Happy Holidays: intervista a Scandar Copti, “essere un palestinese è la mia priorità” [VIDEO]
Scandar Copti torna sul grande schermo con Happy Holidays dopo la regia, insieme a Yaron Shani, di Ajami (2009). A distanza di molti anni il regista palestinese si presenta al pubblico con un altro film dal grande impatto emotivo, politico e culturale.
Happy Holidays, titolo che si riferisce alle storie raccontate nel film, che avvengono simultaneamente a ridosso di festività religiose, è il suo secondo lungometraggio e arriva in sala dal 3 luglio 2025, distribuito da Fandango.
Il film, diviso in quattro capitoli, prende in esame quattro punti di vista diversi su eventi che si incrociano e intrecciano e che riguardano Rami, palestinese di Haifa, sua sorella minore Fifi e la loro madre Hanan. Rami vive un momento delicato a seguito della scoperta che la sua ragazza israeliana non vuole abortire, suscitando inoltre la disapprovazione della sorella maggiore della giovane, Miri, alle prese con la depressione della figlia, e che non accetterebbe lei stessa un nipote per metà arabo. Hanan è indaffarata nei preparativi per il matrimonio della figlia maggiore, ma le difficoltà economiche che riscontra la portano a fare di tutto per ottenere un rimborso dall’assicurazione per un incidente del quale è stata vittima la figlia Fifi. Questo a sua volta porta Fifi a fare di tutto per non mostrare alla madre il referto a seguito dell’incidente.

Un referto del quale Hanan ha bisogno per il denaro dell’assicurazione e che Fifi ha invece la necessità di nasconderle ad ogni costo. La lavorazione del film ha richiesto cinque anni e gli interpreti principali, così come ogni membro del cast, sono attori non professionisti: da Manar Shehab nel ruolo di Fifi, Toufic Danial nel ruolo di Rami, Merav Mamorsky nei panni di Miri, Wafaa Aoun nel ruolo di Hanan fino a Shani Dahari nel ruolo di Shirley, fidanzata del personaggio di Rami. Nessuno degli attori aveva inoltre mai letto l’intero copione, ascoltando e seguendo le indicazioni per girare la scena, senza però essere del tutto a conoscenza del contesto generale o di dove si stesse dirigendo la storia. Molte delle professioni presentate sono quelle realmente esercitate nella vita dagli interpreti e questo realismo che Scandar Copti ha ricercato si evince nell’immediato, sin dalle prime scene. Tra contraddizioni, pressioni sociali, indottrinamento e sensazioni di profonda ostilità, Happy Holidays racconta la difficile e a volte umana convivenza di nuclei familiari, uno palestinese e l’altro israeliano. E dove spesso è vista come una legge scritta un comportamento fatto di rabbia e rancore piuttosto che un altro che non inciti all’odio.
Happy Holidays: intervista video al regista Scandar Copti
Dal patriarcato alle pressioni sociali Scandar Copti ha raccontato la singolare a tristemente attuale situazione che ha ispirato il film: “Questo film è partito molto tempo fa quando ho sentito una madre dire a suo figlio: ‘non farti mai dire cosa fare da una donna’. E per me è stato un paradosso, come può una donna dire a un uomo di non ascoltare una donna mentre lui stesso la sta ascoltando?” ha affermato. “Ma volevo anche esplorare il senso di oppressione, come interiorizziamo l’oppressione e come a nostra volta infliggiamo quest’oppressione su altri che sono come noi. La madre nel film opprime la sua stessa figlia e questo è stato molto interessante. Perché opprimiamo le persone che sono poi oppresse anche da altri? Questo mi ha portato a pensare ai valori, a quelli morali, e a come facciamo le nostre scelte. E ho pensato che è importante parlare del contesto di patriarcato“. Ambientato ad Haifa, il film non può né intende esulare dal contesto politico e culturale, da una società costantemente divisa. “Credo che in alcuni Paesi la propria identità non viene costantemente cancellata, se le persone non sono costantemente perseguitate, uccise, portate in tribunale, licenziate, e non hanno delle leggi contro di sé, non hanno bisogno di difendersi. O di qualsiasi altra cosa“, ha dichiarato il regista. “Alcuni giorni fa qualcuno, quando ero a Parigi, mi ha chiesto qual era la mia priorità, se pensassi che il cinema non fosse in cima alla lista delle mie priorità. E io gli ho risposto: essere un palestinese è la mia priorità, perché ci stanno uccidendo, stanno cancellando la nostra esistenza e la nostra identità. Quindi io devo dare priorità al mio essere un palestinese. Ma immagino che non viviamo in un mondo perfetto, non potrei fare film su, non so, fiori, o domande esistenziali che io non mi pongo“.
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