Intervista a Roan Johnson

Intervista di Lorenzo Colapietro e Margherita Bordino

Londinese, pisano e romano. Roan Johnson ha iniziato il suo percorso artistico con la scrittura televisiva, dedicandosi a Il Commissario De Luca tratto dai racconti di Carlo Lucarelli, per poi passare a La strana coppia e le due serie di Raccontami. L’incontro con il cinema è arrivato con la sceneggiatura del film di Lucio Pellegrini Ora o Mai Più, ma è stato Paolo Virzì a metterlo dietro una macchina da presa, facendo dirigere a Roan l’episodio Il terzo portiere del film 4-4-2 Il Gioco più Bello del Mondo. Successivamente è arrivato il suo esordio da solista con I Primi della Lista, con Claudio Santamaria, e il successo con Fino a qui tutto bene, lungometraggio che si è accaparrato il Premio del Pubblico per la Sezione Prospettive Italia al Festival Internazionale del Film di Roma. Abbiamo raggiunto Roan telefonicamente per un’intervista in cui ci racconta il suo mondo.

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Una scena de I Primi della Lista

Nato a Londra, cresciuto a Pisa, vivi a Roma. Tra le tre quella che è costantemente presente nel tuo percorso artistico e lavorativo è Pisa. Cosa ha significato per te questa città?

Credo sia la città dove ho formato la mia personalità, dopotutto ho vissuto lì durante infanzia e adolescenza. Possiamo dire che il luogo dove sono vivi i miei ricordi e dove ho maturato le mie esperienze vivendo da studente fuori-sede. Pisa è anche il luogo in cui mi sono sentito sicuro nel girare, dove sono riuscito ad avere un maggior controllo, forse proprio per la sua accoglienza non ho avuto difficoltà nel girare i miei film. Va detto che nella vita si cambia, si evolve e la prossima pellicola a cui sto lavorando sarà ambientata a Roma.

Nel 2003 hai esordito alla sceneggiatura con Ora o mai più e nel 2011 alla regia con I primi della lista. È chiaro il tuo stile realista e documentaristico. Tra scrittura e regia, quale senti più tua?

Oltre a Ora o Mai Più ho scritto varie cose per la televisione e anche per il cinema, io nasco come sceneggiatore perché al Centro Sperimentale Cinema sono entrato con quel ruolo, poi ho esordito come regista, principalmente perché Paolo Virzì mi ha chiamato a dirigere uno dei corti – il terzo portiere – del suo film 4-4-2 Il gioco più bello del mondo. Mi sono sentito molto sotto pressione, dopotutto il lavoro di regia significa “manovrare” e occuparsi di moltissimi aspetti: musica, lavoro degli attori, scenografie, costumi ecc. richiede, quindi, un percorso lungo per ottenere un buon lavoro, infatti inizialmente ho pensato che il ruolo di regista non facesse per me. Poi è arrivato I Primi della Lista che ho diretto con più tranquillità, in cui mi sono sentito più sereno, ma è stato con Fino a Qui Tutto bene in cui mi sono sentito di avere il pieno controllo del mezzo, rendendomi conto, scena dopo scena, che finalmente facevo quello che veramente volevo. Ecco credo di aver deciso di voler fare il regista proprio grazie a questo film.

Hai detto che ad indirizzarti alla regia è stato Paolo Virzì. Quanto del suo cinema c’è nelle tue storie e chi è il tuo punto di riferimento nel nostro cinema?

Noi veniamo da una radice comune, che è quella della commedia all’italiana. Penso a Monicelli, Scola, Germi passando per Furio Scarpelli (insegnate di Paolo Virzì e Francesco Bruni) fino a me che ho studiato con Bruni e Virzì. E’ una sorta di eredità che scorre ma che si rinnova al tempo stesso, ad esempio in Fino a Qui Tutto Bene manca uno degli aspetti caratterizzanti della classica commedia all’italiana: il cinismo, c’è più che altro un amore per i personaggi, ci si emoziona guardando i protagonisti con una posizione paritaria piuttosto che dall’alto. Per quanto riguarda altri punti di riferimento…beh sono i registi che ho citato, dopotutto li ho studiati approfonditamente e fanno parte del mio bagaglio culturale ed artistico.

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Roan Johonson sul set di Fino a Qui Tutto Bene

Arriviamo a Fino qui tutto bene. Parlami di questo film così giovane e quasi nostalgico.

Siamo partiti dalle interviste fatte agli studenti dell’università di Pisa, immedesimandoci in loro e ricordandoci la nostra esperienza come universitari alla loro età, abbiamo costruito questo intreccio corale con la sceneggiatrice Ottavia Madeddu, anche lei ex-studentessa del Centro Sperimentale di Cinema. Diciamo che ci è venuto naturale, senza porci il problema di un modello da seguire, successivamente abbiamo letto le critiche dove ci hanno paragonato ad Ecce Bombo, L’Appartamento Spagnolo o Il Grande Freddo, ma tutto questo a posteriori, noi abbiamo solo raccontato la storia che volevamo narrare seguendo i personaggi con amore.

Concludiamo con una domanda che facciamo a tutti. Cosa puoi dirmi per conoscere meglio Roan il ragazzo e non Johnson il regista?

Mi cogli un po’ di sorpresa, ma mi riaggancio a Fino a Qui Tutto Bene. Se dovessi dirti quale dei cinque amici dividono l’appartamento mi rispecchia di più forse è proprio Andrea. Dopotutto è un po’ la memoria storica del gruppo, il ragazzo che fa da Cicerone, forse proprio per lo stesso vissuto e la condivisione di una sorta di sensibilità credo di rivedere molto di me in lui.