dal ‘400 in poi, sono ipotesi eretiche. Non perché te lo dico io, che ovviamente ho copiato, ma perché è Dante che ci dice che l’aspetto importante del suo lavoro è quello anagogico, che possiamo tradurre con segreto. La forma con la quale ha trasmesso questi contenuti, bellissima ovviamente, è solo un veicolo. Quindi in realtà quelli che si sono fermati sul suo aspetto letterale, hanno fatto un’interpretazione eretica. Basta che vedi la formazione di Dante. Non si è formato su altri letterati, ma sui filosofi dell’Islam, con la scuola di Palermo. Non erano scrittori, ma Filosofi. Forse è meglio considerare Dante un pensatore, ma bravissimo a scrivere.

Quindi possiamo dire che il tuo documentario mette un ordine in questa lettura persa nell’accademismo?

Io per arrivare a scegliere certe persone da intervistare ho fatto tantissima ricerca. C’è tanto materiale nella letteratura che poi la cultura ufficiale ha accantonato. Lo stesso Pascoli nel momento in cui ha iniziato a scrivere di Dante è stato allontanato dall’Università perché aveva una visione diversa. In realtà questa lettura sempre stata presente. Già Boccaccio invita a leggere Dante fuori dalle righe. Ma anche Petrarca, sono in molti. Ovviamente essendo un po’ più difficile, il mainstream toglie di mezzo queste interpretazioni. Le lascia all’approfondimento. Io non nego l’importanza di una lettura letterale, è il primo stadio per arrivare agli aspetti più profondi.

Secondo te l’accesso al livello più profondo della lettura dantesca dovrebbe avvenire tra i banchi di scuola, ossia al primo approccio con il Poeta, o successivamente come ricerca personale?

Entrambe le cose. Ovviamente non è compito della scuola italiana, ma non vale solo per Dante, prendiamo Shakespeare. La scuola ti dice che era un grande drammaturgo, analizza i testi, ma non ti dice chi era l’uomo. Ma anche quello è giusto. In un complesso globale ognuno fa la sua cosa. Cosa dovrebbe fare in più la scuola? Far conoscere anche la curiosità che spingeva Dante a fare queste ricerche. Poi l’approfondimento non è una cosa che si può studiare. Lo dice nel documentario La Porta: queste cose bisogna viverle. Ti faccio un esempio. Io amo Shakespeare. L’ho studiato a scuola e individualmente. Poi ho conosciuto una persona che si chiama Frances Yates. Ha preso Shakespeare e l’ha stravolto. Mi ha raccontato un mondo completamente diverso, basato sui fatti. Lo stesso con Giordano Bruno. Mi ha fatto capire perché Shakespeare ha scritto certe cose. Ed è molto importante questo aspetto, e non è lontano da Dante. Dante ha influenzato Shakespeare. Ricordiamoci che il più grande estimatore di Dante è stato Petrarca, e Petrarca è stato il maestro di Chaucer, a sua volta maestro di Shakespeare. Quindi l’italianità di Shakespeare arriva dal messaggio di Dante. Questi legami ci rivelano che l’aspetto simbolico in realtà è forse l’unico vero di queste persone. Quello letterale e quello storico sono ricostruzioni che non colpiscono nell’anima questi personaggi. Anche se analizzi dal punto di vista simbolico i viaggi di Dante scopri qualcosa in più. Va a Ravenna per San Francesco, segue tutte le Università di Italia, ma cosa faceva là? Discuteva con le nuove idee della Filosofia ottomana che cominciava a prendere piede in Italia. Il suo viaggio era un viaggio verso la conoscenza, non solo un esilio. L’anima di Dante risiede in questa ricerca spirituale. Non è nell’aspetto letterale. Quando mi sono confrontato con i più importanti esperti al mondo (che fa ridere siano tutti americani), ho capito che stanno stretti nel lavorare su Dante soltanto come Poeta. 

Come mai?

Noi vogliamo limitarci a parlare di Dante come poeta, perché abbiamo paura di cosa nasconde la Poesia. Conta che prima di Dante, la poesia era la voce degli uccelli, la voce della divinità, il modo per trasmettere le idee. Molti personaggi che la gente crede siano storici, come i papi, sono in verità allegorie per raccontare altro. Non te lo dico io, ci sono tracce dal punto di vista di altri racconti, come nella Scala di Maometto, da cui Dante ha preso tutto. Dante non ha inventato niente. C’è tutta una letteratura prima di lui che fa la stessa identica cosa.

Louis Nero intervista Gabriele La Porta

Il tuo film arriva su Amazon mentre in Italia si preparano i grandi Eventi per i 700 anni dalla morte di Dante. Credi sarà l’occasione per riscoprire sotto una nuova luce il poeta? 

Tu hai citato nella tua recensione Il viaggio dell’Eroe e lì sei molto vicino alla verità. Perché non c’è bisogno di rimettere Dante al centro, l’aspetto esoterico di Dante è sempre stato al centro. Gli storici e i filologi che si limitano a studiare l’apparenza hanno sempre messo in superficie l’aspetto letterale. In realtà per gli artisti il viaggio dell’Eroe è il viaggio di Dante. Chi altro dovrebbe essere? Ti potrei fare un elenco infinito di film che hanno copiato in maniera cosciente il percorso di Dante. Ce ne sono milioni di artisti che in realtà questo messaggio l’hanno trasformato nella loro forma di racconto. Nel film intervistiamo Vogler, l’autore del viaggio dell’Eroe. Lui ha adattato il testo di Campbell al cinema. Per esempio l’idea de Il re Leone con il leone che viene alzato verso il sole è sua. L’idea dello sdoppiamento di Fight Club è sua, come la consultazione mitologica di Matrix. Quindi in realtà è estremamente presente quest’aspetto del mito raccontato da Dante. Non c’è bisogno che ritorni perché per gli artisti non è mai sparito. 

Ho notato che ne Il mistero di Dante non appaiono i nomi degli intervistati, come mai?

Tutte le interviste si muovono in senso concentrico con tutti i pareri discordanti. Tutti quanti all’inizio hanno un parere discordante, poi ci si avvicina verso la fine (che è poi il centro) e tutti i loro pareri diventano sfumature della stessa idea. Convergono in uno stesso punto. Io non ho messo i loro nomi perché sono tutti Dante. Il primo insegnamento del Sommo Poeta è che siamo tutti Uno. Perché dividerli? Sono tutti interpretazione della via dantesca e contemporaneamente di Dante. La cosa interessante è che tutti gli intervistati vengono da luoghi ed esperienze diverse. Però su un’interpretazione simbolica convergono. Notavo ad esempio che nella tua interpretazione parli di Giacobbo, definendo volo pindarico il legame tra Dante e l’Islanda. Però fuori dal senso letterale ci sta benissimo Dante in Islanda. Sicuramente non c’è mai stato in Islanda fisicamente, ma se tu vai a vedere cosa vuol dire Islanda, che cosa sono i templari in rapporto con Dante, ti si rivela una metafora. Proprio questo è il lavoro che bisogna fare con Dante: non dare mai per scontata anche l’ipotesi più assurda. Perché può celare una interpretazione allegorica che in realtà è più vera della verità. Ti propongo un’ipotesi interessante: noi a malapena conosciamo cosa è successo nella seconda guerra mondiale. Come pretendiamo che la storia ai tempi di Dante sia corretta? Quindi la storia e l’ipotesi convivono a volte. Quando andavo a scuola io, si credeva che Omero fosse una persona vera. Ora si propende più per una lettura che vede un gruppo di aedi i cui racconti sono stati successivamente trascritti. In 20 anni si è cambiato idea su un personaggio così fondamentale. Quindi come pretendiamo di credere di conoscere Dante? Abbiamo dei problemi a conoscere Shakespeare, che è del ‘600. La storia non è così precisa e tecnica, dunque anche un’ipotesi, se motivata, può essere valida come la storia. So che agli storici non piace questa cosa, e infatti ci bisticcio spesso. Ma a un certo punto la storia è fantascienza, perché diventano ipotesi.

In conclusione, il documentario si affida allo spettatore invitandolo a scoprire Dante in maniera autonoma. Risuona un po’ come una chiamata all’azione, per riprendere Vogler. In questo lungo percorso, cosa stai imparando tu da Dante?

Dante è un grande maestro di vita perché non ti dà dei segreti. Non ti dice che esistono alieni o altre stupidaggini. Il sapere esoterico ti insegna una cosa molto semplice: intanto osserva ciò che ti circonda, poi trasforma i tuoi ostacoli in alleati. Per quello Vogler parla di Dante. Capire che noi non siamo il centro del mondo, anche se lo crediamo. I buddisti usano un termine che significa “fai scorrere”, qualsiasi problema conta fino a dieci e non c’è più. Ma non perché è una magia! Un gioco semplicissimo: stai male oggi, questo male passa. Questo è il messaggio esoterico. Non mettere il proprio Io al centro dell’attenzione. Perché non siamo importanti come crediamo di essere. 

In The Broken Key declino lo stesso messaggio: uomo conosci te stesso e capisci di essere Dio. Ma il messaggio è sempre lo stesso. Il bello di sapere il “segreto” è che dice sempre solo una cosa, ma declinata in modi diversi per far sì che ogni attitudine personale ci possa arrivare.

Possiamo dire che sul Tempio di Delfi ci fossero già tutti i libri e film della storia…

Assolutamente l’idea è quella. Ma la chiamata all’azione come hai detto tu è importante perché il mio film in se stesso ha un errore: il segreto non può essere comunicato. Lo devi vivere, nel senso che lo devi capire su te stesso, con i tuoi errori e la tua esperienza diventa effettivo. In tantissimi ordini esoterici si parla di un segreto che verrà comunicato solo agli iniziati. No, non c’è questo segreto. O meglio, c’è nel senso che è un segreto perché solo chi capisce lo può vedere, e non è un segreto perché è sotto gli occhi di tutti. 

Anche nel documentario vengono citati alcuni ordini occulti. Durante le riprese, o dopo la distribuzione del film, sei venuto a contatto con alcuni di questi o sei stato contattato?

Io con i Fedeli d’Amore ho veramente parlato! Ovviamente si apre un mondo sul concepire cosa sono i movimenti esoterici. Io non faccio parte di nessuno di questi, ma sono venuto a contatto con tutti per il semplice fatto che la vera iniziazione è aprire la mente. Non esiste nient’altro. Alcuni ordini esoterici ti aprono la mente, altri invece te la chiudono. Ci sono le aberrazioni in ogni cosa. La cosa curiosa è che Il mistero di Dante ha girato tutto il mondo. Siamo stati in Turchia a farlo vedere ai mussulmani estremisti, in Africa e in molti altri luoghi. Lo facevo vedere ai massoni e dicevano che Dante era massone. Lo facevo vedere agli Sciamani e ci ritrovano conoscenze sciamane. Lo facevo vedere ai mussulmani e ci ritrovavano la storia di Maometto. Per gli Indù era la storia di Krishna. Vuol dire che Dante è davvero universale. Ci hanno avvicinato una marea di pazzi. Chi diceva che Dante era un alieno o chissà, ma la verità è che avevano tutti ragione. Dante è tutto questo perché attinge direttamente al sapere primo. Questo sapere in realtà è unico per tutti, ma si declina in base alle tradizioni e ai popoli. Se analizzi le religioni, nella loro essenza, sono tutte uguali. Il filosofo francese René Guénon diceva che tutte le religioni sono uguali, e tutte sono vere. L’unica che dice di non essere uguale è falsa. Perché una religione per essere vera dev’essere uguale alle altre. Sembra un paradosso. Nel caso di Dante, c’è stata una grossa guerra per attribuire la Divina Commedia al pensiero Cattolico. Senza capire che chi ha voluto questo si è portato a casa una bomba nucleare. Perché Dante nega l’idea di un Cattolicesimo repressivo. Parliamo di cose accadute nel ‘600, ora anche il cattolicesimo ha cambiato forma. Ma a suo tempo hanno trasformato in araldo un filosofo molto più estremista di Giordano Bruno.

Quale cinema ha ora secondo te la capacità di proporre un vero livello allegorico di interpretazione?

Sicuramente il cinema americano ha una marcia in più su questo discorso. Già nel cinema classico, prima che Volger nascesse, c’erano già tutte queste idee. Ricordo che mi colpì George Lucas che, ricevendo una medaglia d’onore per la cultura, ringraziò Campbell. Questo sapere mitologico è una cosa esistente da tantissimo. L’America, essendo un luogo dove l’identità personale conta poco, perché convergono diverse culture, è stato il luogo migliore dove far crescere questo germe. L’Oriente ce l’ha nella sua natura ovviamente. In Italia invece difficilmente cresce questa cultura. Perché il cinema italiano ha una serie di grossi problemi.

In che senso?

Tanto per cominciare vuole raccontare la realtà tradendola. Poi è troppo politicizzato, non nel senso di schieramento politico, ma perché vuole per forza prendere la parte degli ultimi anche se non ci riesce. Fellini ci diceva che per raccontare la verità devi raccontare la bugia. Lui con La strada ha distrutto il neorealismo in una botta sola. Il cinema italiano è un unicum narrativo ovunque. Togliamo i grandi autori, in generale è sempre stato così. Ha una natura tutta sua, e che chi la capisce. Infatti mi stupisce quando i grandi registi americani amano il cinema italiano. Forse per un amore romantico per l’Italia, poi però il cinema italiano di per sé non è granché. Non si possono amare gli spaghetti western, Tarantino dovrebbero darsi le testate contro il muro tutti i giorni!

Anche noi però al contempo non siamo capaci di valorizzare. In ambito horror sono gli americani a ricordarci il valore di Fulci e Bava, mentre noi abbiamo occhi solo per Argento. 

Sì, anche alcuni film di Tornatore possiedono un aspetto simbolico-mitologico. Lui capisce l’essenza di questo mondo. Poi ci sono altri registi bravi, ma è un discorso diverso. Però pochissimi colgono questo livello allegorico. C’è stato Salvatores all’inizio, ora è morto ma non se ne è ancora accorto. Rispetto Sorrentino e Garrone, ma storie universali non ne racconti.

Nemmeno Garrone raggiunge il mito?

Con Pinocchio ha dimostrato di non esserne capace. Ha fatto un film con una regia bellissima, con una scenografia perfetta e in generale un’interpretazione del mondo collodiano davvero ottima. Peccato che non ha capito nulla di Pinocchio. Il racconto di Pinocchio è tutt’altra cosa rispetto a quello che ha raccontato Garrone. I.A di Spielberg ha capito il personaggio cento volte meglio di Garrone. Il suo è solo un burattino che si trasforma, senza l’aspetto simbolico. Non so se l’abbia fatto volontariamente o meno, però tutte le banalità del racconto di Collodi oggi non hanno più senso. Oggi fa ridere sentire uno che non vuole andare a scuola perché è biricchino. Era un discorso giusto ai tempi di Collodi, ma non è più contemporaneo. Il lavoro degli artisti è adattare il mito. Se prendi il mito così com’è e lo riproponi fai un errore grandissimo. Il bello sta proprio nel declinare. Per quello che Dante letto come sola poesia non funziona più su un giovane di 16 anni. Oggi se vuoi fare vedere Shakespeare a un giovane, o fai un film d’azione, oppure non lo capisce. Ma non è negativa questa cosa! Il linguaggio deve evolvere con le persone. 

Spielberg l’ha capito davvero il personaggio: l’essere umano che all’inizio del suo mondo è un burattino cresce fino a diventare la fata turchina. 

A proposito di Cinema italiano, quali sono i tuoi prossimi progetti? Stai lavorando anche a qualche serie tv?

Ho due grossi progetti: uno è un film che dovrei iniziare l’anno prossimo, su un personaggio storico italiano, poi sto scrivendo una serie per la TV americana con Nick Vallelonga, sceneggiatore di Green Book. Sto scrivendo anche un’altra cosa, però la finirò tra duecento anni.

Ti senti più sceneggiatore o regista?

Mi sento solo regista, però la scrittura è la parte più divertente. Perché hai la possibilità di documentarti su cose che neanche a morire avresti avvicinato. Quando ho affrontato Rasputin ho letto tutti quelli che ne parlavano male, tutti quelli che ne parlavano bene e tutti quelli che non ne parlavano proprio. Mi sono fatto un’idea del personaggio completamente diversa. Con Dante è andata allo stesso modo. Poi ovviamente amo inventare dei mondi, però il regista è un lavoro articolato che cambia anche la sceneggiatura. Per Dante, anche l’esperienza di parlare con queste persone è stato un grandissimo approfondimento. Poi il film che vediamo è in realtà solo il montato. Nelle riprese escluse si trattano anche argomenti più scottanti.

C’è un segreto nel segreto di Dante?

Il cardinale che abbiamo intervistato ha detto delle cose allucinanti. Si possono sentire nei contenti speciali del DVD. Lui ha dichiarato, quando era portavoce del Papa, che loro sanno benissimo che la religione cristiana è basato sulle feste pagane. Solo che è difficile dire a un cristiano ortodosso che la Madonna è un’interpretazione contemporanea di Iside.